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«Ophelia, vi sentite bene? Sembrate un po' pallida

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«Ophelia, vi sentite bene? Sembrate un po' pallida.»

Uriah aveva un sopracciglio sollevato, quasi non capisse il punto della situazione. Io, d'altra parte, non riuscivo a smettere di osservare quel povero corpo martoriato e spezzato.
Ciò che rimaneva di una giovane e con ancora tanti giorni da vivere - un solo fuscello spezzato e lasciato, ormai, a marcire.
Per un breve istante, mi vidi al suo posto - legata, ferita, abbandonata - e un gelido brivido mi tolse il respiro e le forze.
Quel destino non mi pareva così impossibile, non in quel momento.

«Ophelia.»

Chiusi gli occhi e sospirai piano, cercando di riprendere il controllo della mia mente. Solo così, mi sarei potuta imporre di rialzare lo sguardo e trovare il ragazzo proprio lì, ad un passo da me.
Uriah piegò appena il viso, soffermandosi su un breve sorriso mentre mi scrutava con vivace curiosità: così infantile da sembrarmi un bambino, ma talmente crudele da riuscire comunque a sembrare intimidatorio.
Nonostante i sorrisi, nonostante le frasi di circostanza, lui restava una persona cattiva.

«Sono stata scortata qui,» ammisi, così.

Uriah sostenne il mio sguardo, così io feci col suo, accorgendomi in questo modo delle insolite sfumatura delle sue iridi - in parte azzurre, in parte di un dorato così intenso da parere vermiglio.

«Dora, immagino,» pensò lui, ridacchiando fra sé mentre tornava alla scrivania, rubando alcune foglie che si mise in bocca. «Una donna fantastica, se pur un po' insolita. Non credete?»

Continuai ad osservarlo, cercando di capire. Quando si voltò, Uriah mi scoprì subito, godendo di quel piccolo momento.

«Volete provare?»

Mi sentii avvampare. «Non conosco quelle erbe, mio signore.»

«Vengono dall'ovest,» confermò, chiaro: «Salem è una cittadina troppo povera per conoscerle ancora. Gli indiani li usano per mantenersi attivi durante i lunghi viaggi.»

Uriah ne prese un'altra foglia, continuando a masticarla. «Il sapore è disgustoso ma sono necessarie se non si ha tempo per dormire.»

Di notte insonni, mi reputavo la maggiore esperta, eppure tacqui, non volendo condividere un particolare tanto privato con il giovane uomo. E lui, come un languido animale, tornò da me, non lasciando mai il mio sguardo.

Cercai di non arretrare quando ormai il suo fiato mi sfiorava il collo, ed il suo sguardo feriva come lame sulla mia pelle.

«Sei di poche parole, Ophelia,» commentò, calmo come pietra. Dietro alla facciata, però, si nascondeva una rigida sentenza. «Vorrei dire che la cosa mi dispiace, ma non è così.»

Corrugai la fronte, indispettita dalle sue parole. Prima mi costringeva a seguirlo, ed ora si permetteva di giudicarmi?

Uriah scoppiò in un lungo sorriso. «I pensieri vi si dipingono sul viso, mia cara. Suppongo che non siate un'abile bugiarda.»

Puntava là dove faceva più male - nel mio amaro orgoglio - e un fuoco leggero vibrò nel mio petto. Ero stanca al tempo, davvero stanca di sopportare le strane noie degli uomini: non ne potevo più.

«Suppongo che non vi dispiacciate nemmeno di questo, mio signore,» commentai, aspramente. Poi, lanciai un veloce sguardo alla donna alle sue spalle. «I vostri ideali sono certamente diversi da quelli di una povera contadina. Sapete, noi non abbiamo tempo da perdere.»

Uriah si bloccò nel tempo. Continuò a masticare le sue erbe e a fissarmi, e lo faceva con tale intensità da far crescere in me la certezza che mi avrebbe dato uno schiaffo. Poteva essere solo un'idea confusa, ma ero certa che non fossi tanto lontana dalla verità: avevo imparato a riconoscere il desiderio del sangue.

Uriah, però, mi sorprese.
Si fece serio, tremendamente, e alzò la sua mano sul mio volto. Silenzioso come un sospiro, scosse i miei capelli, seguendo il profilo del mio zigomo col suo pollice morbido.

La sua pelle era gelida, proprio come la morte.

«Siete abituata alla violenza, Ophelia,» disse, senza riserve. Lentamente, il suo sguardo si faceva più lontano: guardava me, ma era altro a cui pensava. «Un altro promesso sposo ti avrebbe uccisa sapendo del tuo tradimento.»

Il mio tradimento? Uriah notò la mia aria confusa, e questo sembrò irritarlo.

«Come, avete già dimenticato? Parlo di vostro fratello.»

Adam, Uriah sapeva di Adam. Come era possibile? Nonostante il palese interesse nei miei confronti, non si era mai tradito.
E gli altri non parlavano, sapevo che non lo avevano fatto.

«Io...io...» balbettai, ma Uriah mi chiuse le labbra con un dito.

«Non parlate,» ordinò. La sua mano scorse lungo il mio viso e giunse al collo, dove prese a stringere e a stringere ancora.
Boccheggiai, cercando di liberarmi graffiando le sue dita, ma Uriah sembrava impenetrabile mentre, glacialmente, mi incatenava al muro con uno sguardo.

«Non ho mai avuto una moglie,» ammise, avvicinandosi pericolosamente al mio volto. Chiusi gli occhi, infastidita da quella disgustosa vista: mi sentivo analizzata, scoperta, abusata.
Non potevo credere che stesse succedendo ancora.

Un dito sfiorò le mie labbra, poi udii un gemito pesante sfociare nella delusione. «Sento il suo odore

Fu in quell'istante che un guaito feroce spezzò il silenzio, strappandomi letteralmente il cuore dal petto.
Sentii Uriah venir balzato via dal mio corpo e, quando riaprii gli occhi, mi resi conto che la colpa era del suo cane: risvegliato dal suo sonno, si era aizzato contro il padrone in una furia sanguinaria, azzannandolo al braccio che aveva osato avvicinarsi a me.
E non lo lasciava andare, per quanto le sue fauci fossero ormai rosse come i suoi occhi.

Lo stava uccidendo.

«Basta! Basta, ti prego.»
Le urla uscirono involontarie dalle mie labbra: non volevo difendere Uriah - affatto - ma non volevo vedere un uomo morire davanti ai miei occhi.
Di certo, avrebbero incolpato me.

«Per favore.»

Il cane guaì, inferocito, e quel momento di debolezza venne sfruttato da Uriah per fuggire e armarsi della suo coltello.
Scomposto e con tutti i capelli al vento, pareva un pazzo.

«Stammi lontano, mostro,» minacciò, tenendo la lama contro il cane. A sua differenza, questo si leccò le labbra e si sedette, mostrando una quiete implacabile.

Sgranai gli occhi, incredula: per un momento, mi era parso di vedere i suoi occhi diventare ancora più rossi. Poi, Uriah svenne di colpo.

«Santo cielo,» fu tutto ciò che riuscii a dire, infine.
Deglutii e abbassai lo sguardo, trovando quello dell'animale già su di me: il sangue sgocciolava dalla sua bocca e macchiava il tappeto.

Mi sentivo estenuata.

«Che cosa diavolo siete?» Sospirai, stordita.

Il lupo voltò lo sguardo, ignorandomi, e, regale, uscì dalla stanza sbattendo il muso sulla porta. Aprendola, mostrò Dora, ferma dall'altro lato con una mano alzato, come se fosse pronta a bussare.

Nemmeno osò affacciarsi alla stanza, limitandosi ad un sorriso vivace.

«La colazione è pronta, signorina.»

Angolo

Nuovo capitolo!

Sembra che stia venendo a galla la crudeltà di Uriah, ma un insolito protettore difende Ophelia! Cosa ne pensate?

Una cosa che non vi ho detto ma che forse avete notato, è che la storia prende spunto dalla Ophelia di Shakespeare - speriamo non con lo stesso finale😂

Detto ciò, la storia vi sta piacendo? Cosa ne pensate?

A presto,
Giulia

Ophelia | il cacciatore di stregheDove le storie prendono vita. Scoprilo ora