Hugo

301 19 1
                                    

Clicco il suo numero sulla rubrica, non riesco a non sentire la sua voce.
Quando dall'altra parte però sento quelle poche parole il mio mondo crolla. All'istante.
"Hugo sono Roberto. Carrie ora ha di meglio da fare. Le dico di chiamarti"
Sprofondo ancora di più in quello stato rabbioso che ormai credevo si fosse assopito. Mi sollevo di scatto dal pavimento e inizio a colpire il sacco.
Ben mi sta.
Sono stato debole e questa è la lezione che la vita mi sta dando.
Pensavo che fosse diversa, invece è come tutte le altre.
Non ha perso l'occasione per dimostrarmelo.
Che coglione che sono stato!
Dovevo ripetere il mio mantra, io non ho un cuore! E ho fatto bene a non averlo per tutto questo tempo.
Perché ora, in questa palestra, non sarei un uomo distrutto in lacrime colpendo un sacco logoro.
Mi ha usato, mi ha masticato e gettato a terra come la peggiore caramella.
La cosa peggiore è il suo profumo, lo sento su di me e ogni pugno rievoca tutto.
E ogni sensazione evoca un immagine.
Mi ha ammaliato, una sirena tentatrice che, con la sua perfezione, mi ha ucciso.
Ha smembrato quel poco che restava del mio cuore, quell'unico lembo che lei era riuscita a ricucire si è staccato di nuovo dal petto.
Mi sono esposto e ne sto pagando le conseguenze.
Ho bloccato il suo numero, quando ho visto che stava riprovando a chiamarmi ho seriamente pensato di rispondere per mandarla al diavolo.
Ma so che la sua voce, la sua adorabile voce, mi avrebbe mandato al manicomio.
Mi trascino verso casa a fatica, entro nella doccia e cerco di levarmi il suo odore di dosso, senza risultati.
Prendo l'accappatoio e salgo nel balcone. Mi siedo sulla poltrona e fumo, quando sto per spegnere la sigaretta vedo nel posacenere quelle che ha spento lei, qui, su questa poltrona dove tutto è iniziato e lo scaravento contro il muro, rendendolo in mille pezzi.
Come me...
Inizio a bere, il whisky mi salverà.
E poi, il vecchio Hugo fa il suo ritorno.
Prendo il telefono e chiamo Jonas.
Sa cosa deve fare e in meno di dieci minuti una bella mora è sull'uscio di casa mia.
Contro voglia e contro ogni aspettativa del passato le permetto di entrare.
Mi avvento sulla sua bocca e mi viene il voltastomaco.
Ma che mi succede?
Continuo a bere con lei nel balcone.
Non parlo, lei mi bacia il collo e io non sento niente.
Mi sta toccando in ogni parte del corpo ed io non provo nulla, la mia erezione è spenta e non trovo le forze di scacciarla da là.
Lei non è Carrie e glielo vorrei gridare in faccia.
Non sono le sue mani che mi sfiorano e per quanto la rabbia prevalga non riesco a vendicarmi per ciò che mi ha fatto.
Lascio che questa sconosciuta continui a baciarmi, la sento sbuffare ma evidentemente le sta bene così.
Continua a stare seduta sulle mie gambe e a toccarmi il petto attraverso l'accappatoio.
Inizia a bere anche lei, poi si leva il top e resta semi nuda di fronte a me.
Niente, il mio corpo non risponde.
Quando mi risveglio quella ragazza non c'è più, sono nel mio letto, da solo e fuori è già mattina.
Mi alzo a fatica, la sveglia poco dopo segnala che sono le sette.
Mi preparo come se fossi un robot, non ho emozioni, non sento nulla.
Mi vesto con un abito nero, come la mia anima, e puntuale esco di casa per arrivare in ufficio.
Quando parcheggio mi si affiancano Marco e Sophie, loro sorridono nel vedermi e lei mi si getta al collo stampandomi un caloroso bacio sulla guancia senza ottenere alcuna risposta.
Non capisco cosa ci sia da essere felici di lunedì, alle otto di mattina, senza Carrie nelle nostre vite.
Mi avvio verso l'ascensore e li sento parlare a bassa voce.
Sarei proprio curioso di sapere di cosa parlano.
Lavoro tutto il giorno, salto anche la pausa pranzo, alzo gli occhi dal computer solo quando mio padre e mia madre fanno il loro ingresso nel mio ufficio per ricordarmi della serata di oggi.
É uno dei tanti anniversari della Torre Esperanza e come ogni anno si festeggia.
Non ho alcuna voglia di andarci ma so che, magari, lo svago è proprio ciò che mi serve.
Esco dall'ufficio e torno a casa. Ho ancora due ore prima della festa e so esattamente dove voglio passarle.
Dopo aver fatto un mini allenamento tra panca e pesi vado al mio fidato sacco.
Lui sì che non mi delude mai.
Mi sfogo per un tempo interminabile quasi fino a non sentire più le nocche.
All'ennesimo pugno il mio sguardo si sposta sul ring.
Il doppio paio di guantoni è ancora lì, sul tappeto e i ricordi di quel giorno riecheggiano di nuovo.
Lascio questo posto che sa di Carrie, che sa di noi e salgo a casa.
Bevo un bicchiere di whisky tutto d'un fiato e vado nella mia camera.
Mi preparo per la serata e chiamo Jonas per farmi venire a prendere.
Non voglio mettermi alla guida.
Jonas arriva e suona il campanello.
Sono pronto, ma quando apro la porta, dalla sua reazione capisco di non avere un bell'aspetto.
Mi passa una sigaretta e prima di partire mi fa compagnia fumando nel buio del giardino.
Salgo in auto e vedo il foulard sul sedile.
Quel fottutissimo foulard che l'aveva resa così felice, rendendo felice anche me.
Ma ora, qui, sento solo tristezza e rabbia e orgoglio ferito.
Entro nel locale ed è già gremito di gente.
Mi avvicino a mio padre che sta parlando con alcuni finanziatori invitati all'evento.
Sono accompagnati dalle loro famiglie e mi presentano le loro figlie che si fermano davanti a me e cominciano a parlare.
Poi i nostri genitori ci abbandonano e rimango fermo sul rialzo di parquet con due ragazze di cui non ricordo assolutamente il nome, che continuano a parlare e a toccarmi "casualmente" le braccia a turno.
Il dj incastra alla perfezione alcuni brani e poi quella canzone inizia.
Lewis Capaldi dà fiato a quella melodia che fino a ieri era, per me, l'inizio di una nuova vita.
Mi volto verso la pista e la vedo.
Carrie è di fronte a me, la vista mi sta giocando un brutto scherzo.
Continuo a guardarla mentre la rabbia sale.
"Non vedi cosa mi hai fatto? Allontanandoti da me mi hai ucciso. Ed io ora devo uccidere te"
Devo dare al mio cuore la batosta che gli serve e ora che la immagino qui, davanti a me, devo dare una lezione a me stesso e riprendere in mano le redini della mia vecchia vita.
Metto una mano sul fianco di una delle due ragazze, la volto verso di me mentre non stacco gli occhi dalla figura di Carrie proiettata davanti a me.
Poi mi avvento sulla bocca della ragazza che ricambia il mio bacio socchiudendo gli occhi mentre i miei, spalancati, non destano l'attenzione da quel maledetto miraggio.
Poi il mio respiro si blocca.
La figura immaginata si porta una mano al petto, una sulla pancia e Sophie e Marco la prendono da un braccio per accompagnarla fuori.
Non lo stavo immaginando.
Era Carrie.
É Carrie.
Cazzo.

Ti voglio vicinoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora