13.2 Ile-et-Vilaine

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«Scusami, mia figlia Elara aveva bisogno di parlare

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«Scusami, mia figlia Elara aveva bisogno di parlare.» La donna rimase in piedi davanti alla porta scorrevole, a fissare Arthur dritto negli occhi.

«Non.. non fa niente, signora.»

Lucine scoccò un'occhiata al marito; Deimos guardava il fondo della tazza. «Arthur, ti dispiacerebbe venire al piano di sopra con me?»

«Certo, signora.» Arthur si alzò dalla sedia e la seguì fuori dalla cucina. Avrebbe preferito che ci fosse stato Deimos con loro, una presenza che gli trasmetteva molta più sicurezza rispetto a Lucine; ma l'uomo Noyer sembrava perso nei suoi pensieri, e forse era giusto lasciargli un momento per se stesso senza dover rendere conto a nessuno.

Nel più rigido dei silenzi, Arthur stette al passo di Lucine senza che questa si voltasse mai a guardarlo. Non capiva dove lo stesse portando, né perché avesse l'urgenza di parlargli in un luogo diverso dalla cucina o dal salotto, ma la lasciò fare e salì le scale alle sue spalle.

Al piano superiore, tuttavia, l'attenzione di Arthur venne calamitata da una foto sul mobile all'ingresso del corridoio. Ritraeva una bambina dai capelli argentati, tirati su da uno chignon ordinato, e con un tutù rosa indosso. Chandra.

«Ha studiato danza classica in una scuola degli Altri, per qualche anno.» Lucine gli arrivò di fianco, con un sorriso deprimente a far da padrone sul viso. «La maestra diceva che aveva tutte le doti fisiche necessarie per essere una buona ballerina.»

Arthur annuì e tornò a guardare la foto. Chandra non gli aveva mai raccontato di aver fatto danza da bambina, ribadendo più e più volte di essere sempre stata negata per lo sport. Però c'era da ammettere che era molto tenera in versione ballerina, con quell'incisivo mancante in bella vista.

«Quanti anni aveva, qui?»

«Sei anni.» Lucine in mano prese la cornicetta. «Ha smesso di ballare a nove.»

«Come mai?» osò chiedere Arthur, pur non sapendo se fosse il caso.

«Voleva dedicare più tempo ai libri e agli incantesimi», rispose Lucine, poggiando il portafoto sul mobile. Poi si schiarì la gola e gli fece segno di seguirla verso la prima porta a sinistra.

Camera di Chandra. Lucine Noyer aveva appena portato lui, Arthur Leblanc, fedele del Sole, in camera di sua figlia Chandra.

Arthur rimase al centro della stanza, osservando quell'armonia ordinata di bianco e verde creata dall'insieme dei mobili, mentre Lucine lisciava la coperta del letto a baldacchino – come se ce ne fosse bisogno, dato che lì dentro non c'era una singola nota fuori posto.

«Ho sempre voluto il meglio per le mie figlie», esordì Lucine, cercando e trovando lo sguardo di Arthur. «Non ho mai agito contro i loro interessi.»

Arthur si vide costretto ad annuire in silenzio, senza dare un'effettiva risposta. Purtroppo, a lui non era mai stata data un'immagine positiva di Lucine o della sua tendenza a decidere per le figlie: Chandra l'aveva sempre dipinta come la dittatrice di casa Noyer, mossa dal desiderio di risplendere agli occhi della comunità.

Come Acqua e FuocoWhere stories live. Discover now