Prologo

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SOVRANI DEI CIELI
Una principessa
Una regina
La luna
Così pallida
e così luminosa
Sovrana del buio e della fredda notte

Un principe
Un re
Il sole
Così brillante
e così luminoso
Sovrano della luce e del caldo giorno

Un'unione
Un abbraccio
Freddo e caloroso
Opposti
Insieme
Una sola cosa
Un solo amore

Un'eclissi
Ogni volta che avviene
assistiamo allo spettacolo d'amore
tra due sovrani
I sovrani dei cieli
                                        - L'amore tra le stelle

Regno del Nord

La luna vegliava su di noi dall'alto mentre la luce delle fiaccole ci illuminava il viso di un tenue arancio.
Una piccola parte del regno era lì, in piedi, davanti alla cascata.
E c'ero anch'io.
Ero lì, in piedi, davanti alla cascata, davanti al corpo senza vita di mio padre.
Antoine De Maris, stregone noir, vecchio re del Regno del Nord.
Aveva in viso un'espressione serena, quasi...tranquilla.
Indosso aveva un abito elegante e depositate sopra i suoi occhi aveva due monete d'oro che brillavano di luce propria. Tra le mani, ormai segnate dall'età, era depositata una spada che accarezzava le sue gambe a segnare il suo spirito da guerriero.
«Vostra altezza, è il momento» sussurrò leggermente Nathan vicino a me.

Presi la situazione in mano, alzai la testa che portava ormai da anni il peso della corona e mi voltai verso quello che era una parte del mio popolo.

I corti capelli neri si confondevano con l'oscurità della notte accarezzandomi il collo, così come l'elegante vestito nero che indossavo.

Ero perfetta, dovevo esserlo.

«Popolo! Siete qui oggi per adempiere alla tradizione del nostro regno, che prima ancora era la tradizione delle due congreghe. Siete qui oggi, con me, la vostra regina, per dire addio ad Antoine De Maris, precedente sovrano del Regno del Nord. È stato rinvenuto morto questa mattina nelle sue stanze per colpa di un infarto. Purtroppo i medici reali non hanno potuto fare niente per salvargli la vita e tanto meno io» dissi a voce leggermente alta affinché tutti potessero sentirmi.

Feci scorrere i miei occhi su tutte le persone presenti mentre il freddo si insinuava tra di noi. Mi voltai nuovamente verso il corpo di mio padre disteso su una piccola barca e avvolto da un'incantesimo protettivo.
Spinsi con la magia la barchetta allontanandola dalla riva, allontanandola da me.
Alzai il pallido braccio destro in aria per poi abbassarlo in un momento successivo.

Dopo un singolo battito di ciglia, frecce infuocate piombarono vicino alla barca che lentamente si stava dirigendo verso il dirupo.
Sembravano stelle cadenti.
Era uno spettacolo meraviglioso, a dir poco...perfetto.

Ma il dolore lancinante che provava il mio cuore mi stava impedendo di reggermi sui miei stessi piedi. Mi voltai e iniziai a camminare verso il castello, mentre Nathan mi scortava.
I suoi capelli biondi erano attraversati da leggeri fasci di luce dovuti al fuoco, così come i suoi brillanti occhi azzurri.
«Nathan, il castello è molto vicino, visto e considerato che la cascata si trova nel giardino sul retro. Non c'è bisogno di scortarmi. È stata una giornata difficile per tutti. Prenditi dei giorni di riposo» affermai con una leggera emissione di fiato continuando a camminare.
La collana di perle che indossavo si stava stringendo al mio collo come un serpente faceva con la sua preda mentre la corona si faceva sempre più pesante. Sentivo i piedi morire lentamente dentro i tacchi che ero costretta a indossare e il fiato mancare a causa dell'abito succinto.

«Vostra maestà, come già vi avevo riferito anche in mattinata, non intendo prendermi i giorni di riposo. Mi rammarica profondamente disobbedirvi, ma questo è il mio lavoro. Sono stato allenato dai migliori combattenti del regno, per secoli, per diventare colonnello. E oggi, avendo raggiunto quell'obiettivo, devo adempiere a tutti i miei incarichi. Lei stessa mi ha scelto come guardia personale e questo significa che devo scortarvi fino alle vostre stanze».
Oramai con Nathan era sempre così.
Non avevo mai incontrato nessuno nel corso della mia lunga esistenza con un così solido senso del lavoro.

Appena entrati a palazzo il caldo clima mi investì completamente andando a scacciare tutto il freddo che si stava insinuando nelle mie ossa.

Ogni persona che incontravo durante il tragitto verso la mia stanza abbassava il capo in segno di rispetto, per poi, successivamente, scappare via.
Perlopiù erano i domestici che si occupavano del castello e guardie reali, ma c'erano anche vari conti, lord, duchi e duchesse invitati al funerale.

Arrivammo nella torre più alta, dove era situata la mia stanza personale. Nessuno accedeva a quella parte del castello, se non due persone oltre a me: Nathan e Iria, la domestica.
Per permetterle di entrare nelle mie stanze, aveva dovuto avere la mia completa fiducia e, dopo molto tempo, ce l'aveva fatta. Ogni volta tutto era in perfetto ordine e mai niente era stato rubato.

Mi voltai verso il ragazzo dietro di me che iniziò leggermente ad alzare la testa e gli occhi verso di me.
Solo i più stolti osavano intrecciare il mio sguardo per più di due secondi.
Ma in quel caso era diverso, in quel caso eravamo solo Nathan ed Edith, due amici.

«Buona notte, Nathan. Cerca di riposare» dissi aprendo il grande portone dietro di me.
«Buona notte, vostra altezza» rispose inchinandosi appoggiando la gamba destra a terra per poi posarsi la mano sul cuore.
Sorrisi stancamente scuotendo la testa per poi entrare nella mia stanza e chiudere subito dopo il portone dietro di me.
Tolsi i fastidiosi tacchi dai piedi e li posai nella cabina armadio per poi poggiare la corona sul letto.
Mi sentivo stanca, sfinita...distrutta.
Aprii la porta finestra del piccolo balcone che avevo e appoggiai delicatamente gli avambracci sul freddo cornicione.
Era il mio momento preferito della giornata.

La notte, la nuit.

Portatrice di silenzio e di cieli stellati.
A volte, se ero fortunata, capitava che riuscissi a vedere le stelle cadenti.
Oppure, quando c'era la luna piena, come in quel momento, percepivo come se la potessi toccare con un dito.
Era immensa, luminosa, semplicemente splendida. Solevo guardarla con mio padre quando ero ancora una bambina.
Mi mancava, mi mancava terribilmente. E guardare la luna in quel momento con la consapevolezza che ormai lui non c'era più mi faceva stare ancor più male di quanto io non stessi già.
Sentii nuovamente il cuore più pesante mentre i miei occhi si perdevano nell'immensa notte stellata. Un'unica e solitaria lacrima calda mi solleticò la guancia per poi andarsi a depositare sul vestito che non avevo ancora levato.
Tu me manques papa.
Mi manchi papà.

Life Goes OnWhere stories live. Discover now