Hugo

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Avrei voluto cominciare il mio turno, davvero.
Ma vederla così, in lacrime mi ha fatto dimenticare completamente il gioco.
Abbiamo iniziato a baciarci, credo di sapere esattamente cosa risponderebbe alle mie domande e non voglio che continui a pensarci, non ora.
Noi siamo esattamente questo.
Siamo lingue che si cercano, corpi che si bramano, mani che si toccano e cuori che battono.
Non so come, ma ci ritroviamo in camera senza mai aver smesso di baciarci.
Ci spogliamo a vicenda mentre le sue lacrime hanno finalmente smesso di scorrere.
Mi accarezza il petto, mi bacia sul collo e io ricambio.
Ci stiamo vivendo e credo che ora non stiamo per fare sesso, ma qualcosa di molto più vero.
Quando affondo dentro di lei avverto pace e ad ogni spinta le solite unghie hanno lasciato il posto alle sue mani che continuano, dolci, ad accarezzarmi la schiena.
Veniamo, come sempre insieme, ma le grida hanno lasciato spazio ai nostri respiri e i nostri gemiti si avvolgono tra i nostri baci.
Ci addormentiamo così, senza parlare, senza dirci nulla.
Quando apro gli occhi Carrie è nel balcone, parla al telefono e sembra preoccupata.
Non riesco a sentire ciò che dice ma le sue espressioni parlano chiare.
Quando rientra mi vede, sorride e so che maschera qualcosa ma non voglio forzarla.
Si avvicina e mi bacia, dolcemente.
La sua bocca profuma di caffè e tabacco e ansia.
Lo percepisco.
Mentre sistemiamo la stanza ricomponendo i nostri bagagli quella nuvola fitta di pensieri che la contraddistingue fa di nuovo capolino.
Si accorge che la sto fissando e si ferma.
"Devo tornare a casa. Devo tornare dai miei genitori. Ho una questione da risolvere"
La vedo combattuta e non so se porle altre domande o lasciare che sia lei, così come ora, a spiegarmi cosa succede.
In auto non parla, Jonas cerca di smorzare il silenzio senza però ricevere alcuna risposta.
In aereo sembra combattuta, mi prende la mano, poi la abbandona, mi bacia ma si ferma subito e credo che le mie parole di ieri sera abbiano scatenato tutto questo.
Lei vuole di più, io vorrei darle di più, ma non ce la faccio, maledetto passato!
O forse è semplicemente preoccupata per i suoi genitori e le mie congetture mi stanno semplicemente giocando dei brutti scherzi.
Quando atterriamo a Milano, sopra gli uffici, è già ora di pranzo.
"Ehi, ti va se ci fermiamo a pranzo qui vicino all'ufficio?"
"Mi spiace, ho bisogno di arrivare in aeroporto. Ho il volo tra due ore"
Mi si ferma il respiro e un groppo in gola mi fa visita, per la prima volta.
Ha già programmato tutto, e io continuo a non capire.
"Posso sapere che succede? Ho detto qualcosa di sbagliato? Ho fatto qualcosa di sbagliato?" Discosta lo sguardo da me come se temesse un confronto. "Piccola, guardami ti prego"
Alza lo sguardo e i suoi occhi emanano tristezza, rabbia e forse paura.
"Non ora. Scusa. Ho solo bisogno di andare a casa e risolvere alcune questioni. Quando ne saprò di più ti spiegherò tutto. Mi dispiace"
Cosa le dispiace? Mi sta abbandonando? Mi sta...lasciando?
No!
Perché non stiamo insieme effettivamente. Ed è solo colpa mia, colpa di Anna e colpa del mio cuore maledetto.
Non si fida così tanto di me dal sentirsi libera di raccontarmi ciò che sta accadendo.
La convinco almeno ad accompagnarla in aeroporto.
Mi tiene la mano sulla gamba per l'intero tragitto e continua a confondermi.
Forse un suo familiare sta male ed è più preoccupata di questo, giustamente, e non me ne vuole parlare.
Arriviamo in aeroporto con venti minuti di anticipo.
Lei prende il suo telefono e scrive alla madre per avvisarla che partirà presto.
Le rubo il telefono dalle mani prima che lo blocchi.
Compongo il mio numero e faccio partire la chiamata.
Poi vado nella rubrica e salvo il mio contatto.
In tutto questo lei tace, abbozza un leggero sorriso e sussurra un grazie, stretto tra quelle stupende labbra.
Poi inaspettatamente le sue braccia si posano sul mio collo e mi stringe, così forte da levarmi quasi il fiato.
Le prendo le guance tra le mani e la bacio, ed è lì che finalmente la ritrovo.
Le nostre lingue si riconoscono all'istante e il mio respiro si regolarizza.
Ho ancora quella morsa strana allo stomaco, non so bene cosa sia, ma sono certo che questo bacio la curerà.
Consente nel bere un ultimo caffè al bar prima di avvicinarsi ai controlli dell'aeroporto, fumiamo una sigaretta all'esterno e ci teniamo abbracciati.
La sensazione che provo è quella di un addio ma devo scacciare quest'idea dalla mia testa.
Salirei su quel volo, se solo lei me lo chiedesse.
Ma devo rispettarla, forse il mio rispetto le dimostrerà cosa sento.
Lo spero davvero.
Continuo a guardarla mentre supera i controlli, si gira verso di me ancora una volta, solo una, per mandarmi un ultimo saluto prima di scomparire nel nulla.
La fitta nello stomaco si fa più forte, ho bisogno di andare via.
Quando arrivo a casa mi avvio dritto verso la palestra.
Il sacco attende solo che io inizi a colpirlo.
Mi avvicino, lo sfioro e inaspettatamente mi ci siedo di fronte.
Una lacrima inizia a scendere, non so cosa mi sta succedendo.
Un'altra lacrima si aggiunge alla precedente e in men che non si dica le mia mani mi tengono la faccia, in una morsa, e la fitta allo stomaco aumenta.
Oh Carrie, che cosa mi hai fatto?
Prendo il telefono, devo scriverle le parole che non le ho detto, devo dirle tutto.
-Mi dispiace di non averlo fatto ieri, forse ora non sarei in questo stato. Mi manchi già, come l'aria. Io... Io ti...-
Sto per finire la frase e mi fermo.
È davvero così che voglio espormi? È davvero questo che posso credere in così pochi giorni? Il duro ragazzo che in una settimana crede di aver ripreso in mano un'intera esistenza?
Cancello tutto, e riscrivo.
-Avvisa quando atterri piccola. Buon viaggio-
E poi la vista si appanna e i miei occhi continuano ad inondarsi di lacrime.

Ti voglio vicinoWhere stories live. Discover now