Capitolo III

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Zack apre gli occhi di scatto e scandaglia il salone fino a delineare una figura che sta percorrendo il corridoio centrale a ritmo con i suoi applausi, fermandosi quando è a qualche metro dal palco.

"Non mi aspettavo di essere accolto in questo modo, è stata un'ottima sorpresa" sorride l'uomo.

Zack si ritrova a corto di parole, forse per la prima volta nella sua vita: non solo Anthony Taylor è davanti a lui e gli ha appena applaudito, ma ha definito ottima la sua canzone.
Se si è addormentato sulla sedia e si trova in un sogno, spera vivamente di non essere svegliato.

"Non ho mai sentito quel brano. È una tua composizione?" chiede genuinamente curioso.

"Solo il testo" ammette lui.

"Sei bravo con le parole. Sfruttare i cambi di tonalità del brano per giocare sull'ambivalenza di certe espressioni è un rischio che molti non vogliono prendersi per paura di rovinare l'armonia tra testo e musica" commenta Anthony professionale.

"Non si può controllare qualcosa che non è statico".

"Statico?".

Zack, sbollita l'eccitazione di aver davanti uno dei migliori artisti al mondo e felice di poter parlare di musica, si siede a bordo palco con le gambe a penzoloni.
"Una canzone non potrà mai donarti le stesse emozioni due volte" esclama "e questo perchè anche se la trascrizione musicale rimane invariata, noi siamo in continuo cambiamento".

Anyhony annuisce colpito. "Non l'avevo mai pensata in questo modo".

"Forse perchè come musicista è abituato a seguire lo spartito, ma noi cantanti quando impariamo un testo dobbiamo pensare al suo significato, in che tonalità prendere certe note, come cadenzare il respiro... e sono tutte cose che anche volendo non possiamo ripetere allo stesso modo" spiega gesticolando. "Magari un giorno abbiamo il raffreddore o la gola secca, un giorno siamo felici e la nostra voce è squillante e quello dopo siamo infuriati e vorremmo solo urlare."

"Come quando ascolti un brano con la pioggia e ti trasmette malinconia, ma poi lo riascolti quando c'è il sole e ti accorgi che non era così triste come pensavi" segue il suo ragionamento.

"Esatto!" sorride entusiasta Zack, "il nostro benessere psicofisico, il nostro umore e ciò che ci circonda condiziona la nostra percezione della musica e ce la presenta sempre in maniera differente, quindi come possiamo pretendere di stabilire cos'è armonia e cosa no?".

Anthony lo osserva ammirato. "Sei sempre così avanguardista nello scrivere le tue canzoni?"

Il sorriso di Zack traballa e per nasconderlo salta giù dal palco spazzolandosi i jeans neri. "Dato che questa è l'unica che ho scritto non ho metodi di paragone" alza le spalle.

La porta della sala a quel punto si apre per la seconda volta quella mattina.

"Anthony" e la sua voce bassa riverbera tra le pareti provocando un brivido lungo la schiena del biondo.

"Ah Christopher" sorride l'uomo. "Vieni qui, fratellino".

Zack sventola una mano felice, ma il corvino lo ignora e li raggiunge con la stessa eleganza di un modello sulla passerella.
La tuta ha lasciato posto ad un paio di pantaloni crema abbinati alle scarpe ed ad un maglione verde oliva di lana a girocollo e di fronte a lui -e al completo tre pezzi color fumo di londra di suo fratello- il ragazzo si trova all'improvviso a disagio in sneakers e felpa oversize rosso fuoco.

"Il nonno ti stava cercando".

"È colpa mia, dopo mesi che non rincasavo mi sono fatto prendere dalla nostalgia e ho vagato per il conservatorio".

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