Capitolo 40: Avalon

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Avalon

10 Gennaio 2018

Non ho chiuso occhio per tutta la notte; non vedevo l'ora di richiamarla.

E forse avevo trovato un altro modo.

Non esistono soltanto le cabine telefoniche. Avrei dovuto essere più furba, più sveglia. Ma le idee geniali mi vengono soltanto a mente lucida.

Per questo, alle otto e trenta del mattino, sono già fuori dall'hotel. Fa freddo, ci saranno come minimo pochissimi gradi. Ma a me non interessa.

E finchè i miei genitori non avranno ultimato gli ultimi passaggi per far si che io frequenti un liceo privato qui a New York, sono libera di fare quel che voglio.

Attraverso la strada, diretta verso il bar dove in queste mattine ho fatto spesso colazione.

Jess, la barista, è gentile con me. Forse perchè le faccio pena, o forse perchè avrà soltanto qualche anno in più di me.

Quando mi vede entrare, mi sorride.

« Il solito, piccola Avie? »

Mi piace il nomignolo che mi ha affibbiato. Mi ricorda un pò Haven; anche lei mi chiamava ' piccola ' .

Mi appoggio al bancone e cercando di non farmi trascinare dalla tristezza, guardo Jess negli occhi e chiudo le mani come se stessi pregando.

« Devo chiederti un favore enorme, Jess! »

Lei strabuzza gli occhi castani e smette all'istante di pulire una tazza, per concedermi tutta l'attenzione possibile.

« Ehi, dimmi tutto! Non farmi preoccupare. »

È cosi carina che vorrei abbracciarla. Ma magari ci penserò dopo.

« Mi presteresti il tuo telefono per fare una chiamata? Ti prego, non ho altri modi per sentirla. Ieri sera l'ho chiamata da una cabina telefonica e abbiamo parlato dieci minuti scarsi. Ho bisogno di dirle tante cose e ... »

Lei mi interrompe. Stavo parlando troppo veloce e con una disperazione tale da strapparsi i capelli. Mi trovo patetica da sola.

Ma lei mi sorride; quando le ho raccontato la mia storia, mi ha ascoltato senza proferire parola. E alla fine, mi ha abbracciata come farebbe qualsiasi altra amica in questo mondo.

È bello avere l'appoggio di qualcuno in questi casi. Anche se è un'estranea appena conosciuta.

Mi sono fidata subito di lei; mi ha ricordato un pò Beverly, con i capelli castani lunghi, le forme abbondanti e l'altezza esagerata. Con la differenza però, che Jess gioca a pallavolo, e non a basket.

« Avalon, fermati! Non c'è bisogno che tu mi preghi ad oltranza; ti avrei detto di si anche se mi avresti detto di voler chiamare un taxi. Quindi, stacci pure il tempo che vuoi. Anzi, sai cosa facciamo? Nel pomeriggio, se mi aspetti alla fine del turno, ti porto da un mio amico. Ha un negozio che vende roba usata. Magari riusciamo a trovare qualcosa a buon prezzo. Che ne dici? »

L'idea sarebbe fantastica. Ma è difficile per me ammettere quello che sto ammettendo ora.

« Jess, io non ho un dollaro in tasca! Ho il portafoglio più vuoto di quello di un barbone. »

Lei solleva le spalle, ma, mi passa comunque il suo smartphone.

« Allora vuol dire che faremo un piccolo prestito. Quando potrai, pagaherai il tuo conto. Nel frattempo, corri a chiamarla! Muoviti, Avie! »

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