𝗌𝖾𝗂.

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Jerk It Out - Caesars
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Izuku la definì una bella giornata quella che stava giungendo a termine; il pranzo con i suoi compagni aveva distolto quello sconosciuto ragazzo dalla sua mente per un po', e la spensieratezza che per tutto il giorno aveva percepito in corpo, ora era il motivo per cui stava sorridendo guardando le stelle, affacciato alla finestra, che mostrava il ciel sereno in tutto il suo splendore. Ciò che lo circondava non era sparito, ma egli non gli stava dando importanza, perchè troppo preso da quello spettacolo che stava ammirando come se fosse la prima volta. Lo osservava studiandone ogni dettaglio, cercava di unire quei "puntini" per disegnare qualcosa che ancora era a lui ignota, lo ammirava come se fosse la cosa più bella che sia mai stata creata; come avrebbe voluto essere guardato da qualcuno, con gli occhi dell'amore. Quello che i suoi genitori non gli avevano mai fatto mancare non lo aveva mai dato per scontato, ma voleva sperimentare una nuova e diversa forma d'amore, che molti avevano provato sulla propria pelle ma che lui ancora non conosceva.

Nessun rumore disturbava la sua quiete, le macchine non circolavano a quella tarda ora serale e non c'erano gruppi di persone che percorrevano i marciapiedi. Era una serata perfetta, c'era un atmosfera perfetta e anche l'ambiente era considerato dal verde perfetto; tutto era dove e come doveva essere, mancava solo la giusta compagnia, la giusta persona con cui trascorrere quelle poche ore. Sognava di mangiare con qualcuno schifezze di ogni tipo, seduti sul divano uno di fianco all'altro con un cartone di pizza posizionato al centro del tavolo, con un film proiettato in tv, per poi, infine, addormentarsi insieme e risvegliarsi la mattina seguente nel medesimo modo. Amava fantasticare, pur essendo consapevole che si trattava di qualcosa che sarebbe stata viva solo tra i suoi pensieri, come era sempre stato fino a quel momento.

Erano, però, ormai le ventidue e il sonno già si faceva sentire; così, dopo un lungo sospiro, si allontanò dalla finestra e si diresse verso la porta d'ingresso: da sempre aveva l'abitudine di controllare che questa fosse chiusa, lo faceva sin da bambino prima di andare a letto o quando, svegliandosi in piena notte, si faceva pervadere dall'ansia che essa fosse aperta. Tuttavia, però, un'inaspettata sorpresa gli si presentò sotto i piedi nel giro di pochi secondi: erano passati due giorni, ed una risposta a cui aveva appena smesso di sperare giunse nella sua casa in quel preciso istante, una lettera che non era quasi certo fosse davvero lì. Si precipitò verso la porta e la aprì, sperava di poterlo vedere, ma l'unica cosa che vide fu la dimora dell'altro venir chiusa. Rassegnato rientrò e, come d'abitudine, si chiuse definitivamente, per quella sera, nella sua piccola e accogliente tana.

Raccolse il foglio da terra, ripiegato quattro volte su sé stesso, e a passo lento tornó nella sua stanza, dove il suo letto lo aspettava. Si distese su di esso e si sistemó, alla ricerca di una posizione che potesse considerare abbastanza comoda; dopodiché, passati diversi minuti e provate differenti pose si decise a leggere il contenuto di quella lettera che tanto si era fatta attendere; tuttavia, non lo avrebbe ammesso facilmente, era da sempre troppo orgoglioso di fronte a determinate cose. La aprì carico d'ansia e paura, temeva in una risposta negativa da parte dell'altro vista quella sua lettera di cui ancora si pentiva e per la quale aveva solo voglia di sprofondare per l'imbarazzo da essa causato.

"Simpatica la tua breve lettera, dico davvero; vorrei poter dire lo stesso di te.
Capisco il tuo non saper che dire, non sei certamente il solo dal momento che hai a che fare con uno che nei dialoghi è un perfetto incompetente. Ma insomma, da qualche parte si dovrà pur cominciare, e anche se indirettamente lo farò io. Come già sai, mi chiamo Todoroki Shoto. Ho diciassette anni, frequento il terzo anno alla UA, amo la matematica e le materie d'indirizzo (scientifiche). Mi piace il silenzio, non amo il contatto fisico ma a volte faccio eccezioni, vivo da solo e ho pochi amici; gioco a pallavolo sin da quando avevo sei anni. È la mia più grande passione, non mi è mai passato per la mente di cambiare o abbandonare e mai lo farò. È il mio punto di riferimento, mi sento a casa quando metto piede in campo. Sono alto, non tantissimo ma abbastanza, ho dei capelli strani, colorati per metà di bianco e per metà rossi (sono naturali, giuro), e lo stesso si può dire dei miei occhi, uno azzurro e l'altro grigio.
Beh no, non sono la persona migliore in grado di fare questo genere di cose e forse dovrei parlare in altri momenti della pallavolo ma, come già detto, da qualche parte si doveva pur cominciare, quindi eccomi qua. Parlami di te, sempre se ti va.

𝐈𝐥 𝐦𝐢𝐨 𝐯𝐢𝐜𝐢𝐧𝐨 𝐝𝐢 𝐜𝐚𝐬𝐚 | 𝖳𝗈𝖽𝗈𝖽𝖾𝗄𝗎Where stories live. Discover now