𝗊𝗎𝖺𝗍𝗍𝗈𝗋𝖽𝗂𝖼𝗂.

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Gone Gone Gone - Philiph Philiphs
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«Tu mi piaci»
«Anche tu» avrebbe voluto dire, eppure, di fronte a tale dichiarazione, restó in silenzio.
Non aveva dato una risposta di alcun tipo, e l'aria che li circondava era colma di tensione e nervosismo.
Sapeva che, se non avesse fatto qualcosa, il loro rapporto avrebbe subito pian piano cambiamenti, ma in quel momento il mondo si era come bloccato e il suo cervello era andato in tilt.
Non si era mai trovato in una simile situazione e non sapeva come comportarsi, né cosa dire. Quella risposta sarebbe certamente stata la scelta più sicura, ma non era solo a causa dell'ansia che aveva trattenuto ogni parola e sensazione in gola.
Aveva paura. Di una delusione, di rovinare tutto, di dire parole sbagliate. Aveva paura di così tante cose, che spiegarle avrebbe richiesto troppo tempo. Aveva paura di così tante cose, che neanche sapeva come esprimersi.

Quella sera non parlarono più se non per salutarsi.
Il silenzio, invece, precedentemente era stato rotto da Midoriya che aveva ricominciato a suonare. Shoto non era sicuro di aver riconosciuto la canzone, ma era certo fosse dei Green Day.
«È il caso che vada» affermó alzandosi, venendo seguito dall'altro che lo accompagnó all'ingresso. Questi gli donó un lieve sorriso, ma recitare non era il suo forte: chiunque si sarebbe reso conto, anche a metri di distanza, di quanto quell'espressione fosse falsa e forzata.
Ma, in fondo, Todoroki cosa poteva pretendere? Come si sarebbe sentito se fosse stato al posto di Midoriya?
Poteva solo immaginare un simile dolore, ma si sentiva tremendamente in colpa.
“Devo assolutamente parlargli” disse tra sé e sé poco prima che l'autobus si fermasse.
Era la sua fermata, e se non avesse visto i suoi compagni scendere probabilmente sarebbe rimasto dentro.

Generalmente non cercava conforto tra le braccia di altri, né parole di sostegno, ma aveva bisogno di un amico e di parlare con qualcuno. Per questo cercava Bakugo, la sua spalla, la sua forza, il suo migliore amico.
«Ho bisogno di te» disse non appena scorse i suoi folti capelli biondi vicino un albero. Fortunatamente era solo, perciò non dovette afferarlo per un polso, trascinarlo con sé e condurlo in un luogo appartato, dove nessuno li avrebbe potuti vedere o sentire.
«Sono un idiota»
Bakugo si stupì nel vederlo così. Non era mai stato tanto critico nei propri confronti, e allo stesso modo non lo aveva mai sentito parlare in maniera così diretta. Solo tre parole suscitarono in lui voglia di sapere cosa lo tormentasse. Solo tre parole, che tuttavia non bastavano.
«Che è successo?» domandó.
«Sono rimasto in silenzio» disse.
L'altro lo guardó confuso, non riusciva a capire, chiunque non ci sarebbe riuscito.
Il bicolore volse lo sguardo altrove e lo vide. Rideva insieme a Uraraka, ma non era certo fosse una risata vera.
Parlava cercando di nascondere i suoi pensieri più profondi ma al centro di essi c'era lui, quel ragazzo dai capelli rossi e bianchi.
Sperava di sentirsi bene, ma sentiva nuovamente di aver fallito.
«Che hai fatto?» domandó ancora. E fu lì che gli raccontó tutto.

«Parlaci, no?» domandó retoricamente. Si stavano dirigendo in classe, uno di fianco all'altro, come ogni mattina.
Era convinto del fatto che, quando hai un problema con qualcuno, è sempre giusto parlarne.
Todoroki la pensava allo stesso modo, ma parlava così poco che, elaborare un discorso di senso compiuto, era difficile. E poi, che tipo di approccio avrebbe dovuto avere?
«Rilassati, amico»
Se solo fosse facile.

«Per la prossima volta svolgete tutti gli esercizi di pagina ventiquattro»
Tutti sbuffarono, eccetto Midoriya che aveva scoperto da poco quanto quella materia gli piacesse. La campanella suonó, il solito rumore assordante che segnava la fine dell'ora. Prima della seguente, i quotidiani quindici minuti di pausa.
«Andiamo da Todoroki e Bakugo?» gli chiese Uraraka alle spalle. Le sorrise, ma disse: «Va pure se vuoi, io ho bisogno di prendere un po' d'aria» per poi lasciarla lì e dirigersi in corridoio.
Suo malgrado, però, per raggiungere l'esterno sarebbe dovuto passare davanti alla classe dei due, perció sperava che non lo stessero attendendo sull'uscio della porta, come facevano ormai ogni giorno.
Purtroppo per lui non fu così.
«Broccoletto, - lo richiamó il biondo - vieni qua»
«Scusami, sto andando fuori. Ci vediamo dopo» taglió corto, cercando in ogni modo di non incontrare quegli occhi eterocromatici che avrebbe guardato per tutto il tempo possibile.

𝐈𝐥 𝐦𝐢𝐨 𝐯𝐢𝐜𝐢𝐧𝐨 𝐝𝐢 𝐜𝐚𝐬𝐚 | 𝖳𝗈𝖽𝗈𝖽𝖾𝗄𝗎Where stories live. Discover now