e p i l o g o

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Tre anni dopo, Londra

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Tre anni dopo,
Londra

«Dovresti rispettare tua sorella, Karl.»

Le piccole mani paffute stringevano la mia gonna con forza, ancorandosi per quanto possibile. Jenny guardava fra le lacrime il volto imbronciato del fratello, non capacitandosi del torto commesso.

Era accaduto ancora, nonostante le lamentele: Karl aveva tagliato la testa ad un'altra delle sue bambole.
Jenny non lo avrebbe tollerato ancora.

«Quindi?» Chiesi, notando il silenzio del biondo. «Niente da dire, signorino?»

Karl sbuffò, imbronciato, e tirò un calcio ad un sasso immaginario. «Ha iniziato lei! Ha rubato il mio aquilone.»
«Non è vero, bugiardo!» Strillò la piccola, ma subito la fermai, tenendoli lontani.

«Io credo che abbiate sbagliato entrambi,» commentai, docile: «Ma vediamo di fare un patto: tu, Karl, prometti di non rovinare le bambole di tua sorella mentre Jenny, ora, ti aiuterà a cercare il vostro aquilone, va bene?»

Jenny sbuffò, nervosa, ma, notando il mio sguardo gentile, iniziò a sentirsi in colpa, e quindi si allontanò dalla mia gonna, prendendo invece la mano del fratello maggiore.

«Vieni con me,» disse e, stremata, accompagnò il bambino in giardino.
Sorrisi, vedendoli recuperare l'aquilone da una siepe: bastò quello e subito tornarono a giocare insieme come se nulla fosse.
In fondo, volersi bene non è così difficile.

Sorrisi, felice, e feci per tornare al mio dondolo sulla veranda, venendo, però, interrotta dall'arrivo della cameriera personale del signor Montgomery, Katie.
Era giovane e gentile - certe volte troppo sincera, quasi antipatica: col tempo, eravamo diventate grandi amiche.

«Ophelia, c'è una visita per te.»
Corrugai la fronte, confusa. «Una visita?»

Katie scosse le spalle. «Lo faccio entrare?»
Non ebbi da ridire e, così, mi sedetti, attendendo l'arrivo dell'ospite: probabilmente, doveva essere l'ennesimo insegnante che il signor Montgomery aveva assunto per tenere a bada le sue pesti.

«Londra, quindi?»

Le mie mani si bloccarono a mezz'aria quando quella voce mi colpì il volto. Serena, roca, indimenticabile.

Quando alzai lo sguardo, non mi sorpresi nel riconoscere il sorriso scaltro di Elias Dubart, ma certo non mi aspettai di vederlo infiocchettato in un nobile abito londinese.
Era bello e portava ancora i capelli spettinati sulla fronte. Sembrava che il tempo non fosse cambiato di un secondo, ma lo aveva fatto.

«Elias?» Chiamai, e sorrisi, incredula. «Sei davvero tu?»
Lui alzò le spalle, sarcastico. «Hai forse bisogno di una magia?»

Non ebbi paura di alzarmi e abbracciarlo, nemmeno quando il suo profumo mi investì le narici.
Era proprio lui, era reale.

Ophelia | il cacciatore di stregheWhere stories live. Discover now