Capitolo 4 - Ellie

226 74 49
                                    

Conoscere il mondo solo attraverso una finestra o i giardini di casa, faceva sì che crescendo ti perdessi le piccole cose che oggi ti sembrano immense. Per me lo era anche uno dei negozi al quale ero passata davanti in compagnia di questo giovane sconosciuto che mi accompagnava a mangiare qualcosa da chissà quale parte. Conoscevo poco anche le persone, a parte quelle che vedevo ogni giorno, ma lui mi sembrava essere quel tipo di uomo capace di salvare il pianeta terra da un apocalisse zombie.

Ridacchiai nella mia mente, se mia madre sapesse che la mia passione cinematografica erano gli horror e non quei noiosissimi comizi politici i quali ero costretta distrattamente a seguire, mi ritirerebbe la televisione senza possibilità di riaverla indietro per i prossimi quaranta anni.

Dopo un cammino non molto lungo e silenzioso, forse perché ero troppo distratta dal guardarmi intorno che avevo ignorato maleducatamente qualsiasi domanda il mio accompagnatore mi avesse posto, ci fermammo davanti la saracinesca di un locale che visto da fuori sembrava abbastanza grande e ben esposto.

Il ragazzo, il cui nome ancora mi suonava come un sonoro punto interrogativo, si fermò a guardarmi. Non trattenne lo sguardo nel mio per molto ma lo rivolse rapido alle sue spalle per poi tornare su di me che lo ricambiai con interrogazione.

Iniziò a contare sussurrando:"Adesso la signora Litzy comincerà ad annaffiare tutte le piante", con un colpo di sguardo mi invitò ad osservare oltre le sue spalle.

Dietro di lui, difatti, un'anziana donna era appena uscita dal suo chiosco con un annafiatoio blu elettrico fra le mani. Prima di dar acqua alle sue splendide rose rosse, mi lanciò uno sguardo incuriosito e pieno di dolcezza. Mi strinsi nelle spalle per l'imbarazzo, nella mia testa gridavo disperata che la signora non mi avesse riconosciuta anche se era difficile per la gente farlo: mia madre ci teneva alla mia sicurezza, ero anonima per buona parte di Manhattan.

"Oh buongiorno bella signorina", mi disse.

Allargai il mio sorriso alzando la mano:"Buongiorno signora Litzy", pronunciai il suo nome e quando lo feci guardai verso il ragazzo che avevo davanti.

Aveva tutta l'aria frettolosa, come se quel saluto avesse dato inizio ad una lunga e interminabile chiacchierata fra me e l'anziana. Borbottava qualcosa fra i denti, non capivo di preciso cosa volesse dirmi ma sembrava cercasse di mandarmi dei segnali che a quanto pare non avevo colto perché fu irrefrenabile la voglia di piantarlo lì e avvicinarmi alla signora.

"Da vicino sei ancora più bella", mi disse non appena la raggiunsi:"Non ti ho mai vista da queste parti, sei di qui?"

Considerando il calore che riscaldava il mio viso, dovevo sicuramente essere arrossita dinanzi al complimento.

"A dire il vero no", spiegai lasciandomi distrarre da una delle rose sporte più delle altre nel vaso:"E' la prima volta che vengo qui", mentii.

In realtà ero più sincera di quel che volevo essere, Manhattan era la mia casa non vissuta ed io ci abitavo proprio dentro nonostante non la conoscessi come avrei dovuto.

"Oh, sono certa ti piacerà".

"Mai quanto mi piacciono le sue rose", ammisi con un sincero sorriso.

Lei le guardò:"Le mie bambine ti ringraziano".

Alle mie spalle sentii il rumore delle saracinesche alzarsi, forse era un secondo segnale che questa volta era meglio ascoltare anche perché il mio stomaco era tornato a brontolare e non vedevo l'ora di mettere fra i denti qualcosa di gustoso.

"Io adesso devo andare".

"Aspetta un attimo", l'anziana mi fermò prima di tornare nel chiosco e uscire fuori con una forbice:"Qual è la rosa che ti è piaciuta di più?" Le guardai per poi indicarle la rosa quasi fuori dal vaso.

Princess on the runWhere stories live. Discover now