8. Gennaio

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Da quando Chandra era diventata Guardiana, non si era mai concessa un attimo di pausa

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Da quando Chandra era diventata Guardiana, non si era mai concessa un attimo di pausa. Per lei era quasi assurdo essere in giardino quella notte, seduta sul muretto della fontana, a godersi lo spettacolo invernale.

Aveva fioccato durante l'ora di cena; l'erba era stata del tutto nascosta dal bianco e i rami spogli degli alberi da frutto minacciavano di spezzarsi da un momento all'altro sotto i cumuli di neve.

Chandra si era attrezzata a dovere per l'occasione: aveva portato una coperta vecchia per separarsi dalla pietra umidiccia, un maglione di almeno due taglie più grande per proteggersi dal freddo e del latte caldo per sollevarsi l'umore.

Svitò il tappo del thermos. Dopo averlo riempito fino all'orlo, se lo portò alle labbra e lo consumò tutto d'un fiato.

Si leccò le labbra. Ne voleva ancora.

Si beò di un altro lungo sorso.

I sortilegi legati all'umore facevano parte di una branca della magia d'Acqua da cui, in genere, Chandra si teneva lontana. Ci voleva troppo per incantare l'elemento, perché non era puro ma sporcato da altre sostanze, e ciò che si otteneva era un misero palliativo di un paio d'ore. Sopprimere le emozioni negative, difatti, aveva sempre un prezzo; questo si presentava tanto più caro quanto era stato massiccio il consumo della bevanda.

Con l'esperienza avuta la notte della sua consacrazione a Guardiana, quando l'effetto del tè somministratole prima del rito l'aveva abbandonata nelle sue stanze, non avrebbe mai dovuto riaffidarsi a quel genere di incantesimi. Se stava facendo un'eccezione era soltanto perché gli eventi della mattinata trascorsa a Héos continuavano a girarle in testa. E lei non ce la faceva più a vedere la faccia della Le Gall tutte le volte che chiudeva le palpebre.

Chandra continuava a ripetersi di non aver fatto alcun errore di giudizio e che tenere gli incantatori epurati il più lontano possibile dai due Ordini era la scelta più sensata, ma niente le toglieva l'immagine dell'eclissi carbonizzata, svettante sulla fronte della ragazza, dalla testa. Non era neanche riuscita a buttare il bigliettino datole da Alhena, per un motivo ben poco chiaro persino a lei.

Bevve un terzo e più profondo sorso di latte.

Aveva fatto la scelta più logica e ponderata. Non avrebbe potuto aiutare i figli degli epurati con la grippe che li aveva colpiti neanche volendo: i doveri verso la Luna la tenevano con le mani legate.

Un cigolio attirò la sua attenzione. Chandra si volse al cancello.

Dundra era appena tornato in Monastero, dopo aver passato la sera a diffondere chissà che maldicenze sul conto delle Noyer. Faceva sempre così dall'inizio del mandato: dava i compiti ai monaci, seguiva in silenzio i battibecchi fra Guardiana e Reverendo del Sole durante gli incontri quotidiani e poi passava ad ascoltare i fedeli nelle loro case, senza mai condividere i loro desideri con chi di dovere.

Chandra abbassò lo sguardo. Lei, di contro, faceva di tutto per non restare mai da sola col Reverendo della Luna: aspettava sempre l'arrivo di Jesse prima di iniziare le riunioni ed entrava in refettorio sempre per ultima. Purtroppo, quella volta, sarebbe stato impossibile evitare Dundra: il vialetto principale seguiva una linea retta e Chandra si trovava in mezzo.

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