Capitolo 2 - Ellie

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La Grande Mela, non avevo mai visto New York in questo modo. Così chiassosa, colorata e dispersiva, potevo vederla solamente attraverso i due spessi vetri oscurati della limousine o sfogliando annoiata le pagine dei giornali, adesso invece stavo calpestando con le mie converse i ciottoli del marciapiedi.

La gente mi passava accanto ignorandomi, probabilmente non sapevano neppure chi io fossi realmente. Erano al corrente che mia madre avesse una figlia ma, nascosta come un prezioso tesoro, nessuno poteva riconoscermi. Sempre ben attenta dall'evitarmi qualche falso scandalo, preferiva esonerarmi perfino da ogni squallida intervista radiofonica dove il mio viso non era oggetto di interesse popolare.

Da una parte, o forse da tutte, apprezzavo il fatto che non venissi per nulla esposta. Questo mondo non mi apparteneva e per quanto dovessi farmelo piacere, non riusciva in alcun modo a farmi sentire me stessa.

Io non ero così e lo sapevo già da tempo.
Le regole non facevano per me, tanto sapevo già che le avrei infrante una per una; la disciplina era inutile se poi in camera mi era concesso di mangiare senza forchetta e coltello, gli abiti costosi ed eleganti erano una spesa evitabile perché non mi era permesso uscire come una comune ragazza della mia età. Mia madre amava il suo mondo, mi diceva sempre che un giorno lo avrei fatto anche io al suo stesso identico modo o forse di più io invece volevo solamente conoscere l'altra faccia del pianeta e viverlo come se non fossi uguale a lei.

Ed era proprio per questo che ero scappata.

Era tutto programmato e studiato minuziosamente nel dettaglio, passavo le notti sveglia a lavorare su quale scappatoia lanciarmi per non farmi beccare ancor prima di saltare giù così avevo iniziato ad osservare attentamente tutto ciò che prima mi era indifferente. Sapevo ci fossero le guardie ovunque, due sorvegliavano la porta della mia camera e altre due pattugliavano la mia finestra ma ciò che ignoravo era il cambio.

Avevo iniziato a notare che ogni tre ore le guardie assegnate per la mia sicurezza si congedavano per quindici minuti, e mi ero accertata che tutte avessero lo stesso stacco. In ciò, coloro che pattugliavano la mia finestra si allontanavano nei minuti successivi al rientro di chi bloccava la mia porta. Era tutto un meccanismo continuo che se preso nei giusti momenti poteva funzionare e rendere la mia idea di libertà una conseguenza reale.

Quella, di tante altre perse a tentennare su cosa sarebbe potuto succedere se avessi sbagliato anche il millesimo di secondo, era la notte perfetta per mettere in atto il mio piano di fuga. Sapevo benissimo quanto questo avrebbe reso mia madre dispiaciuta e spaventata ma avevo solamente voglia di cambiare aria, poi sarei comunque tornata spiegandole quanto fosse stato bello ciò che avevo fatto.

Chissà magari avrebbe capito e mi avrebbe lasciata vivere più di così oppure, quanto più probabile, avrei solo peggiorato la situazione. Ero sciocca a pensarci e non era nemmeno il momento adatto per farlo, il tempo era prezioso e perdere anche solo un secondo avrebbe rimandato a domani ciò che mi sentivo pronta a fare oggi.

Con un respiro a pieni polmoni chiusi gli occhi e guardai l'orologio appeso alla parete di fronte al mio letto, mancava davvero poco al ritorno delle guardie dietro la mia porta. Non sarebbero entrate, avrebbero bussato e io avrei risposto come ogni notte per poi far calare il silenzio. Senza fare il minimo rumore scesi dal letto e liberai il materasso da ogni lenzuolo sotto cui era coperto, li poggiai aperti sul pavimento e iniziai a legarli uno con l'altro dalle estremità facendo ben attenzione che il nodo fosse abbastanza grosso e stretto.

Quando feci per alzarmi, bussarono alla mia porta:"Signorina Ellie, va tutto bene?"
Come previsto:"Sì. Sto per addormentarmi, vi pregherei di non fare rumore".
"Non si preoccupi, buonanotte".
Mentire non era difficile quando dovevano crederti per forza, ecco perché ogni bugia che dicevo sapeva essere convincente. 

Princess on the runWhere stories live. Discover now