15. She was strong

464 21 80
                                    

Chris' POV

Ero nello studio di Azrael mentre bevevo un bicchiere di Whisky quando il diretto interessato entrò.

«Chris, recati al palazzo nel Regno del Nord. Avverti Nathan e Iria che Edith sta bene e che ritornerà domani. Controlla lo stato di salute della ragazza e prendi dei vestiti di ricambio per Edith» disse per poi dirigersi al tavolino con sopra un bicchiere e la bottiglia d'alcool.

«Perché stai facendo tutto questo? Sei la morte, non hai bisogno dell'aiuto di una comune mortale» affermai trasformando in parole i pensieri che per molto tempo in quell'ultimo periodo mi stavano volteggiando in testa.

«Non è affar tuo, Chris» rispose scolandosi l'intero bicchiere.

«Mi hai chiesto il mio aiuto, quindi sì, è anche affar mio.»

«Ti sbagli. Non ho mai chiesto il tuo aiuto, né tantomeno l'aiuto di Mike. Vi ho semplicemente resi partecipi di quel che sta accadendo, tutto qui.»

«Ma adesso quello che deve andare a fare una commissione per sua altezza reale sono io, non tu» risposi poggiando il bicchiere da cui stavo bevendo sul tavolino e incrociando le braccia al petto.

«Adesso stai facendo un favore a me, non a Edith» disse cadendo pesantemente sulla sedia posando il bicchiere sulla scrivania davanti a sé e poggiandosi la mano sugli occhi.

Stetti zitto e l'unica cosa che feci fu quella di teletrasportarmi davanti al castello di Edith.

Non sapevo che cosa stava accadendo ad Azrael in quel periodo, né tantomeno riuscivo a capire il perché stesse facendo tutto quello per una totale sconosciuta. Riportare qualcuno dalla morte era un gesto da pazzi e anche da disperati. Perché assecondare un'idea così malsana? Sapendo per giunta delle terribili conseguenze che ci sarebbero state. Non si poteva pretendere di riportare qualcuno in vita senza pagare un prezzo. E il mio amico lo sapeva, diamine se lo sapeva. Lui era la morte. Quello era il suo campo. Non sapevo che cosa sarebbe potuto accadere in futuro, sapevo solo che i libri del destino della regina, della guardia e della dama da compagnia del Regno del Nord erano ormai stati macchiati dai nomi dell'angelo della morte e da quelli di due suoi cupi mietitori. Noi non dovremmo mai avere a che fare con i vivi. Mai. Ci dovevamo limitare a raccogliere le anime fino a quando il nostro contratto con Morte non fosse giunto al termine. Successivamente potevamo avere il privilegio di rinascere in una culla d'oro. Quello era ciò che era realmente un cupo mietitore. Venivano scelte persone con un compito in sospeso o scelte direttamente da poteri superiori. Avevamo totale accesso alla magia e l'unica cosa che dovevamo fare era quella di raccogliere le anime e di mantenere un equilibrio tra vita e morte. L'unica cosa negativa era che non ricordavamo niente della nostra vita. L'unica cosa che ci era concessa sapere era il nostro nome. Nulla di più. E quello mi tormentava da molto tempo. Volevo scoprire chi ero e cosa avevo fatto per essermi ritrovato assegnato il ruolo di cupo mietitore.

Le guardie davanti alla porta d'entrata non mi vollero lasciar passare, il che era abbastanza plausibile visto che non potevo riferir loro la mia vera identità. Dopo aver fatto molto baccano, i portoni si aprirono e la figura di Nathan comparve davanti a me. Indossava una semplice camicia bianca leggermente sbottonata con le maniche arrotolate fino agli avambracci e dei semplici pantaloni blu. I capelli erano scompigliati e quando mi avvicinai a lui notai le profonde e scure occhiaie.

«Entra» disse per poi voltarmi le spalle e rientrare all'interno dell'immenso palazzo reale.

Le guardie mi lasciarono finalmente passare e io mi iniziai a incamminare seguendo il biondo.

Appena arrivammo in uno studio intuii che era il suo.

«Accomodati» disse indicandomi la sedia libera davanti alla scrivania.

Life Goes OnWhere stories live. Discover now