Extra Iria

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Iria's POV

Un secolo fa

Il sole brillava alto sul Regno del Nord e io avevo sfruttato quella rara occasione per fare il bucato all'aperto, sul fiume, il più lontano possibile da casa.

Tenevo la cesta con i panni sporchi incastrata tra il fianco e l'avambraccio e camminavo in mezzo alla foresta che circondava il luogo in cui abitavo.

Con me vivevano mio padre, Jacques, e sua moglie Annie.

Potevo dire che non eravamo ricchi né tanto meno benestanti. Facevamo fatica ad arrivare a fine mese e non potevo permettermi di fare molte cose. Purtroppo, essere streghe non significava poter far comparire soldi dal niente.

I miei vestiti appartenevano a mia madre ed erano tutti rattoppati con materiali diversi e di diverso colore. I miei lunghi capelli castani erano acconciati in una treccia che mi accarezzava l'intera schiena e le mie esili mani rovinate facevano fatica a tenere la pesante cesta. Ogni tanto, infatti, ero costretta a fermarmi per prendere fiato e per cercare di conservare l'energia. Avrei dovuto teletrasportarmi in riva al fiume, ma non potevo. Annie me lo impediva.

Secondo la mia matrigna, infatti, la magia era solamente uno spreco usata da me. Dovevo percepire il vero lavoro e la vera stanchezza.

Ormai non sapevo più se ce l'avessi ancora in corpo la magia.

Mi mancava. Ero una strega, faceva parte di me. La sentivo, la percepivo chiedermi di essere usata, di essere liberata. E io volevo ascoltarla, giuro che volevo, ma la paura sconfiggeva quel desiderio. L'aveva fatto e lo avrebbe sempre fatto.

Drignai i denti e continuai fino a raggiungere il corso d'acqua che si muoveva tranquillamente mentre brillava sotto la luce del sole estivo.

Seppur fosse estate, nel Regno del Nord non si raggiungevano mai temperature estreme, anzi. Dei brividi di freddo si fecero spazio nelle fessure del vestito che mi facevano intuire di dover rammendarlo, una volta tornata a casa. Ma seppur ci fosse del leggero freddo, quella, molta probabilmente, sarebbe stata la giornata più calda di tutto l'anno.

Posai la cesta dei panni sporchi sui verdi fili d'erba e mi accovacciai iniziando a lavare con estrema attenzione i vestiti di Annie e papà, soprattutto quelli di Annie.

Strofinai per bene i vestiti grazie all'aiuto dell'acqua fin quando tutto non divenne pulito e profumato. Controllai e ricontrollai nel caso non avessi visto delle macchie e, dopo essermi assicurata che non era così, strizzai il più forte che potevo i vestiti per poi rimetterli nella cesta.

Il tragitto del ritorno sarebbe stato sicuramente più complicato a causa del peso dei panni lavati.

Dopo quasi un quarto d'ora arrivai a casa e, prima di entrare, stesi i panni fuori affinché possano asciugarsi.

Successivamente entrai in casa cercando di non fare il minimo rumore e mi diressi in cucina per lavare i piatti e cucinare. Mi muovevo in punta di piedi cercando di non attirare l'attenzione di Annie su di me in quanto era l'unica in casa.

Mio padre era in città a lavorare duramente.

Il silenzio che alleggiava in casa era angosciante e di gran lunga più fastidioso del rumore che avrebbero fatto delle voci.

L'unico suono era l'acqua che usciva dal rubinetto che utilizzavo per lavare i piatti e il cinguettio degli uccelli.

Lavai i piatti, cucinai e iniziai a lavare per terra dopo aver finito di sistemare la camera da letto di Annie e papà.

Anch'io avrei voluto una stanza tutta per me.

Era già tanto se potevamo permetterci quella casetta in mezzo alla foresta. Io dormivo sul divano, in soggiorno. Inizialmente non negavo che fosse scomodo, ma dopo aver provato a dormire per terra, mi ero ricreduta. Meglio lo striminzito divano che il duro e freddo pavimento.

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