Carrie

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Quando Marco rientra a casa è ormai sera.
Ho visto il nome di Hugo comparire sullo schermo del suo telefono prima di vederlo uscire di fretta e ho temuto fosse accaduto qualcosa.
Sembra tranquillo e riprendo a respirare.
In sua assenza ho parlato molto con Sophie, abbiamo provato a capire il perché di quel bacio.
Nessuna nostra domanda o supposizione ha avuto risposta.
Pensavo mi avrebbe chiamato dopo l'ufficio.
Avevo la sensazione che lo avrebbe fatto ma non è stato così.
Ho ancora gli occhi lucidi, parlare con Sophie mi ha aiutato ma allo stesso tempo ho pianto molto.
Marco mi sorride, sta cercando di tirarmi su il morale, ne sono certa, ma Sophie non ne sembra convinta.
"Marco, c'è qualcosa che devi dirci? Ti conosco ormai. Cosa nascondi?"
Sophie lo fulmina con lo sguardo e credo stia cercando di leggere la sua mente.
"Non sono io a dover parlare. È giusto che si confrontino tra loro e capiscano le reali motivazioni da entrambe le parti. Per Carrie il bacio e per Hugo la tua partenza."
Mi indica e mi fa l'occhiolino.
Mi destabilizza, cosa intende?
Ha baciato un'altra per la mia partenza?
In ogni caso non capisco come possiamo risolvere.
Mi dirà la classica frase "Non è come pensi" ed io dovrei anche crederci?
La delusione e la tristezza stanno lasciando spazio alla rabbia ma il sentimento per lui è ancora prepotente dentro me e non riesco ad arrabbiarmi come dovrei.
Ho bisogno di uscire, ho bisogno di aria fresca.
Ho bisogno di stare da sola.
Prendo la borsa e avviso Sophie.
Mi convince ad attivare la localizzazione sul telefono per farla stare tranquilla.
Esco dal portone e mi rendo conto che il clima non è autunnale come credevo.
Il vento è pungente ma credo che l'insieme di sentimenti, che sto provando ora, mi stiano facendo bollire il sangue nelle vene.
Inizio a camminare senza una meta, ogni tanto fumo una sigaretta e mi fermo a pensare.
Ogni tanto qualche lacrima mi fa visita ed io cerco di scacciarla.
Ogni tanto il suo ricordo riaffiora e tremo, come se lo avessi qua.
La sveglia nel telefono che mi ricorda di assumere la pillola, segnala che sono fuori casa da circa un'ora e non mi sono mai fermata.
Decido di voltare l'angolo di una strada illuminata per poi percorrere la strada verso casa e invece mi ritrovo lì.
Esattamente in quella piazza.
Esattamente nel nostro posto.
Visto da questo lato ho un'altra prospettiva, mi ritrovo accanto alla gelateria e la pizzeria sembra lontanissima.
Mi ritrovo di fronte alla vetrina ad esplorare i gusti di gelato presenti, li osservo uno ad uno ma alla fine so esattamente cosa prendere.
"Un frappè al cioccolato, per favore"
Quando mi allontano con il mio bicchiere tra le mani sto già piangendo senza rendermene conto.
Sto ricreando da sola il nostro scenario e sento il cuore colmo di tristezza.
Mi avvio verso la panchina ed è molto buio visto che, dato l'orario, alcune insegne sono già spente.
Mi fermo a pochi passi e lo vedo.
Lì seduto, uno come tanti, ma lo riconoscerei tra mille.
È Hugo.
Ha le cuffie, non credo abbia sentito il rumore dei miei passi.
Ha la testa bassa, non mi ha ancora guardata ed io sto già tremando.
Quando vedo cosa tiene fra le mani però non riesco a contenere il mio cuore, credo esca dal petto per girarmi attorno e tornare al suo posto.
Ha un frappè e sono più che sicura che sia al cioccolato.
Se non mi avesse causato questo dolore, sono certa che ora sarei seduta sulle sue gambe a drogarmi della sua bocca, dei suoi baci e delle sue mani su di me.
Cammino ancora, lentamente, sento leggermente il sottofondo musicale provenire dalle sue cuffie e mi avvicino quel tanto che basta per capire che sia quella playlist, la nostra, di quel meraviglioso viaggio.
Cammino oltre la panchina cercando di allontanarmi leggermente, non si è ancora accorto di me.
Mi siedo di fronte a lui, così come una delle ultime volte che siamo stati qua.
Il mio cuore non vuole saperne di calmarsi, sente la sua lontananza e, per quanto io stia andando contro tutti i miei principi, mi alzo e accendo una sigaretta.
Mi ritrovo a pochi centimetri da lui che, ora, ha gli occhi chiusi.
Il frappè, ormai finito, è poggiato accanto ai suoi piedi e le sue mani, quasi chiuse a pugno, stanno poggiate alle ginocchia.
Poso la sigaretta tra le sue dita, il suo sussulto era prevedibile.
L'ho spaventato.
Si ricompone, senza parlare.
Accendo una sigaretta anche per me e mi siedo accanto a lui in rigoroso silenzio.
Si toglie la cuffie senza staccarmi gli occhi di dosso e non so per quanto riuscirò a reggere il suo sguardo su di me.
Mette la mano in tasca e tira fuori il telefono.
Vedo che apre la casella dei messaggi e d'istinto mi volto dall'altra parte.
Dopo poco il mio telefono suona.
Sblocco lo schermo e vedo la notifica di un messaggio.
《Non riesco a parlare. Possiamo giocare in questo modo? 》
Ho solo tre domande per sapere la verità, ma credo che porle dietro uno schermo possa salvarmi dal crollare davanti a lui.
Decido di iniziare io.
Almeno questo me lo deve.
《Perché lo hai fatto? 》
Vedo che stringe il pugno nella mano libera e vedo le sue nocche consumate.
Inizia a scrivere e mi sposto leggermente per non guardare.
Dopo alcuni minuti il mio telefono suona.
《Mentre eri in Sardegna ti ho chiamato. Volevo dirti molte cose ma dall'altro capo non hai risposto tu. Si è presentato. Era Roberto. Mi ha detto che non potevi parlarmi, che eri impegnata in altro e non ho retto il colpo. Non volevo sentire nessuna spiegazione, temevo il peggio. E quando al locale è successo tutto quello, credevo di averti solo immaginata di fronte a me, che la vista mi stesse giocando un brutto scherzo perché non riuscivo a smettere di pensarti. Quando ho capito che eri tu sarei voluto morire. 》
Poi un altro messaggio.
《Cosa dovevi fare a casa? Ora puoi raccontarmelo? 》
Poi un altro ancora.
《Un turno a testa sta volta, se vuoi. 》
Vedo lo schermo che si appanna, ma sono i miei occhi pieni di lacrime.
Per l'ennesima volta Roberto o i suoi ricordi si sono intromessi fra noi.
Rispondo subito.
《I miei genitori lo hanno visto entrate nella casa, quella che era la nostra casa. Ho preferito andare subito. Volevo chiudere con il passato per vivere il presente. Per dare il giusto peso alle emozioni che stavo vivendo senza interferenze e volevo farlo da sola. Dovevo farlo da sola. Non volevo mancarti di rispetto nascondendotelo. Non mi ero accorta avesse preso il mio telefono. Ma, in ogni caso, prima di andare oltre, avresti potuto almeno aspettare un attimo.
Cos'hai provato nel baciare un'altra? Era molto bella...》
Ci mette un po' a leggere, lo sento respirare male, poi lo sento singhiozzare ma faccio finta di nulla, voglio lasciargli i suoi spazi.
Poi ricevo la sua risposta.
《Ho visto nero Carrie, per me era l'ennesima delusione. Continuavo a dirmi che tu non lo avresti mai fatto, non a me, non a noi. Ma la rabbia ha prevalso e non ho ragionato. So che non merito il tuo perdono ma ti chiedo un favore. Non pensare, neanche per un secondo, che io possa aver sentito la minima reazione baciando quella ragazza. Tu, solo tu...ricordi? 》
Qualche farfalla riappare dentro di me, non ci sono proprio tutte ma stanno testando il terreno facendo qualche giravolta.
Il mio telefono suona ma prima devo calmarmi, mi sollevo dalla panchina.
Finalmente respiro.

Ti voglio vicinoWhere stories live. Discover now