𝗎𝗇𝗈.

305 13 22
                                    

Back in Black - AC/DC
↻ ⊲ Ⅱ ⊳ ↺

«Forza, Izuku! Ne è rimasto solo uno»

Una frase sussurrata nel bel mezzo della notte, ma che parve pronunciata con un tono di voce moderato in quella strada buia e silenziosa, appena illuminata dai lampioni collocati lungo il marciapiede.

Un'altra estate era ormai trascorsa, ed era giunto il momento che per il ragazzino poneva ufficialmente fine alla calda stagione. Come ogni anno accadeva, il gran furgone appartenente a suo padre era stato condotto fuori dal garage, e numerosi scatoloni e altrettante valigie venivano caricate sul retro del mezzo.

Nonostante il sonno e la stanchezza cercassero di fermarlo, Izuku voleva aiutare i suoi genitori prima che partissero. In quel momento, tra le sue mani, c'era l'ultimo pacco da caricare sul veicolo, e successivamente tutto sarebbe stato pronto per mettersi in moto e andare.

«Manca qualcos'altro?» domandava ai suoi genitori mentre anche l'ultima scatola finiva insieme alle altre.

«Direi di no» rispose immediatamente suo padre, chiudendo infine il bagagliaio con un colpo secco. Il suo sguardo, infine, si rivolse al figlio, che lo guardava con occhi colmi di gioia e nostalgia al contempo. Non lo avrebbe mai ammesso, ma quel momento lo ha sempre reso più triste di quanto mostrasse agli altri.

A malincuore, il più piccolo si fiondò tra le braccia della figura paterna, che con un semplice gesto di mano richiamò la moglie, permettendole poi di unirsi a quel caldo e ancor poco duraturo abbraccio.

«Mi raccomando, tesoro. Non esitare a chiamarci se dovessi averne bisogno. Sai che per te ci siamo sempre» non faceva che ripetere sua madre, che se fosse rimasta lì ancora per molto probabilmente sarebbe scoppiata a piangere. Si limitò ad un ultimo sorriso, il solito modo usato per pronunciare un “arrivederci” mai fuoriuscito dalle sue labbra.

Salirono entrambi sul mezzo dal colore bianco con qualche parte grigistra a causa degli anni trascorsi, e il loro figlio non potè che guardarli allontanarsi, una volta partiti. Divennero sempre più piccoli, fino a scomparire in fondo alla strada, e il quindicenne rientrò in casa, con qualche lacrima che gli rigava le guance paffute ricoperte da lentiggini, ma con un tenero sorriso dipinto in volto.
L'appartamento sembrava vuoto. Ci era rimasto solo lui e, malgrado fosse abituato alla lunga assenza delle figure genitoriali, quell'ambiente deserto e silenzioso emanava solo tristezza.

Avrebbe dovuto passare, come sempre, gran parte dei dodici mesi in totale solitudine a causa del lavoro dei genitori. Entrambi musicisti, scoprirono la loro passione da giovani e, dopo essersi conosciuti per caso ad una normalissima lezione di canto, provarono a dar retta all'insegnante che non faceva che ripetere “voi due insieme potreste dare vita a qualcosa di spettacolare”, e aveva ragione. Izuku lo sapeva nonostante li avesse visti maneggiare uno strumento poche volte e sentiti cantare ancor meno, ma era comunque bello per lui vederli incoronare il loro sogno: essere conosciuti grazie alla musica.

Non era bravo quanto loro, ma durante il tempo libero aveva cercato di imparare a suonare la chitarra seguendo i suggerimenti di suo padre. Quelle sei corde sembravano rilassarlo al sol tocco, e quando imparò a suonare la sua prima canzone, saltellò per l'appartamento almeno per quindici minuti fiero dei suoi progressi. Gli insegnamenti avevano dato i loro frutti, e quello che al tempo era un bambino non poteva che esserne felice.

Si lascio scappare un sospiro che riecheggiò in ogni angolo della stanza, si asciugò le lacrime con il dorso della mano destra e si diresse verso la sua stanza. Camminava a passo lento lungo il corridoio definito da lui, in quel momento, interminabile, e man mano che lo percorreva si soffermava ad osservare i soliti quadri, raffiguranti paesaggi, appesi alle pareti laterali, e qualche foto di famiglia posata sul mobile situato in fondo a sinistra.

𝐈𝐥 𝐦𝐢𝐨 𝐯𝐢𝐜𝐢𝐧𝐨 𝐝𝐢 𝐜𝐚𝐬𝐚 | 𝖳𝗈𝖽𝗈𝖽𝖾𝗄𝗎Where stories live. Discover now