𝐂𝐚𝐩𝐢𝐭𝐨𝐥𝐨 𝐯𝐞𝐧𝐭𝐢𝐪𝐮𝐚𝐭𝐭𝐫𝐞𝐬𝐢𝐦𝐨 || 𝐒𝐨

86 33 29
                                    

Ritornare a lavorare dopo così tanto tempo è strano, ma non strano negativamente, strano ecco. Devo riabituarmi a dover lavorare di notte, ricordare tutte le milioni di procedure ma fortunatamente il mio primo giorno è andato bene: qualche sutura, un braccio da ingessare e uno con la diarrea.

<<Ehi tesoro? Tutt'apposto?>> alzo lo sguardo dal foglietto che stavo scarabocchiando <<Si si>>

<<Ti vedo svogliata>>

<<Ho sonno è ben diverso>> annuisce 

<<Hai ragione, comunque tua madre esce oggi dall'ospedale e... pensavo che potesse venire a stare a casa mia>>

<<Per me va bene io tanto ho già casa mia>> 

<<Ah hai comprato casa?>> 

<<Non comprato... affittato, ah senti Ian volevo chiederti dove hai comprato la tua macchina?>>

<<Fammi indovinare ne vuoi una vero?>> annuisco <<Beh in una delle mie concessionarie>> <<Hai una concessionaria?>>

<<Beh Aria, ho molte attività oltre a questo ospedale... perciò vedo cosa posso fare>>

<<Grazie>> e se ne va verso l'ascensore, sono ancora le cinque del mattino e mancano più di 10 ore alla fine del mio primo turno... si dieci ore, e io voglio dormire.


<<Perché parlavi con mio padre? Lo conosci?>> Lancio la penna sul tavolo, e che cazzo fatemi disegnare porca troia 

<<Buongiorno anche a te, e si, ti ho già detto che lo conosco, mi ha solo chiesto se mi stavo ambientando bene ok? O vuoi sapere anche di colore è il mio reggiseno? No perché porca troia mi vieni già a parlare alle 5 del mattino>> prendo il foglio e me ne vado, dio se la odio sta ragazzina che mi ha letteralmente rovinato la vita.

Vado nelle camere che ho scoperto sono affianco agli spogliatoi e mi butto sul primo letto libero che trovo, o dormo o rischio di svenire o addirittura uccidere qualcuno.


Din Don 


-:Mamma! Lascia stare vado io!:- 

-:No Ari! Vado Io!:- 

-:Smettila Beth! Ci vado io punto e basta:- ci fiondiamo entrambe davanti alla porta e come ogni  bambina di 8 e 4 anni eravamo incuriosite nel sapere chi era alla porta, la apro e ... chi è questa ragazza? -

:Ciao... è in casa Ian? Dovrei parlargli della nostra bambina e questa volta lo voglio fare seriamente...:- sento come se il pavimento si fosse aperto sotto i miei piedi e che fossi nel vuoto cosmico.

-:Ehi? Non c'è nessuno in casa con voi?.... anzi abita qua Ian?:- ritrovarmi una ragazza di vent'anni davanti alla porta di casa con un pancione sul ottavo mese non era affatto rassicurante -:Ragazze chi è alla porta?:- dice mia madre per poi paralizzassi alla vista della donna 

-:Vado a chiamare Ian:- dice per poi salire in camera.

Ed in quel preciso momento.... quell'istante in cui mia madre è andata a chiamare mio padre... ecco lì ho sentito che nulla sarebbe andato per il verso giusto, che io ero cambiata e che non c'era via di scampo.

Quel istante ha marchiato la mia vita rendendomi l'ansiosa, violenta ragazza che tutti conoscono.


<<Buongiorno Bella addormentata!>> sento questa voce melodica ma allo stesso tempo roca stuzzicarmi l'orecchio e così apro gli occhi <<Era ora che ti svegliassi, credevo fossi in coma>> mi giro e vedo una persona che conosco ma non conosco allo stesso tempo <<Chi sei scusami, sto ancora dormendo e non mi funziona il cervello>> si siede sopra al tavolino ed io mi siedo sul letto

<<E dai! Sono quello che ti ha offerto aiuto al tuo primo ingresso in questo ospedale come hai fatto a dimenticarti di me? Il stupendo Jesse Adams di cui tutti parlano?>> mi gratto la testa e cerco di ricordarmi se effettivamente conosco qualcuno chiamato così e la vista appannata non aiuta

<<Scusami un secondo, vado in bagno e poi ne riparliamo perché giuro di non ricordarmi chi sei>> lo sento ridere ed io mi alzo dal letto e corro verso il bagno chiudendo la porta a chiave, lascio che l'acqua fredda del rubinetto mi bagni la faccia e finalmente mi svegli.

Certo che ho proprio una faccia da cadavere io eh, mi asciugo la faccia con un asciugamano bianco  e poi esco e vedendolo li in piedi <<Ah ma che scema! Di mattina non sono molto funzionante scusami>> si siede sulla scrivania

<<Vai tranquilla, vuoi andare a fare colazione?>> annuisco <<Aspe... che devo trovare il mio camice>> me lo lancia <<Tieni>> gli sorrido <<Okay andiamo>>

Usciamo dalla stanza <<Senti posso chiedertelo? Perché fai il simpatico con me? Te lo ha chiesto mio padre vero?>>

<<All'inizio si, perché non so cos'abbia con me ma diciamo che si fida di me, ma tu mi stai veramente simpatica e trovare gente simpatica qua dentro è più difficile di quanto si pensi credimi>> non so se fidarmi, anche quel discorsetto che mi aveva fatto Ian il primo giorno qua non mi convince.

<<Ah okay, ora fammi vedere dov'è la caffetteria che ho fame>> 

<<Si si è quella porta in fondo grande>> mi si illuminano gli occhi nel pensare ad un bel panino ed ad una tazza di caffè, varchiamo la soglia del mondo magico abbastanza affollato e andiamo verso la vetrata

<<Caspita se ho fame ora>>

<<Ti consiglio, se hai molta fame, il panino al pollo perché è una cosa straordinaria>> annuisco <<Okay>>

<<Vuole ordina.... mi scusi è nuova? Oh ciao Adams... il solito?>> Jesse annuisce <<Ehm ... si sono nuova e... vorrei lo stesso che ha preso lui>> 

<<Okay signorina.... posso chiederle una cosa?>> la guardo aspettando la domanda: non chiedermi se sono sua figlia ti prego, basta.

<<Mi scusi ma credo di averla già vista da qualche parte ma... perché non mi ricordo dove?>> <<Ehm non so di cosa sta parlando... non>>

<<Si tipo in una rivista? No ma credo anche stamattina, ha parenti in questo ospedale? Ah si ! Lei è identica alla segretaria quella nuova del direttore! Siete imparentate?>> sapete cosa vorrei fare ora? Scomparire, ecco.

<<No mi spiace per lei ma no, e vorrei il mio panino ed un caffè nero ... amaro>> mi guarda delusa <<Ecco a voi ...  sono 6 dollari e settanta per lei e 4 dollari per te Adams>> le do dieci dollari <<Tenga il resto>> e prendo il mio vassoio, non ci sono molti tavoli vuoti visto l'orario, però ce n'è uno abbastanza lontano e indiscreto... direi il posto perfetto.

<<Perché ci siamo seduti proprio qua?>> bevo un sorso di caffè, la mia unica certezza di vita <<Perché è isolato>> gli rispondo

 <<Senti posso chiederti una cosa?>> prego affinché non sia una domanda legata alla mia vita 

<<Perché sei così... così distaccata?>> ecco lo sapevo, aspetta che mi butto dalla finestra alle mie spalle che fammi vedere beh si dai siamo abbastanza in alto, riesco a non sopravvivere.

<<Non credo tu lo voglia sapere davvero, vuoi fare conversazione e sapere perché ho mentito alla cameriera, beh non te lo dico ora>>  e probabilmente non lo farò mai.

SufferWhere stories live. Discover now