𝗎𝗇𝖽𝗂𝖼𝗂.

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Santa Marinella - Fulminacci
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«Che gioco noioso, cambialo» commentó il bicolore buttandosi all'indietro, cadendo sul divano che lo accolse, come sempre, 'calorosamente'.

«Non era il tuo preferito?» domandó Bakugo senza ricevere nulla in risposta se non un rumoroso sospiro, per poi cambiare gioco dopo brevi attimi trascorsi in silenzio. «Vediamo come te la cavi, allora» affermó poi con aria di sfida prendendolo per un braccio mentre, sullo schermo della televisione, comparve pian piano unenorme scritta.
«Scordatelo, Katsuki. - tornó nuovamente dove si era appartati in precedenza - Non ti daró questa soddisfazione»
«Lo farai eccome»
Tra le mani aveva il telecomando della console, e attraverso una levetta lì presente scorreva le esibizioni da destra a sinistra alla ricerca della canzone che, più di tutte, lo avrebbe fatto sbellicare dalle risate.
«

Alzati, idiota» premette il pulsante "A" per confermare la sua scelta, costringendo l'altro ad alzarti.
«Sai che odio Just Dance» sbuffó nuovamente.
«Sai che non mi importa»

"Poker Face" e la voce di Lady Gaga risuonavano nella stanza.
Non sapevano con esattezza quanto, ma il volume era così alto che non avrebbero sentito niente che non fosse quella canzone o musica. Ogni suono sarebbe stato inaudibile.
«Non ti sta impegnando, Shoto» lo provocó il biondo nel bel mezzo di una piroetta, «È una competizione seria, sai?»
«Idiota» replicó il suo amico piegandosi in terra e improvvisare con le mani una chitarra.
L'altro rise nel vederlo in quella buffa maniera. Era strano, forse raro, che si lasciasse andare, ma in fondo era con il suo migliore amico, con lui non aveva bisogno di nascondersi. Bakugo conosceva ogni sfumatura di Todoroki, conosceva il suo passato, le sue passioni, le cose da lui amate; sapeva tutto di lui e lo avrebbe sempre accettato per ciò che era, una persona silenziosa ma fantastica a modo suo, mai lo avrebbe abbandonato.

Poi, gettansosi sull'altro, dalle sue labbra non poterono che fuoriuscire le seguenti parole: «E vince il re della danza, per l'ennesima volta in tutta la sua vita», alle quali il bicolore rispose con un: «Re della danza?» sarcastico.
«Non capisci niente»
Katsuki si sentiva felice, lo era sempre in sua compagnia, amava la sua presenza seppur a volte fosse apparentemente assente. La verità era che Todoroki, così silenzioso e riservato, non solo era un grande osservatore, bensì un ascoltatore: era il punto di riferimento dell'altro; non sempre pronunciava parole di conforto o dava consigli e pareri sulle situazioni, eppure al biondo bastava confidarsi con lui per sentirsi meglio.
«E queste?» domandó osservando diversi fogli su una mensola: erano le lettere di Izuku, e quando finirono tra le mani del suo migliore amico, Shoto gli corse incontro e gliele strappó via.
Le loro espressioni mutarono improvvisamente, quei gesti avevano forse irato entrambi.
«Niente» pronunció freddamente, quasi stupendosi di sé stesso.

Osservò Bakugo allontanarsi da lui con fare infastidito e stendersi sul divano sbuffando, e in quel momento non poté che riflettere sulla sua reazione e sentirsi in colpa, così gli si avvicinó.
«Scusa» affermó affiancandolo, ma senza ricevere alcuna risposta. Parlare, però, avrebbe forse risolto le cose.
«Sono le lettere di Midoriya. Ce le siamo scambiate per conoscerci, ma qualche giorno fa ci siamo inaspettatamente visti e abbiamo smesso di scriverci» raccontó mentre Bakugo, dal canto suo, lievemente sorrise.
«Perché non lo inviti?»
Rimase spiazzato, le sue guance si tinsero appena e i suoi occhi incontrarono le iridi rosso fuoco dell'altro.
«Dai, è un'occasione per mostrare le tue doti danzerine in Just Dance» rise in seguito ricevendo una leggera spinta dal bicolore che lo seguì.

«Non può finire così!» imprecó Izuku contro il televisore non appena l'ultima puntata dell'ultima stagione di quel tanto amato anime era appena terminato. «Quanto devo aspettare per il continuo?» si domandava tra sé e sé aprendo i social alla ricerca di informazioni, scorrendo e spostando le dita da una parte all'altra sullo schermo del cellulare, ma senza infine trovare qualcosa.
Sbuffó e gettó quell'oggetto in un angolo del divano, sul quale si distese in seguito, permettendo ai suoi occhi di osservare il bianco colore del soffitto, al centro del quale era appeso un piccolo lampadario che illuminava la stanza.
«Certo che potevano-» si zittì sentendo qualcuno bussare alla porta della sua piccola dimora, il che lo portó ad alzarsi e dirigersi verso essa.
«Oh, ciao» salutó piuttosto imbarazzato i due. «Tu sei Bakugo Katsuki, giusto?» domandó al biondo che annuì.
«Volete accomodarvi?»
Nessuna risposta per i primi dieci secondi, silenzio che lo portó immediatamente a pensare al peggio. Tuttavia, non poteva sapere che il bicolore, dinnanzi a sé, si aspettava che il suo amico continuasse a parlare, cosa che non accadde, poiché questo voleva che fosse lui ad invitare il più piccolo tra i tre.
«H-ho detto qualcosa di-»
«Midoriya, ti va di stare con noi?» gli domandó Todoroki tutto d'un fiato lasciandolo leggermente spiazzato: non se lo aspettava, non in quel momento, o forse neanche in un altro.
«Nel mio appartamento, intendo» continuó. Se la luce fosse stata più intensa, probabilmente Midoriya si sarebbe accorto del colorito che le guance di Shoto avevano assunto.

«E insomma, sei una schiappa anche tu» affermó Bakugo fiero della sua (ennesima) prima posizione in Just Dance. Midoriya si trovava al secondo posto, mentre il povero Shoto figurava al terzo.
«Solo fortuna» commentó Midoriya, mentre sceglieva la quinta coreografia da ballare insieme ai due.
«E ne va fiero» continuó Todoroki, ricevendo in cambio un'occhiata di sfida da parte del biondo. Se fosse esistito un “traduttore di sguardi”, probabilmente quello di Bakugo avrebbe detto qualcosa del tipo «Ora ti faccio vedere io»

Era buffo come talvolta si cimentassero in maniera seria in cose infantili come quel semplice gioco, ma era così bello sentirsi tanto spensierati come accadeva parecchi anni prima.
Quelle piccole ma grandi cose gli ricordavano l'infanzia e i momenti felici, ed è fondamentale, a volte, far uscire l'eterno animo bambino che risiede in noi.
Purezza e ingenuità, sincerità e felicità, voglia di esplorare il mondo e scoprire nuove cose, ridere e non conoscere il male, valori che spesso dimentichiamo e abbandoniamo in un angolo dentro di noi, ma che in quel minuscolo posto vivranno per sempre.

[...] «Non puoi perdere contro Shoto»
Era ormai un'ora che Katsuki lo prendeva in giro. Anche se la differenza di punti era minima, aveva perso contro il bicolore, e l'altro non si sarebbe mai fatto sfuggire una simile occasione per prendersi gioco di lui.
«Tutta fortuna, - tentó di giustificarsi - se facessimo un'altra partita vincerei ad occhi chiusi», affermazione che fece sbellicare il biondo dalle risate più di quanto già stesse facendo. Per quanto cercasse di trattenersi, dopo un po' anche il bicolore cedette e accompagnó il riso di Bakugo, il che fece irare in una maniera così buffa il verde che smettere di ridere era quasi diventato impossibile.
«Sei simpatico, piccoletto» affermó puntato le sue iridi di fuoco in quei piccoli e brillanti smeraldi che era impossibile odiare. «Mi piaci, - aggiunse facendo leggermente arrossire l'altro - ma non montarti la testa, ti tengo d'occhio» concluse scompigliandoli i capelli.

Inaspettatamente li salutó, comunicando che sua madre era a casa e lo stava aspettando da diversi minuti. In realtà nessuno dei due lo sapeva, ma lasciarli soli era il suo scopo. Non gli piaceva affrettare le cose, ma era certo che potesse esserci affinità tra i due. Avevano entrambi bisogno di aprirsi, liberare ciò che sentivano, esprimersi al meglio, e aiutandosi a vicenda forse ci sarebbero riusciti.
Si susseguirono attimi di silenzio quando chiuse la porta, entrambi guardavano ovunque tranne che negli occhi dell'altro; forse era il disagio, in parte timidezza, un po' non lo sapevano.
«Hai mai mangiato un hamburger di One For All?»
Todoroki gli rivolse finalmente uno sguardo e si soffermó ad osservarlo per un po'. In quelle condizioni era estremamente tenero: le sue lentiggini erano particolarmente belle e le sue guance rossastre e apparentemente morbide. Poi rispose.
«No, perché?»
«Potremmo andarci insieme un giorno» rispose prontamente l'altro. «C-cioé, se vuoi, insomma io non-»
«Tranquillo, Midoriya. Per me va bene» gli sorrise, cosa alquanto insolita da parte sua, ma a Bakugo avrebbe certamente fatto piacere: era bello vederlo sorridere.

«È stata davvero una bella giornata, ti ringrazio» affermó sullo stipite della porta pronto a tornare nel suo appartamento.
«Te lo riproporró, allora» replicó l'altro aggiungendo a quella frase un perfetto occhiolino, al che entrambi si lasciarono scappare una lieve risata.
«Aspetteró l'invito. - sorrise - Buonanotte, Todoroki»
«Buonanotte, Midoriya»

È stata una giornata felice, e se dovessi attribuirle un colore, sicuramente sarebbe il giallo. Non so esattamente il perché, ma quando ho pensato a questa sensazione, nella mia mente è apparso un cuore di quella tonalità.

Todoroki è misterioso, difficile da decifrare, non riesco a capire cosa gli passi per la testa ogni volta che lo guardo.
Ha una strana personalità nonostante non l'abbia messa particolarmente in risalto oggi, ma mi attira.
È una di quelle persone di cui vorresti sapere tutto, vorresti conoscerla come la tua canzone preferita o il libro che hai letto più volte in tutta la tua vita.
Ha una voce tranquilla, soave, rilassante, bella. Due occhi favolosi, azzurro e grigio, mare e tempesta in un solo sguardo.
Il mare è tranquillità, una distesa d'acqua azzurra che rappresenta una vastità di cose che ancora non sai ma che vorresti scoprire.
Le onde, invece, rappresentano la confusione che, infrangendosi sugli scogli, infrange anche ogni pensiero, portandolo a formarsi ancora, e ancora, e ancora dall'inizio.
I suoi capelli, candidi come la neve e rossi come una fiamma ardente. Una combinazione perfetta ma con due significati a parer mio opposti.
Opposti, eh?

E poi chiuse il diario. Perché stava scrivendo di Todoroki?

𝐈𝐥 𝐦𝐢𝐨 𝐯𝐢𝐜𝐢𝐧𝐨 𝐝𝐢 𝐜𝐚𝐬𝐚 | 𝖳𝗈𝖽𝗈𝖽𝖾𝗄𝗎Where stories live. Discover now