14. Corsa

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Corro e sento le gambe indolenzite, così rallento e respiro affannosamente. Ho il mal di gola e il petto non si ferma. Voglio solo stare sola e riflettere, è davvero così difficile da capire?

Cammino in fretta per i marciapiedi, e mi stringo le braccia tra loro, sta facendo sempre più freddo...
Passo davanti ad un bar e sento dei ragazzi urlarmi dietro, che odio...cosa si aspettano? Che mi girassi verso di loro e gli dicessi "OH CERCAVO QUALCUNO CON QUI SCOPARE E NON LO TROVAVO! GRAZIE RAGA! MENOMALE CHE CI SIETE VOI!". Che idioti.

Sento una macchina suonarmi dietro e leggermente spaventata aumento il passo, abbasso la testa e mi stringo nelle spalle.

<Victoria!> sento il mio nome e mi volto di scatto verso ľ auto. La luce dei fari mi acceca e così mi copro le faccia con una mano, cercando comunque di capire chi sia.

Vedo la sua testa bionda spuntare dal finestrino, e mi rilasso. Connor...

<Che c'è?> chiedo con voce annoiata mettendo le mani nelle tasche degli jeans.

<Che fai qui? È tardi!> mi interrompe e mi guarda con sguardo accusatorio.

<Niente> rispondo e non faccio in tempo di girarmi e continuare la mia camminata, che lo vedo parcheggiare. Scende e viene con passo lento verso di me.

<"Niente" non è una risposta ragazzina> afferma duro e mi prende per un braccio e mi tira leggermente dicendo <Dai vieni, ti porto a casa>.

Mi scanso e dico <Lasciami stare, c'è un motivo se non sono a casa!>.
Gli dò il mio sguardo più duro e freddo, ma lo vedo quasi come se stesse trattienendo una risata.

<Dai muoviti, tuo padre si sarà preoccupato molto. Di sera è pericoloso> insiste con tono duro guardandomi negli occhi.

<Non voglio!> dico sbattendo un piede a terra.

Corruga la fronte e mi guarda come se fossi un un'imbecille, beh in questo momento lo sono.
<Muoviti!> sentenzia stringendo le labbra carnose.

<Vaffanculo!> dico tra i denti allontanandomi dalla sua figura, e forse lo faccio per non ricevere uno schiaffo.

<Che hai detto?> chiede facendo una smorfia.

<Ti ho mandato affanculo> rispondo con fintissima nonchalance, mettendo le mani nella tasca posteriore dei miei jeans.

<Chiedi scusa, e fila in macchina> dice severo e quasi non scoppio a ridere. "Fratm ci passiamo sei anni, non quindici" penso tra me e me.

<Altrimenti? Mi picchi> lo provoco per poi iniziare a correre. Mi giro per vedere se mi segue, e lo vedo esitare ma poi si ricrede e mi segue. Così aumento il passo.

Lancio un urlo quando mi sfiora la schiena, ma poi sono costretta a fermarmi dato che la strada è bloccata da un muro. Rimango con le spalle al muro, lo vedo avvicinarsi, non posso più scappare, sarebbe inutile anche provarci...
Rallenta e si avvicina a me, per poi poggiare i palmi sul muro poco più sù delle mie spalle. Abbiamo entrambi i respiri affannati, e dalle mie labbra esce una specie di gemito quando lui si abbassa verso il mio viso. Lo ha sentito, ma decide di non commentare, anche se io adesso sono ľ esatta rappresentazione di un clown.

<Ora che hai finito il teatrino possiamo andare ragazzina?> Sussurra vicino al mio viso e il suo respiro caldo batte sulla mia guancia.

<No> ribatto spingendolo dalle spalle, ma lui non si muove di un millimetro.

<Finiscila> sentenzia calmo. So che sta usando tutta la pazienza che ha.

<Lasciami> urlo quando mi prende dalle braccia e mi tira obbligandomi a seguirlo.
Mi oppongo ma lui continua, mi scanso violentemente e mi libera solo un braccio, e così inizio a picchiargli la mano con cui mi stringe.
<Laaciami! Lasciami! Lasciami cazzo...> urlo per poi scoppiare a piangere.

Mi lascia e con una faccia terrorizzata mi guarda.

<Ti ho fatto male?> dice preoccupato. Tengo il capo basso, ma lui me lo alza e mi obbliga a guardarlo.

<No...>rispondo con una voce nasale mentre le lacrime continuano a scendere. In realtà mi ha fatto male, ma non è per quello che piango.

<E allora cosa c'è> dice accarezzandomi la testa con fare fraterno, visibilmente preoccupato.

Provo a parlare ma escono solo singhiozzi, e il tremolio delle mie gambe non aiuta di certo.

Inaspettatamente mi abbraccia, e poccia la sua mano fredda dietro alla mia testa spingendola delicatamente sul suo petto. È tosto ma molto confortevole. Continuo il mio pianto mentre lui mi accarezza la schiena per riscaldarmi. Sento la sua maglia sempre più bagnata, così mi stacco. Gli avrò lasciato delle chiazze di mascara...

Mi guarda e abbozza un sorriso rassicurante, che io non posso ricambiare in questo momento. Mi asciuga le lacrime con i pollici e dice <Problemi a casa?>.

Annuisco guardando ovunque tranne che lui.

<Capisco...chiamo tuo padre per dirgli che ti ho trovata e che sei con me> afferma cacciando il telefono dalla giacca.

Non posso far altro che stare zitta, ovunque ma non a casa. Inizia a parlare al telefono con mio padre davanti a me, guardandomi attentamente per essere sicuro che non scappo.
Abbasso lo sguardo a disagio verso le mie scarpe.

<Va bene, la porto poi da suo fratello, non si preoccupi...buonanotte> lo sento dire e chiude la chiamata.
<Dai andiamo> afferma facendo segno con la testa. Di malavoglia inizio a camminare accanto a lui in silenzio.

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