26. Civil War pt. 2

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Le parole che avevano abbandonato le labbra di Nathan si continuarono a ripetere nella mia testa anche dopo esser salita nella mia stanza.

Avevo lavorato duramente per anni. Avevo fatto tutto il necessario per mantenere la calma e la pace nel mio regno.

Avevo addirittura deciso di sposarmi con un totale sconosciuto solo per quello.

Non avrei permesso che qualche ladro mandasse all'aria tutto quanto.

Però dovevo ammettere che era anche colpa mia.

Nell'ultimo periodo avevo trascurato la situazione dei minerali e dei complottisti.

Se dovevo incolpare qualcuno per quell'orribile situazione, avrei dovuto incolpare solo me stessa.

Abbassai lo sguardo sul braccio ferito e vidi come il veleno stava colorando le mie vene di un nero intenso.

Se il veleno avesse dovuto raggiungere il cuore...

Quindi era così.

Quella sarebbe stata la mia fine.

Quella sarebbe stata la maniera in cui sarei morta.

L'unica cosa su cui ero incerta era ciò che provavo in quel momento.

Avrei finalmente raggiunto i miei genitori e avrei finalmente trovato la pace che tanto bramavo.

La pace per il mio cuore che era in agonia da ormai più di un anno.

Ero però anche triste, naturalmente.

Avrei abbandonato Iria.

Avrei abbandonato Nathan.

Avrei abbandonato Azrael...

Avrei abbandonato il mio regno, il mio popolo.

E al solo pensiero mi sentivo peggio.

I brividi erano persistenti e Iria accanto a me continuava ad asciugarmi la fronte imperlata dal sudore.

Cercavo di fare dei respiri profondi e lenti per regolare il mio battito e per mantenermi in qualche modo stabile.

Nathan continuava a fissare dalla finestra della mia stanza la situazione che si stava svolgendo all'esterno e, dalla sua espressione e dal caos che sentivo, avevo capito che non era migliorata.

Moltissimi soldati erano posizionati all'esterno della mia porta e per tutto il palazzo per proteggermi.

Solitamente non l'avrei permesso, ma in quel momento non ero in grado di proteggermi da sola.

Avevo un braccio fuori uso, la febbre e non potevo usare la mia magia.

«Come vi sentite, vostra altezza?» chiese Rosa entrando nella stanza con in mano una bacinella d'acqua fredda che subito diede a Iria.

«Sto bene, Rosa, non ti preoccupare» risposi sorridendo faticando a tenere gli occhi aperti.

«Avrei un compito per te. Riunisci tutti i domestici e teletrasportatevi al sicuro. Qui è pericoloso» affermai per poi percepire un senso di beatitudine a causa del panno freddo che Iria mi aveva posto sulla fronte.

«Con tutto il rispetto, vostra altezza, ma non possiamo lasciarvi da sola in queste condizioni» rispose la donna abbassando lo sguardo sulle mani cinte sul ventre.

«È un ordine, Rosa. Andate via da qui e mettetevi al sicuro. Potrete tornare quando la situazione sarà migliorata» dissi per poi sentire un forte botto che fece tremare le fondamenta del palazzo.

«Vai, Rosa.»

La donna annuì per poi voltarsi e uscire dalla stanza.

«Nathan, c'è qualcosa che possiamo fare?»

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