Capitolo 17 - Ellie

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Sapevo davvero molto poco di mio padre, alcune fotografie mi ricordavano quanto gli somigliassi su alcuni tratti fisici ma il mio carattere era un conto in sospeso che spesso perdeva l'equilibrio sui comportamenti di mia madre. Mi domandavo spesso se potessi aver preso anche da lui, capitava raramente che la mamma dicesse quanto la mia testardaggine fosse frutto di mio padre o quanto il mio altruismo fosse al suo pari. Diceva di lui essere un uomo di bell'aspetto, tutto d'un pezzo, a volte metteva timore ma che sapeva riscaldarti il cuore con un sorriso.

Per convincermi quanto fosse giusto l'amore combinato, mi raccontava di come fosse nato il loro sentimento e di quanto unico fosse stato a quell'epoca. Durato poco ma abbastanza per gioirne della sua pienezza e del suo piacere, poteva capitare anche a me di innamorarmi dell'uomo che lei aveva scelto al posto mio ma avevo seri dubbi. Rinnegavo quell'interesse puramente politico e monetario, il film che tanto amavo mi aveva svelato l'amore sotto altri punti di vista, sotto aspetti che mia madre ignorava o voleva fingere non ci fossero. Avevo provato più volte a spiegarle quanto preferissi vivere di una persona ogni suo attimo, interessarmi ai suoi gesti o movimenti, apprezzare i suoi sbagli e renderli unici proprio perché ritenuti tali. Ma lei sapeva solamente scappare non appena aprivo l'argomento o dirmi semplicemente quanto fossi piccola per poter capire.

Così mi rifugiavo nel silenzio che solamente Gisy sapeva dirmi, perché lei era diversa da me e non che questo fosse un errore, semplicemente aveva potuto amare e creare una famiglia con l'uomo che voleva al suo fianco, conoscerlo giorno per giorno e viverlo come avrei voluto fare io. Lei mi diceva sempre, come un disco rotto, che il mio essere una principessa aveva obblighi e doveri da rispettare ma che non dovevo lasciar vincere le volontà degli altri quando si trattava di amore, nemmeno quelli di mia madre.

Perché il cuore era mio e solo io sapevo per chi farlo battere, come adesso che stava impazzendo nell'avere vicino un ragazzo che nemmeno conoscevo ma che già mi aveva dato più di quanto doveva.

Liam sembrava essere il ragazzo perfetto e del mio futuro marito non sapevo neppure il nome, ma quanto sarebbe durato questo momento? Forse neppure il tempo di ricordarlo, come un ubriaco dimentica della sera prima, o di rimpiangerlo per sempre. Ed io non volevo vivere di rimorsi, pensare di non aver commesso un gesto quando in realtà non avrei voluto far altro che ascoltare la voce del mio cuore.

Ma dovevo, ero obbligata, perché l'uomo che avevo davanti aveva riservato il suo posto ad un'altra donna e nonostante il suo rapporto con lei sembrava inesistente non potevo dirlo con fermezza dopo solamente un giorno.

"Tu invece, cosa mi racconti di tuo padre?" Gli chiesi.

Se restavo altro tempo senza dir nulla ero certa sarei diventata matta, Liam aveva una capacità inspiegabile di rendere ogni attimo lo scenario perfetto per immaginare cose che non sarebbero mai potute succedere o che forse eravamo noi a dare un freno al motore prima che accelerasse.

Sospirò:"Mio padre sono anni che non lo vedo, qualche volta ricorda di avere un figlio e di telefonare ma la sua è più una routine che un piacere". Raccontò senza alcuna emozione, come se per lui fosse normale un comportamento del genere.

"Mi dispiace", ero riuscita a dire solo questo.

Liam mi sorrise:"E di cosa? In fondo non è colpa di nessuno se alcuni uomini non sanno fare i padri".
Abbassai lo sguardo sulle mie ginocchia, sapevo fossero nude e che la camicia non era lunga abbastanza da coprirle ma mi sentivo comunque a mio agio.

"Avrei voluto saperlo da me com'era mio padre", sussurrai.

"Ti manca?"

"E a te?"

Non potevo rispondere alla sua domanda, io non lo sapevo cosa significava avere un padre e non potevo essere sicura che la sua figura mi sarebbe mancata se l'avessi vissuta di più.

"Ci ho fatto l'abitudine". Liam si sforzò di sorridermi, era chiaro ci stesse provando e apprezzavo il suo sforzo:"Se sei stanca ti lascio dormire".

"Effettivamente si è fatto tardi", mi alzai dal divano:"Buonanotte Liam".

"Buonanotte", quel suo sguardo avrebbe voluto dire ben altro di quel saluto:"Ah Lou, domattina vorrei portarti al centro commerciale".

"Perché?"

"Beh, non vorrai mica indossare questa camicia. Dubito che i tuoi vestiti siano puliti".

Mi guardai le gambe:"Hai ragione".

Mi congedai senza dire una parola, ero certa di aver lasciato sul divano la mia voglia di aspettare che Liam facesse qualcosa che ancora non aveva fatto.

Ero in quella stanza, la sua, e fissavo il letto immaginando a quando ci dormiva lui o consumava un momento di piacere insieme alla sua donna, quella che non ero io e che forse non lo sarei stata. Il materasso era morbido, accompagnava l'affondo del mio ginocchio quando ci ero salita sopra per gattonare verso il cuscino soffice.

Tutto ciò che girava intorno a me profumava di lui, di Liam, che aveva l'odore vivo della leggerezza e trasudava serenità da ogni poro. Avrei annusato volentieri i suoi capelli, peccato non averlo fatto mentre glieli asciugavo ma giuravo di averci seriamente pensato.

Perché non lo avevo fatto? Era un rimprovero che mi accusavo in silenzio, uno di quei rimorsi che attanagliava il mio attimo di possibilità appena mancata per un mio tentennare su come avrebbe potuto reagire. Magari mi avrebbe preso per sciocca, probabile che non mi sarei fermata a quello, avrei voluto molto di più, come un pezzo della sua pelle sulle mie labbra. Solo uno, me ne bastava poco per far entrare dentro me ciò che di più bello possedeva.

Guardando il soffitto cercai di calmare i miei pensieri contando numeri a caso che mi aiutassero a riposare, ma come poteva dormire un cuore agitato?

Chiusi gli occhi fino a strizzarli e al contempo respirai profondamente, aprendoli mi voltai verso lo specchio dell'armadio e ciò che vedevo era una ragazza su un letto troppo grande per condividerlo da sola. Con coraggio mi misi a sedere trascinando i piedi al bordo, il mio intento era quello di scendere e così feci raccontando a me stessa quanto fosse una follia ciò che avevo intenzione di fare. La mia testa mi obbligava a tornare nel letto e fare la brava, imposizione raccolta da ogni ordine di mia madre, ma il mio cuore mi supplicava di non ascoltarlo e andare avanti.

Avrei perso tanto o forse tutto, ciò che desideravo si trovava dall'altra parte del corridoio ed io volevo solamente capire se fosse lo stesso per lui. Se non avessi fatto ora ciò che mi imponevo di fare, domani sarebbe stato troppo tardi. Ero una principessa, la figlia della Regina, magari tra qualche ora troverò la città piena dei suoi soldati pronti a riportarmi nel regno e Liam avrebbe scoperto in questo modo la crudele verità.

Arrivata in soggiorno cercando di non fare il minimo rumore, mi accorsi dalla sagoma che Liam era sdraiato sul divano e coperto da un piumone che a stento gli copriva i piedi.

Quando fui al lato del bracciolo, mi guardò e balzò sollevando il busto:"Ehi Lou, cosa succede?"

Che cosa gli avrei detto adesso? Avrei solo voluto fare ma fin quando prima mi trovavo nascosta ai suoi occhi sembrava tutto facile, ora invece era diventato quasi impossibile.

Ballonzolai su me stessa incapace di fare un altro passo, Liam si mise a sedere:"È solo che...", iniziai a balbettare.

"Non ti senti bene?"

Quando lasciò scivolare il piumone, mi accorsi che il suo petto era nudo proprio come le mie gambe. Come me anche lui non sembrava sentirsi a disagio, forse per lui era diverso.

"Non riesco a dormire", fu questa la prima cosa che mi venne in mente.

Liam sorrise e mi fece spazio sul divano:"Vuoi sederti un po' qui?"

Ci pensai un attimo, poi mi feci coraggio:"No io... vorrei che dormissi insieme a me".

Princess on the runWhere stories live. Discover now