Capitolo 39: Avalon

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Avalon

9 Gennaio 2018

' Ora ho capito tutto; Capodanno nel nostro chalet, le serate chiusa in camera.. oh, ancora, tutte quelle uscite improvvise, quella felicità assurda! Ma cosa sei diventata Avalon? Mi fa ribrezzo tutto ciò! Tu non sei mia figlia! '

Quelle parole continuano a risuonarmi nella testa da due giorni. Precisamente da quella sera in cui mia madre me la ha rivolte, con tutta la rabbia di cui era capace.

Non l'avevo mai vista cosi, con gli occhi iniettati di sangue e le mani tremanti. Mi riempiva le valigie, senza fare neanche caso a cosa afferrava. I suoi gesti non erano calcolati, non era più lucida.

Nulla in lei era come al solito.

Mio padre se ne stava seduto sul bordo del mio letto, in assoluto silenzio, con la testa china e le mani intrecciate.

Aveva gli occhi chiusi, come in preghiera. L'avevo deluso?

E perchè non parlava? Perchè non mi diceva nulla?

Ma il motivo era lì, davanti a noi, che faceva le valigie con una rabbia incontrollata, continuando ad insultare l'unica persona che io avessi davvero amato in vita mia.

Il mio primissimo amore.

Come si fa a fare questo alla propria figlia? Anche se è difficile, non lo è stato neanche per me all'inizio, ma avrebbe potuto almeno provarci.

Sono state le uniche parole che le ho rivolto, prima di salire sull'aereo che mi avrebbe portata dove sono ora.

Mi aveva ignorato, mi aveva anche tolto il telefono.

E poi se ne era andata, trascinandosi dietro mio padre, i cui occhi tristi mi chiedevano scusa per il dolore che mi stavano procurando.

La loro unica bambina, la loro principessa dalle trecce di bronzo, con la collana di perle.

Era volata via. E lui, il mio unico re, non aveva un esercito con cui combattere.

Non poteva salvarmi. Il mio papà non poteva nulla contro una megera cosi potente.

Ed io ero volata verso la Grande Mela, che ora guardo tristemente dalla finestra della mia stanza d'hotel. Pensare che sin da piccola, questo era il mio grande obbiettivo; studiare e laurearmi a Yale. Ed ora detesto essere qui.

È terribilmente affascinante, con i suoi grattacieli immensi.

Si intravede Time Square, da quassù. E quanto vorrei avere Haven al mio fianco.

Quanto vorrei guardare con lei questo trionfo di luci, questa immensità che si distende davanti ai miei occhi.

E nonostante mi trovi nella metropoli più grande del mondo, mi sento incredibilmente sola.

Non c'è nulla che riesca a farmi stare meglio, neanche il negozio di Tiffany, o quello di Prada.

Nulla che possa ridarmi il sorriso.

Non ricordo neanche il numero di Haven. Avrei dovuto impararlo a memoria, ora potrei chiamarla da qualche cabina telefonica.

Non ho neanche i soldi per un telefono; potrei contattarla tramite instagram o facebook. Ma nulla.

Mia madre si è assicurata che fossero gli altri a prendersi cura di me e a non farmi mancare nulla.

Penseremo a tutti noi. Tu pensa soltanto a guarire.

Mi aveva detto a mó di saluto, prima di farmi salire sull'aereo.

Pearl si accovaccia ai miei piedi. Il suo calore mi conforta. Ma è triste, proprio come me.

Violet Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora