33. Love trap

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Edith's POV

Tenevo quella fotografia stretta tra le mie mani tremolanti.

L'avevo analizzata ormai troppe volte. Avevo fatto saettare i miei occhi su tutta la superficie ricoperta dalla polvere e avevo studiato l'intera immagine.

Non stavo capendo.

Volevo capire, lo volevo dannatamente, ma non riuscivo a darmi delle risposte alle innumerevoli domande che mi stavo ponendo.

Io non ricordavo di aver mai scattato quell'immagine e inoltre dai vestiti che indossavo non parevo neanche io.

Indossavo dei semplici vestiti mondani.

Niente corona, niente perle, niente vestiti lunghi e appariscenti e niente tacchi.

Solo una camicia di seta infilata in una lunga gonna.

I capelli lunghi mi accarezzavano la schiena e un sorriso ampio sfiorava il mio viso.

Un sorriso come quello che non facevo da tanto tempo e non credevo neanche di essere capace di fare più.

Ero felice in quell'immagine.

Ero felice con i miei amici e con Azrael al mio fianco.

Sembrava tutto troppo perfetto però.

Così tanto perfetto e surreale che mi provocò un senso di nausea.

«Edith...» sussurrarono contemporaneamente due voci dietro di me.

Io mi voltai mentre stringevo ancora tra le mani quell'immagine.

Mi voltai e incontrai le figure di Iria e Azrael.

«Che cosa significa?» domandai rivolta all'angelo incurante della figura al suo fianco.

Il senso di felicità nel vedere Iria in piedi e stare apparentemente bene venne completamente sovrastato dalla pura e implacabile rabbia.

L'angelo, alle mie parole, abbassò lo sguardo sulla mia mano e non appena vide la fotografia sgranò leggermente gli occhi.

Ero andata lì per poterlo incontrare e per seguire il consiglio di Nathan.

Volevo rivelargli ciò che davvero provavo per lui.

Ma, in quel momento, non mi importava più.

«Che cosa significa questa fotografia, Azrael?» domandai con tono di voce stanco.

Perché ero tremendamente stanca di essere costantemente impossessata di sentimenti negativi.

Ero stanca della rabbia, stanca della tristezza, stanca della malinconia.

Iria uscì fuori con a seguito Mike e Chris e mi lasciarono da sola con la morte.

«Ti posso spiegare...»

«Allora fallo, spiegami. Perché sinceramente sono stanca. Sono tremendamente stanca, Azrael. Spiegami cos'è questa fotografia e spiegami come mai non sembro neanche io» affermai avvicinandomi a lui.

«Spiegami, ti prego...» continuai supplichevole.

Azrael's POV

La guardai lì davanti a me, inerme, con quella fotografia tra le mani.

Speravo costantemente che quel momento non arrivasse mai, ma ormai non avevo altra scelta.

Così le iniziai a raccontare la verità, una storia, la nostra storia.

«Il giorno in cui venisti da me per chiedermi aiuto non fu il nostro primo incontro. Io ti conoscevo già, come conoscevo Nathan, Mike, Chris e Iria. Vi avevo incontrati nelle vostre vite passate...» affermai per poi sedermi sulla poltrona che vi era in quella stanza.

Life Goes OnWhere stories live. Discover now