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L'ampia abitazione di Uriah era costituita di cocci di mattone e calce e, per questo, di giorno, simulava i toni rossi e incandescenti del fuoco

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L'ampia abitazione di Uriah era costituita di cocci di mattone e calce e, per questo, di giorno, simulava i toni rossi e incandescenti del fuoco. Ve n'erano poche simili a Salem e, solo per questo, acquistava maggior valore e nobiltà, indicando che, chiunque vi avrebbe vissuto, sarebbe stato una persona importante.
Ora, era toccato al cacciatore di streghe, e questo la diceva lunga su come fosse caduta in basso la nostra civiltà.

Quella mattina, però, avevo un altro problema.

«Siete sicuro di non avere una scala nelle vicinanze?»

Il signor Calvin, l'anziano giardiniere, continuava a fissarmi da quasi un'ora, ormai stanco delle mie strambe idee su un possibile ladro spione che, arrampicatosi per due piani su un muro liscio, era giunto al mio balconcino.

«Le scale sono nel capanno, signora, e il capanno confina con l'abitazione della servitù: nessuno può entrarvi senza farsi notare.»

Pensai ancora, confusa.
Io stesso mi ero data dalla pazza per investigare su un simile problema, ma, in fondo, era un semplice passatempo in quella bella prigione in cui mi ero ritrovata a vivere. Certamente, non potevo limitarmi ad abbellire il paesaggio e leggere libri come, magari, avrebbe voluto Uriah.

«Una persona agile riuscirebbe ad arrampicarsi,» pensai, passando la mano sulle mura ruvide della casa. In alcuni punti, dei cocci formavano degli specie di scalini, creando degli appoggi pericolanti utili nel tentativo di una scalata. «Magari un giocoliere.»

«Un giocoliere, signorina?»

«Quelli degli spettacoli per i bambini,» spiegai, calma. «Ricordo che mio padre mi portò a vedere uno, quando ero piccola: si arrampicavano su dei pali altissimi e compivano salti incredibili. Uno come loro, saprebbe arrampicarsi su una parete come questa.»

Il signor Calvin sospirò, grattandosi la testa pelata.  «Sì. Sì, signorina, ma certo.»

Gli lanciai un'occhiata gelida, capendo perfettamente la sua velata derisione. Giustamente, credeva che stessi perdendo il senno e, in fondo, non aveva tutti i torti.

«Potete andare,» decisi, liberandolo dalla mia presenza.
Lui si chinò veloce, andandosene subito dopo.

Mordendomi l'angolo dell'unghia, continuavo ad osservare il balcone dal basso, cercando di comprendere qualcosa che sembrava incomprensibile.

Infine, stanca, mi tolsi le scarpe e, lanciate via, mi aggrappai con forza ai cocci, tentando l'arrampicata che, ovviamente, fallì.

«Come è possibile?» Biascicai, infastidita.

«Questa è forse l'aria di una sfida?»

Tesa come la corda di violino, non mi voltai verso Uriah, cercando di ignorarlo per quanto possibile.

«E queste?» Raccolse le mie scarpe da terra e le alzò sul mio volto, sorridendomi beffardo. «Cosa dovrebbero essere?»

«L'emblema di una ragazza sfinita, mio signore,» ribattei, dura, guardandolo con irritazione e prendendogli le scarpe dalle mani.

Ophelia | il cacciatore di stregheWhere stories live. Discover now