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Correvo, ma ad ogni passo il corridoio pareva allungarsi di dieci piedi

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Correvo, ma ad ogni passo il corridoio pareva allungarsi di dieci piedi. Come una preda in cerca della propria tana, non mi guardavo mai indietro, ma sapevo che lui fosse lì, alle mie spalle.

Mi stava inseguendo.

«Ophelia, fermati,» ordinò Uriah, ferreo. Tutto ciò che sentivo erano i suoi passi ovattati farsi sempre più vicino.  

Strinsi con forza la maniglia della mia camera e, nello stesso istante, lui richiuse con forza la porta che dava accesso ai miei appartamenti. Il frastuono fu così duro che mi spaventai, impedendomi per un istante di muovermi: un momento di debolezza, ed ecco la fine arrivare.

«Ophelia

La mano di Uriah si posò sulla mia, impedendomi di accedere al mio rifugio. Così velocemente, mi ritrovai con le spalle al muro e bloccata dal suo corpo rigido.

Il ragazzo mi guardò per lunghi istanti, infiammandomi con la freddezza del suo sguardo. Per l'ennesima volta, mi ritrovai disarmata davanti a quelle insolite sfumature rosse nelle sue iridi.

«Vi ho chiamato,» fece notare, insolitamente cauto.

«Lo so,» ammisi: «ho sentito.»

Uriah corrugò la fronte. «Quindi perché non vi siete fermata?»

Quella volta, restai in silenzio: sapevo che, qualunque fosse stata la mia risposta, sarebbe stata sbagliata.

Lui sorrise. «Siete spaventata, Ophelia? Temo sia colpa mia: non mi sono comportato molto bene con voi.»

Si allontanò appena, dandomi finalmente spazio per respirare. Poi, mi porse la mano. «Vi prego, pranzate con me.»

Improvvisamente, il galantuomo si era preso possesso di lui. I modi, la quiete e persino lo sguardo sembra essere stato rubato ad un altro.

In così pochi attimi, una persona non poteva diventare l'opposto di sé stessa.

«Posso scegliere?» Chiesi, quindi.

Uriah mantenne la sua innocenza. «Suppongo sappiate già la risposta.»

Strinsi le labbra, rovente nonostante la freddezza del momento. C'erano poche cose che ricordavo di me, di quando mi consideravo ancora una persona, ed una era che detestavo ricevere ordini.

«Vado per prima.»

Questa volta, corsi nella direzione opposta, rifiutando la mano di Uriah e di restargli al fianco. Una mossa stupita e avventata, ma non mi importava: non volevo che leggesse la rabbia sul mio volto, né che vi scorgesse il mio disappunto.
Non volevo dargli l'onore di credere che fosse così importante da modificare i miei umori, per quanto, nonostante tutto, fosse così.

Uriah mi stava rovinando.

«Signorina?»

Dora sussultò vedendomi entrare da sola nella camera da pranzo e, soprattutto, non in docile compagnia del mio futuro marito.
Subito ordinò alle serve di portare le pietanze, nascondendo così la terribile scena di me che, puntualmente, prendevo posto a capo tavola e iniziavo a spezzare il pane con furibonda impazienza.

Ophelia | il cacciatore di stregheWhere stories live. Discover now