Capitolo 10 - Liam

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Avevo fatto accomodare Louisa sul divano vecchio nel magazzino mentre io rovistavo nervosamente in giro alla ricerca di qualcosa che potesse schiarirle il rossore sulla mano, quando trovai la valigetta medica la raggiunsi mettendo in disordine tutto ciò che essa conteneva. Ero nervoso, forse in maniera troppo evidente, ma non potevo e non volevo riappacificarmi con me stesso per la mia imprudenza.

Non facevo altro che scusarmi con lei e Louisa non cercava altri modi per tranquillizzarmi inutilmente, anche se apprezzavo il suo modo generoso di prendersi carico delle sue azioni. Aveva trovato una pomata dopo che io pensavo di metterle un cicatrizzante, mi ero sentito sciocco quando ad accorgersene fu lei e non io.

Quando svitò il tappo mi lasciai consegnare la crema per poterla spalmare io, non sapevo identificare il gesto ma ero sicuramente confuso sul voler semplicemente avere un contatto in più con lei o rimediare a quanto accaduto.

"Mi dispiace", le dissi perché non sembrava essere abbastanza.

La pomata a contatto con il mio dito era fredda ma si riscaldò in pochi secondi quando iniziai a massaggiarla sulla sua mano piccola e affusolata, aveva la pelle calda e morbida quasi delicata da aver paura di stringerla troppo.

"Non hai nulla di cui dispiacerti".

"E invece si, smettila di dirmi così". Il mio fu un rimprovero rivolto a me stesso ma che al suo orecchio poteva essere sembrato per lei:"Non avrei dovuto permetterti di salire su quella scala, sarei dovuto andare io non appena ti ho vista farlo".

"Così la scossa l'avresti presa tu".

"Non importa", la guardai dopo che avevo evitato di farlo:"Sarebbe stata la mia mano e non la tua".

Non disse più una parola e neppure io lo feci. Quel nostro silenzio aveva molte più cose di cui parlare che non volevo interromperlo. Mi bastava semplicemente guardarla e lasciarmi guardare, perché non credevo mai di averlo fatto così intensamente con un'altra donna, neppure con Tanya. Lei non mi guardava così, forse non lo aveva mai fatto e Louisa sembrava vedere se stessa attraverso me come io stavo vedendo me attraverso lei.

Come poteva essere possibile che una perfetta sconosciuta riuscisse con niente a farti dimenticare completamente del mondo attorno? Avrei voluto spiegarmelo o chiederlo direttamente a lei ma il mio telefono iniziò insistentemente a squillare frantumando in mille pezzi tutto quello che avrei voluto fare in quel momento e che non feci.

"Ehm, qualcuno ti sta chiamando".

Sbattei rapidamente le palpebre per tornare sulla terra che avevo lasciato per fantasticare libero sulle nuvole, sullo schermo comparve un numero privato al quale risposi davanti a Louisa.

"Allora, sono pronti i miei soldi?"

Sapevo che questa telefonata sarebbe arrivata prima o poi, mi chiedevo solamente quando.

Mi allontanai da Louisa per non farmi sentire:"Signor George, mi dia qualche altro giorno di tempo".

La sua voce si fece greve:"È passato più di un mese da quando mi hai ripetuto la stessa frase".

"Lo so, le prometto che questa volta non passerà tutto questo tempo".

"Faresti bene a crederci perché altrimenti mi vedrò costretto a far chiudere la tua attività", riagganciò senza darmi modo di rispondere.

Ma tanto che cos'altro gli avrei potuto dire? Il debito era alto e non sarebbe stato facile avere tutti qui soldi in un solo colpo. Il locale era tutto ciò che avevo, l'unica cosa in cui credevo veramente e non potevo accettare che venisse chiuso.

Mandai giù il nodo in gola e presi un pieno respiro per tornare da Louisa, il suo sguardo era pressapoco preoccupato il ché voleva significare che non mi era bastato respirare per sembrare tranquillo.

Princess on the runWhere stories live. Discover now