Capitolo 41: Haven

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Haven

28 Gennaio 2018

È trascorso quasi un mese. Ed io non ci ho ancora fatto l'abitudine. Sono stufa di queste chiamate ad ore alterne. Quando lei lavora, o è a scuola, quando io sono a scuola, o agli allenamenti e non possiamo sentirci, sto di merda. Ho constantemente l'ansia e mal di stomaco perenne. Non ne posso più. In tutti i sensi.

Beverly mi ha ripetuto più volte di lasciar perdere, di arrendermi. Ma io non voglio lasciarla. Io la amo cosi tanto che mi riesce difficile persino pensarlo. Ma come si spiega tutto ciò? Non è facile tradurlo a parole.

Mi è stato difficile accettare il fatto che lei lavori, d'altronde con quella ragazza che non mi piace affatto. Mi è stato difficile saperla in una nuova scuola, tutta femminile, tra l'altro. Cosi come mi è stato difficile saperla a New York, una delle metropoli più grandi del mondo, lontanissima da me e impossibile da raggiungere.

« Ora basta, Haven. Adesso tu prepari la valigia e sparisci dalla mia vista per un bel pò! Non ne posso più di vederti cosi abbattuta. Mi hai rotto il cazzo! » Beverly mi scuote, al termine della partita di oggi.

Abbiamo vinto, ma per miracolo. Non sto dando il meglio di me, e ne sono consapevole. Ma non riesco a fare altrimenti.

Ed ora non sto neanche festeggiando con la squadra, ed è per questo che la mia migliore amica mi sbatte in faccia due centoni, per poi spingermi fuori dallo spogliatoio.

« Cosa stai farneticando, e poi calmati, porca puttana! » le urlo a mia volta, per poi guardare i soldi che mi ha appena lanciato addosso.

Odio litigare con lei, ma so per certo che è arrivata al limite della sopportazione.

« No che non mi calmo, Haven! Sono tre settimane che non sei più tu! Stai cadendo in uno stato pietoso e deprimente, giorno per giorno. Ed io non posso permettere che accada questo alla mia migliore amica! Non posso, lo vuoi capire? Hai un futuro che ti aspetta a Los Angeles, in uno dei college migliori d'America. Quindi, in un modo o nell'altro, vi sareste trovate comunque ad affrontare questa cazzo di situazione di merda! Siate adulte, porca puttana! Anche se non è facile, uscite gli artigli e se vi amate fate di tutto per stare insieme! Ma non ridurti cosi! Ora prendi questi cazzo di soldi, va a casa, prepara la valigia e sparisci per una settimana. Fate del sesso, sfogatevi, e poi torna qui a Detroit fottutamente carica. O ti spacco la faccia! »

Ha parlato come un fiume in piena, travolgendomi. Resto imbambolata per un singolo istante, guardandola senza proferire parola.

Lei ha il petto che si alza e si abbassa ritmicamente e gli occhi spalancati dalle lacrime. Mi vuole bene come neanche mio fratello me ne vorrebbe.

È per questo che le salto al collo, abbracciandola forte, come se avessi paura che potesse sfuggirmi da un momento all'altro.

Lei mi ricambia la stretta ed io le mordo una spalla. Mi da una pacca sulla spalla e poi uno schiaffo amichevole sul culo.

La sento che sta sorridendo.

Nessuno mi avrebbe mai prestato dei soldi per andare a New York. Lei invece l'ha fatto. E so che questo è parte del suo guadagno, quello che ha dal lavoro che presta ai suoi genitori ogni singolo pomeriggio dopo scuola.

E gliene sarò per sempre grata. Come per tante altre cose. Per il fatto di essermi amica, di sopportarmi, di restarmi vicino quando il mondo cade a pezzi. Quando nessun altro è in grado di esserci.

Lei è la mia mamma, oltre che la mia migliore amica.

Lei è quella forza sovraumana che non ti aspetti di possedere.

Violet Where stories live. Discover now