Hugo

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Ecco palesatosi il motivo del perché non deve starmi vicino.
Non ha bisogno di stare male e sapere che ne sono io la causa mi fa morire dentro.
Questa mattina doveva essere diverso, avrei voluto riabbracciarla di nuovo appena sceso da quell'auto, farle capire che stanotte sono stato bene e dirle che ero andato via stamattina presto per potermi preparare per l'ufficio e non l'ho voluta svegliare.
Invece per la seconda volta in due giorni Anna ha rovinato tutto, e quando la vedo su quella panchina con la mano sul petto e il respiro corto vorrei solo correre da lei per stringerla forte e spiegarle che ciò che è appena successo ha dato fastidio a lei quanto a me. Ho spinto Anna che è risalita in auto subito ma non ho fatto in tempo a raggiungere Carrie, ho provato a chiamarla ma Marco mi ha detto di darle tempo.
Non voglio essere io la causa del suo malessere, non voglio che pianga per me, che soffra per me.
Non se lo merita e se prima questa specie di puzzle che stavamo costruendo aveva almeno la cornice costruita ora è completamente divelto a terra e abbiamo perso la metà dei pezzi.
Serve tempo ma lo sto distruggendo, la sto distruggendo.
Quando sono a pochi passi da lei le vedo gli occhi rossi ma li copre all'istante con gli occhiali da sole.
Si alza di scatto, penso che ora mi arriverà un sonoro schiaffo.
E invece indossa l'armatura, la stessa di ogni giorno e aggiunge un altro macigno nell'animo che si unisce al resto e sorride.
Propone un caffè e io berrei del cianuro piuttosto che vederla così.
Al bar stiamo lontani ma cerco di percepire ogni movimento, ogni parola che dice per capire se sta per cedere alla rabbia o alla tristezza, ma nulla.
Il sorriso rinforza il suo scudo e quel sorriso il mio lo disintegra.
Non ho mai dormito con nessuna donna dopo Anna come stanotte.
Certo, le tante ragazze che si susseguono nel letto provano ad accoccolarsi, ma di certo non sono io a chiedere di abbracciarle e non rimango in quella posizione tutta la notte, come questa notte.
É questo che le avrei detto prima, è questo che ora meriterebbe il suo sorriso, uno vero ed autentico.
Entriamo in ufficio e ognuno va per la sua strada prendendo due ascensori diversi.
Sono seduto insieme agli altri nella sala conferenze, credo di essere qua da un'ora ma non ho captato e sentito una sola parola.
Il mio pensiero è al suo piano, sapere se è crollata, se sta passando una brutta giornata a causa mia.
Vorrei farmi perdonare, dirle che stanotte replicherei il nostro momento, mi vorrei solo riaddormentare con lei.
Le ore passano, e non l'ho incrociata neanche quando sono andato nel suo piano per dei documenti. Ci speravo, ma la scrivania era vuota anche se cappotto e borsa erano là.
Poi come un fulmine papà mi comunica che stasera ha organizzato un evento qua in ufficio per festeggiare i successi della settimana e spero davvero che Carrie venga.
Fortunatamente ho sempre un cambio d'abito in ufficio e riesco a darmi una sistemata nel mio bagno personale per evitare di tornare a casa.
Alle 19 vado al secondo piano dove si svolgerà la serata, la sala mensa è stata allestita in maniera impeccabile.
Mi ha appena scritto Marco, "Stiamo arrivando" e spero che quel plurale possa voler dire ciò che penso.
Dopo quindici minuti vedo Marco, mi sono messo lontano dall'ingresso proprio per evitare l'impatto di imbarazzo sulla porta.
Sophie lo segue in un bellissimo vestito rosso lungo, poi vedo spuntare dei capelli biondi.
Ha un body rosso con un'ampia scollatura, dei jeans neri e scarpe rosse con poco tacco.
Il rossetto rosso le sta benissimo ma gli occhi non sono i suoi, sono vitrei, senza emozione.
Si sta guardando intorno mentre segue Sophie e Marco, chissà se cerca me.
Forse ha un coltello nella scollatura e mi vuole far fuori.
Si fermano nell'angolo opposto al mio. Si siedono in un tavolo dove una bottiglia è già adagiata nel cestello del ghiaccio.
Marco la stappa e le versa il vino, il primo bicchiere non lo vede neanche. Lo butta giù come fosse acqua e Marco ne versa ancora.
Mando un messaggio a Marco "Vacci piano, falla mangiare almeno". Lui si guarda intorno e mi nota, Carrie non se ne accorge. Si sta alzando con Sophie verso il buffet.
Menomale!
Dopo aver mangiato qualcosa la vedo andare verso le scale di emergenza, sta andando a fumare ne sono certo.
La seguo piano piano, arrivata fuori sale verso l'alto e si ferma alla prima rampa, accende una sigaretta e sospira.
Sto per raggiungerla ma sento delle ragazze arrivare quindi mi nascondo dietro il muretto accanto alla porta.
"Eccola qui, allora come va con il capo? Ti hanno già dato un aumento?"
Lei non risponde, è impassibile, continua a guardare oltre e a fumare.
Un'altra continua a parlare "Sai, ieri sera ero al cinema vicino casa vostra, l'ho visto mentre saliva in piena notte"
Poi l'ultima stronza sferra via l'ultima freccia.
"Tranquille ragazze, se tutto si conclude come il suo matrimonio il capo sarà di nuovo sulla piazza a breve"
La porta del piano di sopra si blinda, sta respirando male, corro alle scale e la afferro prima che le sue ginocchia tocchino terra e mi accascio con lei attutendo la caduta.
"Mi...fa...male...il...petto"
Ha il fiato corto, parla a fatica.
La stringo forte tra le braccia e inizio a parlarle piano all'orecchio
"Respira piano, con me. Inspira...espira.... Inspira...espira..."
Quando sento che sta funzionando le parlo ancora
"Piangi ora, devi piangere o il dolore non si placherà. Lo so..."
Il respiro le si accelera di nuovo e poi un singhiozzo, un altro segue il precedente e piano piano la sento ammorbidirsi nell'abbraccio. Solleva poco la testa e si incastra perfettamente nell'incavo del mio collo.
Restiamo così per molto tempo, le metto la mia giacca addosso quando si addormenta.
Avviso Marco che lei è con me e faccio bloccare le porte delle scale.
Non voglio nessuno qui, questo momento è solo nostro e non deve essere sulla bocca di nessuna oca che lavora qui dentro.
Quanto male che possono farsi a vicenda le donne, quanta cattiveria in quelle lingue taglienti.
Dopo circa un'ora la sento muoversi tra le mie braccia, apre gli occhi e mi guarda. Li chiude e li riapre e mi dice le esatte parole che speravo
"Ecco...è proprio così che avrei voluto svegliarmi stamattina"
A quelle parole la sollevo ancora di più verso il mio petto quasi a simulare il risveglio di questa mattina e riposo le mie labbra esattamente dov'erano. Avvicino la sua fronte alla mia bocca e la bacio.

Ti voglio vicinoWhere stories live. Discover now