34. Non chi, ma quando

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"Dove diavolo si è cacciato quel Potter?"
Davina girovagava per il castello da almeno mezz'ora, scendendo e salendo in continuazione le scale, che non avevano mai la stessa posizione ogni volta che tornava a percorrerle, e si ritrovava sempre in una porzione di castello diversa.

L'interno di Hogwarts era molto differente rispetto alla sua epoca. Nel 1946 si potevano trovare candele fluttuanti, arazzi dei fondatori, enormi tappeti persiani e vestiti d'epoca animati che danzavano senza corpo.
Nel 1992 erano rimaste solo le candele, riunite sotto un unico candelabro nero che pendeva dal soffitto.
Gli studenti vestivano divise nuove rispetto alla sua, e mentre girovagava per i corridoi, Davina veniva squadrata dalla testa ai piedi da coloro che non avevano mai visto un vestiario simile nel castello.

"Tu cosa fai sola in giro? Non sai che per spostarsi bisogna essere in gruppi e sorvegliati da un prefetto?"-una voce maschile e fastidiosa la bloccò dalla sua ricerca.

Davina si girò, e di fronte a sé c'era un ragazzo dai capelli rossi e lo sguardo acceso dal fervore.
"Stavo andando in bagno, signor..."-d'istinto Davina guardò la spilla che portava la scritta Head Boy-"caposcuola."

"È stato spiegato più e più volte che gli studenti devono essere accompagnati dai professori per ogni minimo spostamento, sei a conoscenza del fatto che la Camera dei Segreti è stata riaperta, oppure ti sei persa gli ultimi 5 mesi di scuola?"-chiese il caposcuola con arroganza.
Davina non poteva cacciarsi nei guai in quella realtà. Avrebbe rischiato di essere vista da qualcuno presente anche nella sua dimensione, o peggio, dalla futura versione di sé stessa, perciò restò in silenzio e guardò i suoi mocassini in pelle neri.

"Coraggio, ti riaccompagno nella sala comune, vedo che ovviamente sei Serpeverde, parlerò con il tuo prefetto e gli riferirò quanto è appena accaduto in modo che non si ripeta."
"Scusa prima hai detto Camera dei Segreti, vero?"-Davina cercò di fare buona faccia a cattivo gioco, e cambiò totalmente argomento cercando di ammaliare il rosso con dei movimenti sensuali.
Si arricciò i capelli con il dito e si avvicinò pericolosamente al suo viso.

"Potresti mostrarmi dov'è la Camera dei Segreti e, non so, magari trattenerci lì per qualche istante?"
Il rosso diventò paonazzo in volto, cercando di controllare la sudorazione corporea.

"Ehm...vedi ecco...no! Io sono caposcuola. Per quale motivo dovrei mai accettare queste proposte da una sconosciuta. Per di più, nessuno sa dove sia la Camera dei Segreti, si chiama così per un motivo!"
"Andiamo, bel fusto, un caposcuola come te dovrebbe conoscere tutti i luoghi di Hogwarts a memoria. In più, ti aspetterà un po' di divertimento, se saprai essere d'aiuto"-Davina cercò di trattenere un conato di vomito dall'idea di anche solo toccare il ragazzo che si presentava davanti a lei.

"I-Io ho letto che si trova da qualche parte al secondo piano...ma non so altro! Ora muoviti, andiamo, ti riporto nella sala comune!"-esclamò il caposcuola ritornando in sé.
Davina non aveva alcuna intenzione di andare con lui, tantomeno nella sala comune di Serpeverde dove il prefetto avrebbe scoperto che lei non faceva parte degli studenti, non in quell'epoca almeno, così in un attimo, decise di divincolarsi dalla presa del rosso e di fuggire verso le scale, alla ricerca del secondo piano.

Se le disposizioni non erano cambiate negli anni, in quel piano si trovavano l'aula di difesa contro le arti oscure e il bagno delle ragazze, fuori servizio dopo la morte di Myrtilla Warren.
"Ma certo cazzo! La camera deve essere lì"-pensò Davina tra sé e sé mentre correva per le scalinate, inseguita dal caposcuola che faticava a restare al suo passo, finché una delle scale che stava percorrendo si girò improvvisamente dall'altro lato, iniziando a ruotare dal verso opposto rispetto a Davina.

"Dove scappi! Tanto farò rapporto al preside, non fuggirai!"-continuava a urlare il ragazzo, rimasto intrappolato in un altro percorso, mentre Davina se la svignava per il corridoio del secondo piano.
Percorse il pavimento ciottolato a passo spedito, nessuno intorno a lei nei paraggi di almeno qualche metro.
Si sentiva come un'estranea a casa propria, perché sebbene la disposizione delle stanze era rimasta la stessa, le decorazioni e gli ambienti erano diversi.

Venena -TMRDove le storie prendono vita. Scoprilo ora