35. Sospira

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Sospiro guardando il muro bianco davanti a me. È da giorni che sono immersa in un bagliore di luce bianca che viene a sua volta riflessa dagli oggetti bianchi intorno a me. Il mio pigiama verde scuro mi fa da contrasto e posso dire che lo trovo più rilassante rispetto al bianco. Bianco, bianco, bianco, non lo sanno che mi mette ansia?

Dopo che ho tentato di ammazzarmi mio padre mi ha presa e sbattuta in questo ospedale psichiatrico, ed ora, saranno settimane che sto qua, non lo so esattamente quanto tempo sia passato e non mi importa saperlo.

Mia madre mi viene a trovare ogni giorno. Non le parlo, non ho nulla da dirle. Lei si siede accanto a me ed ogni volta in lacrime chiede scusa, ed io non so cosa fare. Avrebbe almeno dovuto opporsi alla decisione di mio padre di rinchiudermi in manicomio, ma non lo ha fatto, e ora la sento gemere per un' ora ogni giorno.

Mio padre invece mi dedica tutta la mezz'ora del suo tempo prezioso, ma che utilizza per parlare della sua giornata, di come sia il tempo e altre centinaia di cose che pagherei di non sentire.

Mia sorella mi ha mandato una letterina del cazzo tramite mia madre, nella quale esprime la sua enorme tristezza per ciò che ho fatto, ma so esattamente che lo ha fatto sotto costrizione.

Mio fratello? Beh lui non si è degnato di fare neanche quello, forse perchè incapace di guardarmi negli occhi.

Debra invece è venuta molte volte a trovarmi, ma non ho voluto incontrarla, poiché mi vergogno troppo di ciò che le ho fatto, e mi pesa guardarla negli occhi. Se lei facesse il mio stesso gesto, io non la guarderei mai più, specialmente se ha promesso di non riprovarci.

<Signorina Victoria è ľ ora del film, vuole venire?> chiede un' infermiera.

Come se avessi di meglio da fare. Niente telefoni, trucchi, penne, matite...
Così mi alzo e la seguo.

Mi ritrovo spaesata, è la prima volta che vedo tutti i pazienti nella sala ď entrata. Sono davvero tanti, questo mi dimostra ancora una volta quanto il mondo faccia schifo.

Cammino tra di loro, fino a quando qualcuno mi tocca delicatamente la spalla. Mi giro di scatto, è una ragazza.

<Ci conosciamo?> le chiedo gentilmente, anche se mi costa molta fatica esserlo.

<Hanno ragione, un colore di capelli diverso cambia la gente> dice con una voce soave.
<Sono la tipa che ci ha provato con te al  bar, eri col tuo amico. In quel periodo avevo i capelli rosa, ora mia madre mi obbliga a tenerli castani...>

Una lampadina mi si accende e vorrei sbattermi di testa al muro, ora me la ricordo.

<Roxy?>

<Esatto!> risponde sorridendo.

<Come mai qui?> oddio sembro una di quelle carcerate che sta cercando di attaccare bottone. Che poi che domanda è?

<Disturbo Borderline della personalità, tu?> chiede continuando a camminare di fianco a me.

<Tentato suicidio>

<Oh-> risponde facendo una faccia dispiaciuta.

<Nah non preoccuparti, ormai con tutti gli psicologi che mi visitano, non è niente di che per me> o almeno questo pensano loro...

<Sono felice di averti di nuovo incontrata, di solito non trovo gente più piccola di me qui> .

<Non parlavo con qualcuno da tanto tempo ormai> affermo con un grappolo in gola.

<Qui non solo così male, alcune volte ti diverti, basta solo uscire dalla stanza nelle ore libere>.

<Ti dicerti soprattutto durante le sessioni terapeuti e genitori> Ridiamo entrambe a questa battuta amara, è ovvio che entrambe abbiamo una famiglia del cavolo.

TATTOOS Tahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon