𝗏𝖾𝗇𝗍𝗂𝗍𝗋𝖾.

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Sopra - Gazzelle
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Aveva dormito ben poco quella notte, tormentato da pensieri, preoccupazioni e delusione. Quella strana domanda sul perché Shoto non gli avesse detto qualcosa di così importante lo aveva totalmente demoralizzato, e il fatto che si sentisse preso in giro da lui, dopo tutto ciò che stavano costruendo, non aveva fatto altro che mandarlo in un completo sconforto.

Sarebbe entrato in seconda ora quel giorno, per potersi sistemare con calma e per riposarsi qualche minuto in più.
Mancavano appena venti minuti alle otto e, puntuale come un orologio svizzero, il bicolore bussó alla sua porta; questa volta ripetutamente, poiché il proprietario dell'appartamento non intendeva dare segni di vita.
«Izuku, ci sei?», continuava a bussare; e, dopo svariati tentativi, digitó sulla tastiera del cellulare un: “Sei a scuola?”, per poi sistemare nuovamente lo strumento in tasca e andar via.
Izuku poté benedire le anteprime per una volta, poiché la soddisfazione di visualizzare immediatamente il suo messaggio non intendeva dargliela.
E così passó un'ora.

Shoto, seduto al suo banco, in terza fila, afferrava di tanto in tanto il suo cellulare, nascosto sotto il libro di storia sotto al banco, e l'ultima volta che controlló che una risposta fosse arrivata, qualche minuto prima del suono della campanella, le spunte si erano colorate di azzurro. Premette sul messaggio, schiacció la “i” di info e si rese conto che erano passati ormai otto minuti da quando era stato letto.
Izuku?”, insistette, e questa volta non passó neanche un minuto prima che questo fosse visualizzato e che la scritta “ultimo accesso alle ore 9:03” comparisse.
Cosa gli aveva fatto?

«Hai visto Izuku?», domandó a Bakugo, dopo essersi precipitato al suo banco non appena la campanella suonó.
«Questa mattina no», replicó alzandosi.
Come sempre, insieme, si diressero alla porta e si affacciarono, in attesa che il docente di inglese giungesse in classe.
«Non è lui?», domandó il biondo, indicando con l'indice della mano sinistra un ragazzino dalla chioma verde, riccioluta e disordinata.
Shoto rispose affermativamente, lo avrebbe riconosciuto anche tra mille, quel piccoletto.
«Izuku!», lo richiamó, venendo ignorato già per la terza volta in una sola mattinata. Fremeva dalla voglia di uscire, ma il bassino, ormai, era giunto a destinazione, e il professore della seconda ora aveva appena fatto il suo ingresso in aula.

«Chiaro il concetto?», chiese scrutando ogni alunno in classe. «La prossima volta ci sarà il compito, vi ricordo», affermó ridacchiando.
Nessuno proferì parola. Izuku, ad esempio, non ne aveva bisogno: aveva capito tutto su quell'argomento e, come sempre, aveva riempito diverse pagine di appunti; anche se, quella mattina, scrivere le “t” e le “s” era stato più frustrante di quanto pensasse.
«Godetevi l'intervallo, e buona fortuna per la verifica di latino», salutó la classe l'insegnante: malgrado la sua materia fosse tra le più odiate, la sua persona era davvero straordinaria, a livello umano.

Dopo aver conservato tutto ciò che aveva utilizzato in quell'ora, Midoriya volse lo sguardo alla finestra e prese ad osservare la calca di studenti riunita in cortile. Durante la pausa erano soliti riunirsi lì, raggruppandosi con i propri amici. Lui, invece, non ci andava spesso, ma quando aveva bisogno di prendere un po' d'aria o stare da solo, non esitava a recarsi in quella parte “nascosta” in cui, poco tempo prima, si era scambiato uno dei primi baci con Todoroki.
Sospiró a quel pensiero, ma cercó di scacciarlo via il più velocemente possibile.
«Midoriya?», si sentì chiamare: era Asui, in quell'istante vicina alla porta. «C'è qualcuno qui per te», affermó sorridente alludendo al bicolore. Izuku non poteva fargliene certamente una colpa poiché incosciente di quanto accaduto, e non poteva neanche inventare qualcosa per evitare ancora un qualsiasi tipo di contatto con lui. Per cui si fece coraggio, respiró profondamente e andó da lui, che lo trascinó immediatamente con se lontano da lì, tenendo salda la presa sul suo posto.

𝐈𝐥 𝐦𝐢𝐨 𝐯𝐢𝐜𝐢𝐧𝐨 𝐝𝐢 𝐜𝐚𝐬𝐚 | 𝖳𝗈𝖽𝗈𝖽𝖾𝗄𝗎Where stories live. Discover now