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Ophelia, mhm? Quindi potrei essere il vostro Hamlet. Ophelia, Ophelia.
Lasciati toccare.
Ophelia.

«Lasciami stare!»

Mi ritrovai improvvisamente seduta e con gli occhi sbarrati – delle mani cercavano di toccarmi, ed io le spingevo via con tutta la forza che avevo in corpo. Non volevo che mi toccassero, non volevo che mi prendesse.

«Lasciami! Lasciami stare!» Urlavo, così spaventata da non riuscire a mantenere il controllo del mio corpo. La testa mi girava e la vista mi era offuscata, quasi fossi stata confusa con una qualche sostanza di dubbia provenienza – prima di allora, non mi ero mai sentita tanto disconnessa dal mondo.

Mi sentivo come se mi fossi persa su una stella, bel lontana dalla calda e soffice superficie del mondo degli umani. Dio mi stava abbandonando? O ero io a essere così vicina a raggiungerlo?

«Ophelia, calmatevi.»

Bloccata nei polsi, mi ritrovai senza difese e spinta contro il muro. Fu allora che mi resi conto di non stare più sognando, e che era Uriah colui che mi reggeva. Lui sembrava incredulo, forse preoccupato.

«Vi sentite bene?»

Respiravo lentamente, imponendomi la quiete per pura mancanza di aria: quella notte, avevo sognato il ragazzo delle segrete. Era riuscito a raggiungermi lì, nelle mie stanze, e cercava in ogni modo di toccarmi, di catturarmi, così da tenermi con sé.
Voleva farmi marcire con lui per sempre.

«Sì, sto bene,» fiatai, lentamente. «Potete lasciarmi.»

Uriah risultò diffidente nell'assecondarmi ma, infine, obbedì, dandomi un po' di spazio. Subito strisciai dal pavimento – su cui avevo dormito – al letto, e mi coprii con le lenzuola, visto che indossavo solo la mia camicia da notte.

«Perché siete entrato? Non ve ne ho dato il permesso,» lo rimproverai, continuando a lisciare le lenzuola, cancellando ogni grinza. Mi muovevo con velocità e senza pensare davvero, come una pazza.

«Vi ho sentito urlare,» spiegò lui, rialzandosi e avvicinandosi un poco. «Credevo foste in pericolo.»

«Beh, non lo sono,» risposi, fredda.
Stavo male, stavo male. Ma perché? Non capivo quale fosse il mio dolore.

«Ophelia.» Uriah mi prese per il polso, costringendomi a fermarmi. Subito, strinsi le labbra, imbarazzata, e sollevai lo sguardo nel suo.

«Non so cosa mi prenda,» ammisi, se pur con fatica. Il ragazzo si limitò ad annuire, cauto, e mi lasciò andare la mano, se pur solo per porgermi di nuovo la sua, ma questa volta con gentilezza.

«Venite con me, prendiamo un poco d'aria.»

Incredula, scossi subito il volto. «No, non posso. Sono in vestaglia.»

Uriah corrugò la fronte, poi, pronto, si tolse il mantello da viaggio dalle spalle e me lo avvolse intorno al corpo, legandovi il laccio. Le sue mani erano così calde contro il mio collo sudato e, coperta di quella nuova pelle di stoffa, iniziai a sentirmi meglio.

Come se nascosta da una copertura di metallo, mi sentii finalmente protetta.

«Nessuno ci vedrà dove voglio portarvi,» mi calmò, sereno. «Poi, Elias sarà con noi: se qualcuno dovesse minacciare il vostro pudore, sapete bene che vi difenderà.»

Guardai oltre le spalle di Uriah, notando il cane seduto sull'uscio della porta. Come una statua di marmo, restava da parte ma imponente. Immaginai che Uriah l'avesse portato come garanzia: dopo il bacio, non mi sarei mai fidata di lui, ma di Elias sì. Lo avrei fatto sempre.

Ophelia | il cacciatore di stregheWhere stories live. Discover now