Capitolo XIII

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La cena trascorre troppo lenta per la mente di Christopher che sta viaggiando su uno spartito immaginario a piena velocità scrivendo accordi che spera di ricordare quando avrà la possibilità di mettere mano al suo blocknotes.

Il nonno ed Anthony chiacchierano a tono moderato, un sussurro in confronto alla voce squillante di Zack e Smile se ne sta a sonnecchiare sul bracciolo della poltrona.

"...-topher? Christopher?" lo richiama gentilmente suo fratello.

Lui alza di scatto lo sguardo dalla tovaglia.

"Non ti sazierai fissando le fettuccine".

"Ah" è l'unica cosa che dice, non sapendo da quanto se ne sta con la forchetta a mezz'aria senza mangiare nulla.

"C'è qualcosa che non va?"

"È raro vederti con la testa tra le nuvole" concorda il nonno.

Lui fatica a trovare le parole per spiegarsi, anche perchè non sa esattamente come si sente, ma suo fratello riesce comunque a capirlo e gli regala un sorriso comprensivo. "Perchè non vai nella sala musica? Sono sicuro che suonare qualcosa ti aiuterà a mettere ordine ai pensieri".

Il nonno, che odia chi lascia la cena a metà, fa per obiettare, ma la mano del nipote sul braccio lo frena. "Ti lascio il piatto in forno, se ti venisse fame più tardi" e con un cenno del capo Christopher si alza e lascia la cucina.

L'uomo lo guarda accigliato scomparire in corridoio. "Lo vizi troppo, Anthony" lo rimprovera, "per questo quando non ci sei fa fatica ad aprirsi e a relazionarsi con gli altri".

"Non hai notato le sue dita? Tamburellavano sul tavolo a ritmo di musica e quando mai Christopher mostra così spudoratamente quello a cui sta pensando?" dichiara da vero intenditore di suo fratello. "È chiaro che avesse voglia di suonare e non sei stato tu il primo a dirci che una volta intrapreso questo cammino avremmo dovuto sempre dar retta alla musica?"

Il nonno sospira e comincia a sparecchiare. "E così è arrivato il giorno in cui i miei insegnamenti mi si ritorcono contro", ma non c'è animosità nella sua voce.

Christopher, nel frattempo, se ne sta seduto al piano proiettando il turbine di emozioni che lo sta stravolgendo sulla tastiera: una mano che pigia i tasti e l'altra che converte le note in segni sul pentagramma.

Non sembra esserci un filo logico che le collega e lui si sorprende nel costatare che le preferisce così, libere di arricciarsi e legarsi impulsivamente.

Non è abituato a farsi trainare dalle pulsioni, ma sente che se cercasse di ragionare su ciò che sta componendo, le sue dita si irrigidirebbero e le battute successive risulterebbero forzate e storpiate.

No, meglio lasciarsi traghettare dalla melodia che la sua anima sta rilasciando come un carillon. Avrà tempo più tardi per le correzioni.

E così scrive, cancella, riscrive ed esplora, la voce di Zack nella mente che gli racconta del suo divertimento nel giocare con le note, lo stesso divertimento che ora prova lui nel sperimentare accordi che soltando due settimane prima non si sarebbe mai immaginato di prendere in considerazione.

Lo spartito si scrive così facilmente che si domanda perchè mai ha smesso di comporre, perchè ha rinunciato a qualcosa che lo fa sentire così bene per paura di non essere abbastanza, quando Zack fa quello che vuole indipendentemente da cosa gli altri pensano di lui.

Zack.

Perchè ogni pensiero si riconduce a lui?

Un colpo di nocche sullo stipite della porta lo fa fermare di scatto. "La tua musica è un casino" commenta Anthony sulla soglia.

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