trentasei.

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Where'd All the Time Go? - Dr. Dog
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«Tornerai mai a vivere in quella casa?»
«Non lo so»

In fondo, per quanto colma di tristi e brutti momenti, ricordi che desiderava ardentemente cancellare, quella restava pur sempre la casa che per prima lo aveva accolto, nella quale aveva mosso i suoi primi passi ed era cresciuto.
Non la amava, e ogni volta che ci entrava, le sue urla e quelle di sua madre gli risuonavano nelle orecchie, come a volergli ricordare che, nonostante tutto fosse finito, ciò che era stato era ormai indelebile, per sempre inciso sulla loro pelle.
Ma voleva davvero ricostruire dei ricordi, per cui, prima o poi, avrebbe dovuto rimettere piede in quella casa che lo aveva tanto fatto soffrire, farsi forza e ricominciare. Non avrebbe fatto finta di niente, non avrebbe mai potuto, ma avrebbe sperato con tutto il cuore, che la memoria di ciò che era stato si allontanasse pian piano, andandosi a rinchiudere in qualche scatolone che sarebbe finito in un angolo sconosciuto e nascosto nella mente di Shoto.
Vivere senza un padre non era mai stato facile per lui, che era agli occhi di tutti il più forte, ma dentro di sé il più fragile.

Ora, accanto a lui, c'era Izuku, preso dal film che avevano scelto di guardare nel suo appartamento, distesi sul divano. Come sempre, si era perso ad osservare i suoi lineamenti, a contare le lentiggini sul suo volto e a contemplare il suo occhio sinistro, che in quel momento era l'unico che poteva ammirare dalla sua posizione.
Gli sembrava un angelo caduto dal cielo, quel qualcuno che arriva nella tua vita dal nulla e te la sconvolge, in ogni senso. Aveva sempre avuto bisogno di qualcuno di così speciale nella sua vita, e il fatto che ci fosse Izuku era, in parte, surreale per lui. Nonostante, infatti, fossero passati mesi dal loro primo incontro, quando lo guardava, Shoto si sentiva come fosse la prima volta, e la voglia di scambiarsi quelle lettere con lui era così viva come fosse la prima volta.

D'altro canto, anche Izuku aveva bisogno di lui.
Sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo, di nuove forme d'amore, di qualcuno disposto a stargli accanto sempre e comunque, nel bene e nel male, senza abbandonarlo alla prima difficoltà.
Shoto, una volta, non molto tempo prima, aveva dichiarato di averlo fatto; ma Izuku lo aveva perdonato, tanto forte era il suo amore, consapevole del fatto che, tolti quegli impedimenti che non avevano reso lineare il loro percorso, tutto sarebbe andato meglio. Ma sapeva anche che, senza di essi, nulla sarebbe stato lo stesso, e che ora erano più forti che mai.
Erano, in fondo, più simili di quanto pensassero, ed era quella similitudine, insieme a ciò che li differenziava, a rendere speciale la sintonia che li univa. 

«Shoto?»
«Mh?»
«Conosci la leggenda del filo rosso?»
«Credo di sì»
Si tratta di una leggenda cinese diffusa in Giappone, secondo la quale ogni persona, sin dalla nascita, porta un filo rosso legato al mignolo della mano sinistra, che lo lega alla propria anima gemella. Si chiama filo rosso del destino.
«Io non lo so. Non so, in effetti, perché te lo abbia chiesto»
«Credi al destino?»
«Oh, non lo so, dipende» cominció. «A scuola insegnano che, nel Medioevo, tutto accade secondo un disegno provvidenziale, e che l'uomo non può fare altro che sottostare ad esso. Col tempo, invece, dicono che l'uomo è artefice del proprio destino. Io non so cosa pensare, tu invece?»
«Secondo me il destino esiste, ma l'uomo può cambiarlo» sorrise con certezza, malgrado non sapesse se la pensasse davvero così.
«Io vorrei poterlo vedere quel filo, se esiste davvero. Vorrei sapere se io e te... beh, ecco-»
«In parte vorrei saperlo anch'io, sai?» disse. «Ma, d'altra parte, se lo sapessi, non mi godrei al massimo ogni momento con te, quindi preferisco non saperlo»
«Ho paura di perderti»
«Non mi perderai. - gli accarezzó il capo - «E se mai dovesse accadere, sarò l'artefice del mio destino e cercherò sempre di ritrovarti»
«Se il filo dovesse spezzarsi, mi prometti che lo legheremo ancora alle nostre dita?»
«Assolutamente si»

«Tra due anni, invece, studierai il mito della metà. Ed io lo trovo bellissimo» spiegó Shoto al più piccolo.
«Oh, lo conosco già» sorrise quest'ultimo. «Ma, se hai voglia di spiegarmelo, ti ascolto»
«Secondo questo mito, un tempo, c'erano tre tipi di esseri umani: uomo-uomo, donna-donna, uomo-donna; gli androgini.
Un giorno decisero di attaccare Zeus che, temendone la forza, decise di tagliarli a metà. Da allora, quindi, le due metà vagano alla ricerca della parte mancante, e saranno infelici finché non l'avranno ritrovata»
«Secondo te, alcune di quelle metà si sono mai ritrovate?»
«A me piace pensare che quelle metà siamo noi esseri umani. Nessuno, in fondo, può vivere senza amore, quindi lo ricerchiamo continuamente» puntó lo sguardo al soffitto. «Magari, tra quelle metà, ci siamo noi due e non lo sappiamo. Magari ci siamo trovati senza volerlo»
«Mi piace pensare anche questo»
«Arrivo subito» disse Izuku alzandosi dal divano e uscendo, recandosi probabilmente nel suo appartamento.

Quando tornó, tra le mani aveva la sua chitarra, con la quale si sedette nuovamente, la sistemó e cominció a pizzicarne le corde.
«Ti va?» domandó al bicolore.
«Solo se è la nostra canzone»
«Ce ne sono tante che potrei definire 'nostra canzone', sai?» disse guardandolo con un briciolo di imbarazzo negli occhi.
Quindi afferró il cellulare e aprì Spotify.
«Devi sapere - ridacchió - che mi diverto a creare playlist, e ne ho fatta una per te. Ci sono canzoni che mi fanno pensare a te e che-»
«Ho capito» gli sorrise. «Suona tutto ciò che vuoi. Io ti ascolto»

E così Fix you, Hey Jude, Amazed, Wish You Were Here,  e tante altre senza mai stancarsi. Ogni canzone cantata terminava con un sorriso da parte di entrambi e un bacio sincero, un piccolo contato tanto voluto e ricercato che faceva rabbrividire ogni volta entrambi.

«Ti amo, Todoroki Shoto»
«Ti amo, Midoriya Izuku»
«E ti sono grato per tutto ciò che è stato»
«Ogni momento passato e tutto ciò che verrà»
«Sempre»
«Sempre»

E tra una canzone e l'altra, ecco un'altra notte andar via.
Per sempre memorabile.

Non mi va di andare in discoteca
A meno che non guidi tu
Perché stasera ho preso
Già una brutta piega
Io le ho scritto e lei non rispondeva
Forse era meglio un buco in vena
E sai che in queste cose ho sempre fatto pena
Odio la riviera
E quel coglione col Carrera
La sua faccia mentre guida
E la sua musica leggera
Tu che fai la scema
E pensi che lui ti completa
Io stanotte vado a letto senza cena

E te ne vai al mare
E poi mi mangi il cuore
Non è sangue, ma ripieno all'amarena
Notte di luna piena
Vampiri alla mia schiena
E te ne vai al mare
E poi mi mangi il cuore
Non è sangue, ma ripieno all'amarena
Notte di luna piena
Vampiri alla mia schiena

A volte l'amore ti lascia un po' di segni sulla faccia
Hai messo il rossetto, sembrava come sangue sulle labbra
E tutti questi sassi nelle scarpe sono diventati sabbia
Perché sto in giro a cercarti da una notte intera
Chi ti ama ti segua
Ma a te nemmeno te ne frega

Odio la riviera
E quel coglione col Carrera
La sua giacca e la camicia
Il tuo abito da sera
Tu che fai la scema
E pensi che lui ti completa
Io stanotte vado a letto senza cena

E te ne vai al mare
E poi mi mangi il cuore
Non è sangue, ma ripieno all'amarena
Notte di luna piena
Vampiri alla mia schiena
E te ne vai al mare
E poi mi mangi il cuore
Non è sangue, ma ripieno all'amarena
Notte di luna piena
Vampiri alla mia schiena

Sbuffo nuvole sopra il telefono
Sigarette come caramelle
Una dietro l'altra
Lei neanche mi guarda, mhm-mhm-mhm
Prima ti cercavo, adesso ti evito
Tornerò da solo come sempre
Con la faccia bianca
E il cuore che non batte più

E te ne vai al mare
E poi mi mangi il cuore
Non è sangue, ma ripieno all'amarena
Notte di luna piena
Vampiri alla mia schiena
E te ne vai al mare
E poi mi mangi il cuore
Non è sangue, ma ripieno all'amarena
Notte di luna piena
Vampiri alla mia schiena

THE END :)

𝐈𝐥 𝐦𝐢𝐨 𝐯𝐢𝐜𝐢𝐧𝐨 𝐝𝐢 𝐜𝐚𝐬𝐚 | 𝖳𝗈𝖽𝗈𝖽𝖾𝗄𝗎Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora