𝖼𝗂𝗇𝗊𝗎𝖾.

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Safe and Sound - Capital Cities
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Il solito colpo secco della porta bastava a far capire che quest'ultima fosse stata chiusa, ma era sempre difficile per gli abitanti del condominio comprendere la forza impiegata nel movimento compiuto, visto l'alto volume che riecheggiava tra le gradinate per almeno cinque volte. Izuku giaceva in quel momento sul divano, situato di fronte alla televisione, dopo esser tornato a scuola dopo una stancante giornata; sei ore di scuola erano stressanti per lui, soprattutto se si trattava di quella professoressa che, purtroppo, ogni mercoledì era costretto a vedere per ben tre ore di fila. Le sue materie non gli dispiacevano affatto, ma non approvava il modo di spiegare della docente; inoltre, come se non bastasse, non nutriva tanta simpatia nei suoi confronti. Il suo metodo di insegnamento, sempre se così fosse degno d'esser chiamato, consisteva nel leggere di pari passo quanto scritto sul libro e aggiungere informazioni già presenti nel testo dandole per assenti; era evidente che non amasse il suo mestiere, ma nessuno si spiegava il perché. Probabilmente non le era mai stato chiesto da nessuno a causa di quel coraggio che a tutti mancava.

I docenti non avevano rilasciato compiti per il giorno seguente, non che Izuku ricordasse, poiché preferiva anticipare quanto poteva quando poteva, motivo per cui aveva spesso momenti liberi, durante i quali si dedicava a ciò che amava fare o semplicemente si rilassava. La serie che fino a qualche momento prima stava guardando, ora era solo un sottofondo: non aveva catturato a pieno la sua attenzione, infatti il giovane ora era lì, a muovere le dita sullo schermo del cellulare. Utilizzava poco i social, non amava condividere ogni cosa che faceva come parte dei suoi coetanei, né tanto meno amava vedere cosa questi facessero; potremmo dire che, talvolta, tendeva ad auto-escludersi dalla realtà in cui viveva, fatta per lo più di tecnologia, che a differenza di altri lui non amava così tanto. Non la riteneva inutile, ma descriveva eccessivo l'utilizzo fatto da molti.

Quando si alzó dal divano si recó nella sua stanza, consapevole di non aver per nulla rimosso dalla sua mente il pensiero di quella lettera da scrivere. Erano passati due giorni ma sembravano essere un'eternità; aveva provato a prendere tra le mani carta e penna, ma i suoi pensieri parvero sempre essere offuscati, e le idee per scrivere mancavano. Così, infine, si disse «Scrivo di getto, chi se ne frega di cosa ne esce fuori; in fondo non mi conosce, non mi ha mai visto, non puoi giudicarmi attraverso semplici pezzi di carta». Afferró così ciò che occorreva e deciso cominció ad esternare i primi pensieri che gli passavano per la testa.

"Ciao Todoroki, perdonami se ti rispondo solo ora, ma ero a corto di idee e non sapevo se un'altra lettera sarebbe stata ben accolta come la prima; ma insomma, se la stai leggendo è perché ho deciso di scriverne una seconda, perciò eccoci qua. Non so esattamente cosa dire, devo essere sincero, ma mi sembrava scortese lasciarti a mani vuote, sempre se così possiamo dire. Di persona sono più impacciato di quanto sembra, quindi dalle lettere riesco a trarre qualche piccolo vantaggio :)
Beh si, immagino che tu stia solo perdendo tempo leggendo queste righe, nonostante siano poche. Ti chiedo scusa, mi dispiace averti disturbato. Non sentirti costretto a rispondermi. Ciao!

Midoriya Izuku"

Anch'essa, come la prima, finì sotto il lieve spessore che si veniva a creare tra la porta della casa di quel Todoroki Shoto e il pavimento e, a fatti compiuti, il verde corse in casa in preda all'ansia, ma soprattutto alla vergogna. «Idiota, ecco cosa sei» non faceva che ripetersi camminando avanti e indietro lungo il corridoio. «Che razza di lettera è?» continuava, contraddicendo il pensiero avuto prima di scrivere. «Chi se ne frega? Io, ecco chi». Ormai era fatta, che senso aveva disperarsi ancora? E poi, sperava in un'altra risposta o no? No, non ne sarebbe mai arrivata un'altra ed era meglio così; era sicuramente apparso così ridicolo agli occhi dell'altro, di cui a stento sapeva ancora solo il nome, che di certo non avrebbe dovuto sperare in altro. Come mai gli importava così tanto di un estraneo? Non sapeva darsi una risposta. Forse perché non era mai stato circondato da veri amici o da persone che tenevano realmente a lui. Voleva conoscerlo sì, ma se avesse sbagliato ancora? No, era consapevole di averlo già fatto, era convinto di aver perso in partenza a causa di quella banale lettera appena spedita.

𝐈𝐥 𝐦𝐢𝐨 𝐯𝐢𝐜𝐢𝐧𝐨 𝐝𝐢 𝐜𝐚𝐬𝐚 | 𝖳𝗈𝖽𝗈𝖽𝖾𝗄𝗎Tahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon