ventinove.

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Al giusto momento - Fulminacci
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«Shoto porterà avanti il nome dei Todoroki, prenderà in mano l'azienda e sono certo farà un ottimo lavoro», spiegó Endeavor. «Credo anche che, con una bella fanciulla come sua figlia al suo fianco, non potrà che sentirsi stimolato»
«Momo, cara, vuoi dire qualcosa?», domandó la madre a sua figlia che, fino ad allora, aveva proferito parola solo se necessario o interpellata.
«Credo che Todoroki possa eccellere sempre, con o senza di me. Se sei portato per qualcosa, lo sei sempre, indipendentemente dalle circostanze. Avere qualcuno al proprio fianco è solo uno stimolo in più»
Shoto sorrise all'udir delle parole di  Yaoyorozu, destinata ad essere con lui vittima di un rapporto combinato. Enji, invece, si sentì colpito nell'orgoglio da quella risposta inaspettata, il cui fastidio non si poté non notare nonostante cercasse di nasconderlo.
«Una spinta in più non è mai un male», replicó pulendosi nervosamente le labbra col tovagliolo.
«Non è ciò che ho detto, infatti, signor Todoroki», sorrise.
La mamma, dal canto suo, restó in silenzio, e non fu semplice capire da quale parte fosse. Sapeva che la nascita di quel rapporto avrebbe comportato molti benefici, ma l'amore di sua figlia era pur sempre più importante.
«Shoto, tu non dici niente?», lo guardó il padre con aria furiosa celata dietro un falso sorriso, ma non giunse alle sue orecchie alcuna risposta.

«Quella ragazza non mi piace», commentó non appena rimasero soli.
«Perché? Non è male», cercó di provocarlo, alludendo al momento in cui Momo aveva preso le sue difese.
«Non sarai tu a deciderlo»
«Perché no?»
«Non fare domande, Shoto. Non intrometterti in questioni più grandi di te»
«Si dà il caso che il centro della questione sia io, papà. Mi hai rovinato la vita prima ancora che nascessi, lascia almeno che ora sia io a scegliere ciò che è giusto per me»
Endeavor non disse niente, consapevole di avere il potere in mano nonostante il figlio cercasse invano di tenergli testa. Non era la prima volta che succedeva. Todoroki, infatti, aveva provato più e più volte ad imporsi sul padre, ma non aveva mai portato a niente se non alla sua finale sottomissione nei confronti dell'adulto, che lo lasció solo al centro della stanza, andando via ridendo sotto i baffi.
Shoto volse lo sguardo alla finestra e in particolar modo verso il cielo, domandandosi se l'aereo di Midoriya fosse decollato o se fosse ancora in volo. Si chiedeva dove fosse, cosa stesse facendo, come stesse, ma soprattutto se lo stesse pensando come stava facendo lui.

Izuku, dall'altra parte del mondo, era seduto sul letto a suonare, consapevole del fatto che il giorno seguente avrebbe messo piede nella sua nuova scuola. Entrare a metà anno non era vantaggioso per nessuno, ma era certo che non sarebbe stato difficile recuperare: l'indirizzo era lo stesso, e quando si trattava di mettersi al passo con gli altri, o addirittura superarli, Midoriya era insuperabile; anche se di questo ultimo punto non ne era troppo consapevole a causa della scarsa stima provata per se stesso.
Intonó qualche nota e, senza rendersene conto, le sue dita composero gli accordi di 'Amarena', che lo riportarono con la mente a quella giornata in cui aveva suonato davanti a Shoto, per Shoto. Cercó di non piangere, di frenare ogni lacrima sul nascere; cercó di non afferrare il cellulare, comporre il suo numero e chiamarlo; cercó di non pensare a lui e di mettersi in testa qualcos'altro; ma era tutto così profondamente, dannatamente difficile.

[...] Alle spalle del professore, seguendo ogni suo passo, giunse con lui in silenzio fino all'aula. L'uomo gli sorrise per rassicurarlo e, malgrado non servisse (a) molto, Izuku apprezzó quel gesto.
Entro così nella stanza, attirando l'attenzione dei presenti, prima di allora presi dalle proprie 'occupazioni'. Chi copiava i compiti per le ore successive, chi guardava il cellulare, chi parlava, chi guardava il cortile dalla finestra, chi era in silenzio. Izuku si sentì a disagio, in un posto nuovo e poco familiare, sotto gli sguardi di persone mai viste prima che lo squadravano da capo a piedi.
«Presentati alla classe, ragazzo», disse il docente sistemando le proprie cose sulla cattedra.
Titubante guardó ancora una volta tutti, per poi proferir parola guardandosi la punta delle sue scarpe rosse: «Sono Midoriya Izuku, mi sono trasferito da poco e da oggi farò parte di questa classe»

𝐈𝐥 𝐦𝐢𝐨 𝐯𝐢𝐜𝐢𝐧𝐨 𝐝𝐢 𝐜𝐚𝐬𝐚 | 𝖳𝗈𝖽𝗈𝖽𝖾𝗄𝗎Where stories live. Discover now