13. River of silence

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Iria non si era ripresa.

Non solo aveva un'angosciante sensazione che la stava divorando dall'interno, ma un tremendo mal di testa non la lasciava riposare. Avevo passato tutta la notte a pensare alle sue condizioni. Volevo passarla con lei ma me l'aveva vietato. Fortuna voleva che Rosa si fosse gentilmente offerta di badare a lei mentre io mi occupavo del regno. Quel giorno dovevo recarmi insieme ad Azrael, Chris e Mike al fiume del silenzio. Avevo chiesto a Nathan di prendere le mie veci durante la mia assenza. Fortunatamente quel giorno non vi erano riunioni con il consiglio, ma doveva solo recarsi nelle miniere per controllare nuovamente la situazione. Stavano sparendo misteriosamente dei minerali da giorni ormai. Se fallivamo nel trovare il ladro, il regno sarebbe entrato in un'immensa crisi finanziaria dalla quale molto probabilmente non sarebbe uscito.

E quello non potevo assolutamente permetterlo.

«Siete sicura che non volete che qualche guardia vi accompagni?» domandò Nathan alle mie spalle mentre io ero intenta a prendere le armi.

Indossavo, al contrario di tutti gli altri giorni, una camicia bianca con al di sopra un corsetto di pelle marrone e dei jeans scuri. Misi, inoltre, dei copri avambraccio marroncini in pelle, una fondina nera sulla coscia con al suo interno un pugnale e una fodera sul mio fianco che conteneva una spada.

«Sono più che sicura, Nathan, non ti preoccupare» affermai per poi posare la corona sulla mia scrivania e raccogliere i miei capelli neri in una coda alta.

«Il fiume del silenzio è pericoloso.»

«Lo so, lo so. Ma tieni a mente che sono stata addestrata dai migliori guerrieri del reame. E, soprattutto, ricorda che ci siamo addestrati insieme.»

«Non sto dicendo che sono migliore di voi, anzi, ma un paio di mani in più non farebbero male.»

«Avrò due cupi mietitori e l'angelo della morte ad aiutarmi. Pensa al problema delle miniere» risposi per poi uscire dalla mia stanza e recarmi a controllare Iria prima di andarmene.

Aprii la porta della stanza della mora per poi compiere il mio ingresso dopo che la sua flebile voce mi aveva dato il permesso.

«Oh, siete voi, vostra altezza!» esclamò per poi cercare di alzarsi prima che quella che supposi fosse una fitta alla testa glielo impedisse.

«Tranquilla, Iria. Stenditi» dissi per poi avvicinarmi al suo letto.

I lunghi capelli marroni erano spettinati e delle ciocche erano appiccicate al suo viso. I suoi grandi occhi castani, una volta luminosi, in quel momento erano come spenti e circondati da delle profonde occhiaie, segno che quella notte non aveva dormito.

«Come ti senti, Iria?» domandai facendomi spazio e sedendomi vicino a lei sul morbido materasso.

«Vorrei dirvi che mi sento bene, ma vi mentirei, vostra altezza.»

«Che cosa provi?»

«Ho mal di testa e sento freddo, vostra altezza» rispose per poi chiudere gli occhi visto che non riusciva a tenerli aperti.

«Quella sensazione è ancora lì?»

«S-Sì, vostra altezza» continuò per poi accoccolarsi maggiormente nelle coperte cercando un po' di calore.

Posai delicatamente la mano sulla sua fronte rosea e imperlata di sudore e percepii immediatamente il calore che irradiava il suo corpo.

«Hai la febbre alta. Vuoi che rimanga qui?» chiesi non sentendomela di lasciarla in quelle condizioni.

«No, vostra altezza. Andate pure.»

«Sicura? Davvero, posso rimandare.»

«Sono sicura. Rimarrà Rosa con me.»

Life Goes OnWhere stories live. Discover now