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Quel mattino, venni svegliata dalle urla

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Quel mattino, venni svegliata dalle urla.
Non semplici schiamazzi o frastuono, ma stremate grida di orrore e dolore.

Feci appena in tempo ad aprire gli occhi, che Dora entrò rovinosamente in camera mia, facendo svolazzare la vestaglia di seta. Dietro di lei, l'imponente Elias seguiva ogni nostro passo.

«Che cosa sta succedendo?» Domandai, sconcertata. La testa, per la paura e il brusco risveglio, mi doleva e ruotava, quasi stessi nuotando.

«Ora non possiamo parlare, signorina. Sbrigatevi,» ribatté lei, essenziale. Senza ribattere, scesi dal letto, permettendole di farmi infilare la vestaglia e tenermi stretta per le spalle. Come una vespa impazzita, mi scortò fuori dai miei appartamenti e poi ancora verso il basso – passando per l'ingresso, vidi le guardie schiararsi in file ordinate davanti ai portoni di ingresso.

I fucili erano già puntati, mentre le altre porte, quasi respirassero, minacciavano di crollare da un momento all'altro.
Sembrava essere scoppiata una guerra.

Dora mi spinse dentro uno sgabuzzino di vecchie scope, ed io, frastornata, tentai di uscirne.

«No!» La donna mi spinse dentro, impedendomi di sfuggirle. I suoi occhi, improvvisamente più grandi, mi fissavano dall'alto. «Vi verrò a chiamare non appena sarà tutto finito: voi restate qui. Elias vi farà compagnia.»

«Io-» provai a lamentarmi, ma lei mi chiuse la porta in faccia. Tutto ciò che udii, fu il rumore metallico della chiave roteare nella serratura.
Provai comunque liberarmi, ma – ovviamente – fu tutto inutile: Dora mi aveva imprigionata e, in quella stanza, non vi era nemmeno una finestra.

Sconsolata, così, mi sedetti a terra, sospirando fra la polvere e le scope. Sarei quasi finita per borbottare se, di soprassalto, non iniziai ad udire terribili suoni di distruzione e insulti. Così, abbassai lo sguardo, ricambiando quello vermiglio del gigante cane nero.
Persino lui sembrava non essere tranquillo, perciò non provai a nascondere la mia preoccupazione. Gli sfiorai il manto sul dorso, sperando in una qualche forma di consolazione, e poi mi strinsi a me.

«Cosa sta succedendo, Elias?»

Il cane restò in silenzio, ma si stese al mio fianco, scaldandomi con il suo stesso manto. Perciò, ancora impaurita da ciò che veniva all'esterno, mi accucciai al suo fianco, piantando le dita nel tessuto leggero della mia vestaglia e chiusi gli occhi, stringendoli sempre più ad ogni grande paura.

Passarono forse ore – almeno, lo sembravano – prima che qualcuno si ricordasse di noi. Ormai, avevo perso il conto dei peli sul dorso di Elias e il naso colava per il fastidio della polvere.
Elias balzò subito eretto, pronto a difendermi da qualsiasi minaccia, e non si calmò quando riconobbe il suo padrone.

«Uriah?» Domandai, tirandomi a sedere. Il volto del ragazzo era pallido e la giacca elegante sembrava essere stata malamente strattonata, visti i bottoni persi.
Sudato e con le guance arrossate, sembrava deciso ad indossare il volto della sua sconfitta peggiore.

Ophelia | il cacciatore di stregheWhere stories live. Discover now