Capitolo 11 - Ellie

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La partita era finita troppo in fretta, era chiaro che avrebbe vinto Liam ma dopo quel momento così naturale e pieno di sensazioni esplosive, non si era più avvicinato a me. Forse era stato il mio sguardo ad averlo impaurito, probabilmente si era affrettato ad alzare quel muro che in un attimo aveva lasciato crollare, magari era solo sbagliato ed io avevo editato involontariamente la scena di un film che non era il mio. Mi ero chiesta però cosa sarebbe successo se non mi fossi mossa, se avessi aspettato invano qualcosa che non ci sarebbe stato ma che inconsciamente avrei voluto che ci fosse.

Liam aveva chiuso i monitor, io lo aspettavo seduta ad un tavolino vicino la porta e solo dopo aver chiuso la cassa si avvicinò a me.

"Possiamo andare".

Uscendo fuori aveva chiuso tutte le luci e le saracinesche e insieme ad esse si erano accese le mie debolezze, quelle che sin da bambina mi avevano resa più piccola di quanto già non fossi anche di statura e che non mi permettevano di vivere a pieno ciò che fino ad oggi avevo lasciato in disparte per non andare contro le mie vere origini.

"È molto lontano il posto dove si trova Andrew?" Chiesi.

"No, te la senti di camminare?"

"Si, certo".

Passando accanto al chiosco della signora Litzy, guardai le sue rose. Sotto la fioca luce del lampione non avevano perso il loro splendore anzi, sembravano ancora più belle.

La New York caotica che immaginavo era dormiente a quest'ora. Pochi taxi rumoreggiavano per la strada e altrettanti erano gli abitanti che passeggiavano senza guardare in faccia nessuno, questa mattina sembravano avere tutti molta fretta mentre adesso la tranquillità aveva preso possesso del loro corpo. Non guardarmi intorno era impossibile, le luci delle vetrine creavano in me quello stupore che solamente un bambino poteva esternare con tanta facilità. E poi eccolo lì, il grande schermo sulla fiancata di un palazzo ad illuminare l'intera strada. In quel momento stava proiettando la pubblicità di cosmetici che non mi era dato usare se non alle cene importanti al quale io detestavo partecipare, probabilmente non avrei nemmeno saputo come truccarmi. Mi accorsi che Liam mi stava guardando perché anche lui, come me, si era fermato ad osservare tutto ciò che ci girava intorno. Non sapevo bene se fosse per me che lo aveva fatto o perché anche per lui era una cosa nuova vedere la città come stanotte.

"È sempre stata così?" Dunque chiesi.
"Così come?"
"Calma e solitaria", espressi la mia osservazione.

Liam sorrise appena:"Solo quando lo decide lei". Mi piaceva come risposta:"Dai andiamo, Andrew ci aspetta".

"Finalmente siete arrivati, non ci speravo quasi più".

Quello in cui mi trovavo era il garage di Andrew, un piccolo spazio arredato di un quattro posti e qualche pensile il giusto numero per contenere quanti bicchieri bastavano a far bere più persone e contenitori dal dubbio utilizzo. In sua compagnia c'erano anche Sylvio, Luke e Travis che ci salutarono come se non ci vedessero da giorni, nelle loro mani già il primo bicchiere di birra per metà consumato.

"Lo sai che non manco mai", rispose Liam con un grande entusiasmo.

Andrew aveva già in mano la birra che avrebbe dovuto bere insieme a lui, consegnandola a Liam mi guardò con gentilezza:"Gradisci?"

Non avevo mai bevuto prima d'ora, eccetto l'acqua che era l'unico liquido che potevo ingerire senza che mia madre mi ripetesse quanto gli alcolici facessero fare alle persone cose di cui si sarebbero pentiti il giorno successivo, sempre che se ne sarebbero ricordati. Ma giacché non facevo parte di quel mondo, non avrei mai voluto esserne integrata e chissà per quanto altro tempo ne sarei stata fuori, soffiai via tutto quello che la mia mente aveva annebbiato con i ricordi di corte e mi prestai a sorridere con piacere.

"Ma solo un bicchiere", avvisai.

Andrew scoppiò a ridere:"Da questo garage è impossibile uscire con un bicchiere solo".

"Come sei esagerato", intervenne Liam:"Io sono sempre tornato a casa dopo aver bevuto un quarto di bottiglia".

Andrew mi consegnò il bicchiere:"Lo fai solo perché hai paura di andare troppo oltre". Sorseggiai un goccio di birra, il giusto che servì a sporcare le mie labbra di schiuma. Aveva un retrogusto dolciastro e la frizzantezza pizzicava appena la gola, tutto sommato non era un gusto che mi dava la nausea se non fosse per il forte odore che bruciava nelle narici:"Allora Louisa, come pensi sia andato il tuo primo giorno di lavoro?"

"Andiamo Andrew, almeno adesso possiamo non parlare di altro?" Liam sbuffò annoiato.

"No no no, lascia stare". Non mi dispiaceva affatto chiacchierare, mi bastava semplicemente farlo:"Mi fa piacere parlarne", pensai alla domanda che mi era stata posta:"Pensavo andasse peggio ma alla fine mi sono divertita".

"È la prima volta che sento dire a qualcuno di essersi divertito a lavorare", commentò Andrew:"È il tuo primo lavoro?" Annuii poi, dimenticandomi totalmente del rossore sulla mano con il quale reggevo il bicchiere, mi accorsi del suo sguardo direzionato proprio su di esso:"Come te lo sei fatta?"

La guardai cercando di riderci su:"Piccolo incidente di giornata", spiegai:"Tanya mi ha chiesto di cambiare una lampadina e nel farlo ho preso una piccola scossa".

"Aspetta un attimo", Liam mi guardò con la fronte corrugata:"È stata lei a chiederti di cambiarla?"

I miei pensieri iniziarono a rimproverarmi sonoramente di aver appena fatto un casino, un altro.

"Sì, credevo che anche i suoi ordini andassero eseguiti".

"Ed è così ma pensavo fossi stata tu da sola a decidere di cambiarla", puntualizzò Liam.

"Ehi amico, la tua ragazza vuole farla fuori", ironizzò Andrew ma Liam non era per nulla divertito.

"Smettila", lo fulminò con lo sguardo:"Domani parlerò direttamente con lei".

"Non ce n'è bisogno". Mi sentivo in colpa, forse avrei dovuto dire l'ennesima bugia:"Alla fine mi sono solo arrossata una mano, domani sarà già tornata come prima", sorrisi.

"Ma poteva andare peggio di questo".

"Ma non è successo, quindi va tutto bene", contraccambiai con lo stesso tono duro... o almeno ci stavo provando.

"Comunque sia lei sa benissimo che questo è un compito che spetta a Sylvio o a me", disse con tono tagliente:"Non mi piace che lo abbia chiesto proprio a te, non doveva farlo".

"Ehi ragazzi", intervenne Andrew quando l'umore di Liam era diventato troppo nervoso per essere calmato:"Cerchiamo di goderci la serata di fine lavoro senza pensare a ciò che potrebbe rovinarcela".

"Troppo tardi", sbuffò Liam:"A proposito, dovrei parlarti di una cosa davvero importante".
"Da soli?"

"Sì", Liam mi guardò:"Torniamo subito".

Si allontanarono in un angolo del garage quando io di quel bicchiere non avevo buttato giù alcun altro sorso. I ragazzi chiacchieravano per conto loro che mi sembrava di troppo avvicinarmi così rimasi in disparte aspettando che quanto dovevano dirsi Andrew e Liam terminasse il prima possibile.

Finché potevo, pensai a mia madre: era strano che ancora non fosse successo nulla, nessuno era venuto a cercarmi per riportarmi al regno. Non che lo sperassi, più potevo non tornare e più mi andava bene non essere l'oggetto che avrebbe messo a soqquadro l'intera New York. Magari non si era ancora accorta della mia scomparsa oppure aveva in mente qualcosa di più grosso di un semplice disturbare le forze dell'ordine per mettersi alla mia ricerca.

Certo era che speravo di scoprirlo il più tardi possibile, sicuro sarà che Liam e gli altri non prenderanno bene la cosa appena apprenderanno che hanno al loro fianco la figlia della regina.

Princess on the runWhere stories live. Discover now