𝚌𝚑𝚊𝚙𝚝𝚎𝚛 𝚝𝚠𝚎𝚗𝚝𝚢 𝚝𝚠𝚘

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Todoroki's POV

Il ragazzo dai capelli verdi è seduto accanto a Bakugo. Sono lì, su due differenti divani, a parlare da circa un'ora.

Non riesco a distogliere lo sguardo da lui, perché vorrei passarci un po' di tempo, e mi dispiace, perché a causa di Momo sto trascurando tutto e tutti.

Sospiro al sol pensiero, e la ragazza in questione sembra notarlo. Non sopporto più questo teatrino, e ogni modo per farglielo capire sembra fingere di non notarlo.

"E ora che c'è?" domanda con aria infastidita, posizionandosi sulle mie gambe in modo da coprire interamente ciò che osservavo in precedenza.

"Spostati, dai" sbotto, cercando di fare quanto richiesto a lei, anche se invano, poiché la sua posizione resta la stessa, facendomi sospirare ancora, ma più forte di prima.

"Non voglio stare con te, mettitelo in testa"

"Io si, Shoto. E mi dispiace per te, ma devi accettarlo, che tu lo voglia o no" conclude, stampandomi un bacio sulle labbra, che non passa inosservato agli occhi del broccolo.

"Non sono costretto" sussurro.

"Hai detto qualcos'altro?" domanda ancora, ma non ricevendo alcuna risposta, per poi finalmente andarsene.

Midoriya, intanto, mi guarda mentre si avvicina, e non posso che sorridergli mentre osservo attentamente ogni suo movimento disinvolto.

"Che hai?" domanda subito.

"Niente, perché?"

"Ripeto, che hai?" tenta ancora.

"Niente, Midoriya"

"Non costringermi a chiedertelo per la terza volta"

"E tu non farmi incazzare" alzo appena il tono di voce, renendomi conto un attimo dopo che quella conversazione, quasi per niente iniziata, ha già preso una brutta piega. Non dice nulla, ma il suo sguardo sembra diventare più cupo e si sposta altrove.

"Scusa se mi sono preoccupato"

Il suo tono è freddo, ed è identico a quello che usava le prime volte che abbiamo parlato. Mi alzo e, istintivamente, lo afferro per un polso, trascinandolo con me per le scale, finché non arriviamo in camera mia. Non fa domande, né oppone resistenza; mi segue e basta, anche se con aria confusa. Apro la porta della mia stanza e mi ci fiondo dentro insieme a lui, per poi chiuderla con un colpo secco.

"Scusa" è la prima cosa che riesco a dire, non appena lascio la presa.

"È solo che n-non ce la f-faccio p-più"

Inclina il capo, come se non capisse, ed è così, dato che non ho dato alcun tipo di spiegazione. Mi butto sul letto stendendo i e prendendo a guardare un punto indefinito del soffitto. Poi sento un peso sul materasso accanto a me e tento di avvicinarmi ad esso, senza smettere di contemplare il soffitto.

"La mia famiglia e quella di Momo si conoscono da tanti anni" comincio a raccontare.

"Io e lei siamo sempre stati amici, ma arrivati ad una certa età, a lei questo non bastava, perciò ne parlò con sua madre, che parlò con i miei genitori, dopo che la figlia le confessò di provare sentimenti per me, che andavano oltre il semplice bene"

"Da allora, hanno sempre cercato di forzare le cose tra noi. Se provavo a frequentare qualcun altro, me lo impedivano. Volevano che stessi con lei, ad ogni costo"

"I suoi sentimenti sono sempre rimasti gli stessi col passare degli anni. Sono arrivato all'esasperazione, e un mese fa ho esaudito il desiderio delle nostre famiglie, nonostante fossi e sono contrario a questo. I primi giorni cercavo di nasconderlo, ma non è ciò che voglio, e odio il fatto che abbiano deciso loro per la mia vita"

"Momo è una brava ragazza, ma è ossessiva e non ho i miei spazi. Invece di voler stare con lei, vorrei starle costantemente lontano. Non riesco più a sopportarla"

"Non mi piace. Non sono neanche sicuro di essere attratto dalle ragazze e-"

"Ti prego, non giudicarmi" esclamo improvvisamente, in preda al panico.

Si alza, mi si posiziona davanti (“costringendomi” a sedermi) e afferra il mio volto tra le sue mani, avvicinandosi a me. Arrossisco a quella vicinanza, e sento improvvisamente il battito del mio cuore accelerare.

Perché, ogni volta che ti ho vicino, mi fai sempre uno strano effetto?

"Perché dovrei giudicarti?" domanda dopo quelli che a me sono sembrati eterni attimi di silenzio.

"Perché t-ti ho detto c-che non sono sicuro mi p-piacciano le r-ragazze"

"Che male c'è? - domanda ancora -. Neanche a me piacciono"

Mi si illuminano gli occhi a quella affermazione, come se in fondo ci avessi sempre sperato.

"M-Midoriya"

"Non vergognarti di essere te stesso" afferma in un sussurro.

Mi alzo, e mi viene spontaneo fiondarmi tra le sue braccia, per poi stringerlo a me più forte che posso, come se avessi bisogno di sentirlo vicino.
Di una cosa sono certo: questo ragazzo mi manda fuori di testa, e non so se sia un bene o un male.

Qualche secondo dopo ricambia la mia stretta e lo sento sospirare.

"Scusa - dico staccandomi da lui -. So che non ti piacciono gli abbracci" continuo, ripensando a quando me lo aveva confessato durante uno di quei pochi momenti che abbiamo passato insieme in queste ultime settimane.

Ma neanche il tempo di aver pronunciato quella frase, che compie il mio stesso gesto, portando nuovamente i nostri corpi a contatto.

"Pensa a te, adesso" dice, stringendomi a sé, come avevo fatto io pochi secondi prima.

Scoppio a piangere, e finisco per bagnare parte della sua felpa che corrisponde alla sua spalla sinistra. Allaccio le braccia attorno al suo busto e, tremante, cerco di ricambiare. Mi accarezza la nuca, e il suo dolce tocco mi fa rabbrividire, nonostante stia tremando anche lui. Non mi è esattamente chiaro il perché, ma non ci penso e mi cullo tra le sue braccia, godendomi quella sensazione paradisiaca. Non voglio staccarmi più, anche se dopo un po' accade, nonostante la situazione creatasi non fosse affatto disagiante.

Nessuno dei due poi dice nulla. So solo che ne avevo bisogno e che vorrei ringraziarlo, ma non ho forza per proferir parola, perciò mi limito a guardarlo negli occhi. Sembrano dei veri e propri smeraldi, in cui per un attimo mi ci perdo.

Torno in seguito alla realtà, perché il ragazzo di fronte a me comincia a chiamarmi. In fondo, però, non mi sarebbe dispiaciuto restare lì a guardarlo ancora un po'.

La vera domanda, però, ora è un'altra.

Perché tutti questi pensieri?

E perché proprio con lui?

Penso a qualcosa da dire per sfuggire da quei pensieri, e l'unica cosa che mi viene in mente è:

"Domani è Natale"

Il suo sguardo sembra rallegrarsi.

"Tu non ridi mai?" domando poi, con la paura di essere stato inopportuno.

Abbassa lo sguardo, facendomi pensare al peggio.

"Non ci riesco"

Sospiro.

"So che mi stai per chiedere il perché"

Sorrido.

"Ed è una lunga storia"

"Ti ascolto" rispondo, imitando le sue parole di qualche giorno fa.

"È complicato" risponde ancora, aggiungendo alle sue parole un occhiolino, facendomi ridere leggermente.

"Midoriya" lo chiamo.

Mi guarda.

"Grazie"

𝐆𝐥𝐢 𝐨𝐩𝐩𝐨𝐬𝐭𝐢 𝐬𝐢 𝐚𝐭𝐭𝐫𝐚𝐠𝐠𝐨𝐧𝐨 | 𝖳𝗈𝖽𝗈𝖽𝖾𝗄𝗎Where stories live. Discover now