6.2 Silenzio

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Non poteva credere di averlo fatto sul serio

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Non poteva credere di averlo fatto sul serio. Anche ora che era fuori dal refettorio, già nell'atrio circolare e diretta verso il piano superiore, le sembrava assurdo: aveva preso il piatto di Jesse, si era alzata dal tavolo senza dare spiegazioni e se n'era andata.

In quelle occasioni, non disdegnava l'essere diventata Guardiana: poteva fare ciò che voleva senza che nessuno osasse riprenderla.

L'arco da imboccare era sulla sinistra, in linea obliqua rispetto a quello da cui proveniva Chandra. Seguì quella direzione per raggiungerlo.

Camminò spedita, senza mai abbassare lo sguardo al mosaico che stava calpestando – se avesse visto di nuovo quei Sole e Luna nudi abbracciati, avrebbe avuto una crisi isterica.

Arrivata sotto la soglia del cornicione in legno, si fermò.

Davanti a lei, si affacciava il dormitorio dei monaci del Sole, con le sue diramazioni secondarie più strette. E alla sua fine, in linea a Chandra parallela, c'era proprio quella porta.

Le ginocchia le tremarono.

Chandra valutò l'opzione di fare retromarcia, tornarsene agli alloggi del Guardiano e gettare la porzione di pasticcio extra nella pattumiera.

Ma si riprese subito, scuotendo la testa: aveva una missione da compiere.

Facendosi forza, fece un piccolo passo, poi un altro, e poi un altro ancora, finché i passi si susseguirono l'un all'altro in totale autonomia.

Lo aveva attraversato milioni di volte durante i mesi trascorsi da accolita: non c'era nulla da temere. Tutti i ricordi che lampeggiavano fra le pareti anguste erano solo dettagli insulsi e da superare.

Avrebbe dovuto svoltare a sinistra, verso la scalinata che portava alle camerate della Luna; tuttavia, sentì il bisogno di fare una sosta e fermò le gambe.

La stanza dell'accolito del Sole le si era palesata davanti.

Quanti ricordi, sia belli che brutti, celava al suo interno: era lì che Chandra aveva Curato Arthur quando si era preso la febbre per lei, era lì che avevano chiarito i termini del loro piccolo accordo, ed era sempre lì che avevano consumato il loro amore.

Chandra maledì il piatto e la forchetta che le stavano occupando le mani. Ora come avrebbe fermato la lacrima solitaria che le stava rigando il viso? Non c'era modo, non senza buttare tutto per terra e far prendere polvere al pasticcio.

Per evitare che ne sgorgassero altre, alzò gli occhi al soffitto e prese a inspirare profondamente, schiacciando la lingua sul palato.

Non poteva mettersi a piangere: avrebbe tradito calma e fermezza, le sue alleate principali – o aspiranti tali – per il compito che si era prefissata.

Espirò e abbassò il viso.

Aveva ricacciato il pianto all'interno del suo cuore, dov'era giusto che restasse.

Come Acqua e FuocoWhere stories live. Discover now