Il pianista

10 1 0
                                    

C'era una volta un pianista capace di creare racconti col proprio pianoforte, riusciva a rendere un immagine perfettamente visibile come se guardasse un film, diceva che toccare i tasti gli dava quella sensazione di trascendenza, come se in realtà il piano gli parlasse.

Un giorno, tutti si riunirono nel bar dove dava sempre spettacolo, quel giorno però il pianista ritardo a venire, tutti quanti si domandarono dove fosse
«non è da sé fare questo ritardo» dicevano le persone parlando sottovoce, erano impazienti.
Alla fine arrivò con un'ora di ritardo, entro spalancando con forza le porte che urtarono facendo sobbalzare tutti.
Tutti quanti lo guardarono con occhi increduli, il pianista aveva gli occhi che lacrimavano, «cosa sarà successo?» si domandavano tutti, bisbigliando.

Quando arrivo al piano non si presentò nemmeno, in realtà non credo servisse, tutti erano lì per una ragione, lui e le sue storie.
Questa volta appoggiò le mani sui tasti, guardandoli per un minuto con fare indeciso, aveva paura di ciò che stava per raccontare. Fece un sospiro e inizio a suonare: la canzone inizio con delle ottave alte, sembrava di essere in un mondo spensierato, riuscivi a sentire il vento tra i capelli e le camminate all'aria aperta; il tocco con la mano sinistra sulle ottave medie riusciva a darti quella spinta per esplorare, 'quant'è bello viaggiare', pensavano tutti. Con dei sorrisi sui loro volti, per un minuto si fecero trasportare, il pianista aveva un espressione vuota però, com'era possibile, come ci riusciva?
Quando il suo sguardo diventò meno vacuo i suoi occhi iniziarono a riempirsi di lacrime, la musica stava diventando più veloce, i medi avevano iniziato a prendere una velocità dirompente, sembrava come l'amore di due adolescenti, passionale e sfrenato, le alte riuscivano a comporre una melodia a scendere, sembrava di vivere dei giorni di una coppia felice, ma che successe dopo?
Tutti, ascoltando, rimasero increduli, qualcosa non andava. I toni scesero, la musica si vece agghiacciante, qualcosa era successo, ma cosa? Ora erano i bassi che correvano, le immagini che trasmetteva fecero piangere anche la folla, quell'amore, fatto di baci, di sospiri e di carezze erano diventati dolorosi, un amore che sembrava diventato moribondo, e i medi, suonati con una forza in grado di spezzarti le ossa iniziarono a suonare urla di tristezza, sembravano aver perso quella fantasia che c'era nell'aria. ora sembrava di star in mezzo ad una tempesta,i medi erano ritornati ad essere alti, con una velocità e una melodia che  Dio le persone sarebbero volute uscire da quel sogno, ma non riuscivano a smettere di ascoltare, rigati dalle lacrime sui loro volti, essi continuarono ad ascoltare trattenendo il respiro, cosa c'era che non andava? Tutti quanti avrebbero voluto dire basta ma quella musica, era troppo soave per farla finire, era come chiedere ad un'artista di smettere di dipingere, impossibile. Ora sia i bassi che i medi iniziavano a inseguire qualcosa, una melodia che si ripeteva per quattro quartine ti faceva sentire perso, spaesato, come se stessi cercando qualcosa che non riesci a spiegarti, «Basta!» un uomo sulla cinquantina riuscì a dire quelle parole non appena l'ultima quartina finì, piangeva anche lui urlando un nome, «Margot! Dove sei...»

La storia si attenuò, i bassi si spostarono sui medi e i medi sugli alti continuando a suonare quella bella favola che c'era all'inizio, come se tutto fosse finito bene, un per sempre felici e contenti nelle fiabe di un pianista.

Nessuno ebbe mai il coraggio di chiedere cosa era successo, non penso ci fosse bisogno di spiegazione.

Diario CondivisoWhere stories live. Discover now