22. Violin

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Cercai di sollevare le palpebre con tutta l'energia che avevo e, dopo tanti sforzi, finalmente ci riuscii.

Un dolore lancinante alla testa mi colpì in pieno e fui costretta a sollevarmi molto lentamente. Sistemai il cuscino dietro la mia schiena e mi ci appoggiai cercando di non fare movimenti veloci.

Mi trovavo nella stessa stanza in cui ero la volta precedente.

La figura di una persona appoggiata allo stipite della porta catturò la mia attenzione.

«Ci stai facendo l'abitudine a svenire così spesso, mia regina?» chiese con un sorriso di scherno.

Non avevo la più pallida idea di che ore fossero o di che giorno fosse. L'unica cosa che mi ricordavo era che provavo a sbloccare il sigillo inutilmente fin quando non perdetti i sensi.

Muschio bianco.

Ecco cos'era ciò che ricordavo prima che l'oscurità mi circondasse.

Azrael mi aveva aiutata. Di nuovo.

Continuavo a non capirne il motivo e più ci pensavo più la mia testa mi doleva.

«Quando uso troppa magia l'energia del mio corpo diminuisce fino a farmi perdere i sensi. Se fosse per me, non sverrei così tante volte.»

Un flebile raggio lunare entrò dalla finestra illuminando la figura di Azrael quel poco che bastava.

Una spalla appoggiata allo stipite della porta, le braccia incrociate al petto, i capelli sciolti che gli accarezzavano delicatamente il pallido viso, i suoi profondi occhi rivolti verso di me e un sorriso compiaciuto sulle sue labbra medie.

«Quanto tempo è passato?» domandai cercando di alzarmi ma venendo fermata da un capogiro che mi costrinse a restare a letto.

«Un paio di giorni.»

All'udire quelle parole sbarrai gli occhi e tentai nuovamente di scendere dal letto. Ma quella volta, a interrompermi non fu solo un altro capogiro, ma anche la sua profonda voce.

«Tranquilla. Ho provveduto ad avvisare Nathan e Iria, non ti preoccupare, mia regina, prendila come una vacanza.»

I sovrani non potevano permettersi il lusso di una vacanza. Figuriamoci io con le innumerevoli situazioni che dovevo sistemare.

«Perché stai facendo tutto questo?» chiesi all'improvviso. Dovevo saperlo, dovevo capire perché l'angelo della morte si disturbava ad aiutare me.

«Te l'avevo già detto. Voglio ritrovare mia sorella e tu sei l'unica che puoi aiutarmi.»

«Lo so, lo so, ma so anche che c'è un altro motivo. Sbaglio?» domandai curiosa di sentire la risposta. Avevo il timore che tutto ciò fosse parte di un piano e che mi stesse ingannando, ma una parte di me mi diceva di fidarmi. E io, in quel momento, mi stavo affidando completamente a quella parte.

«Non sbagli...» rispose distogliendo lo sguardo da me e puntandolo verso la portafinestra davanti a lui.

«E allora qual è la reale motivazione? Perché stai facendo tutto ciò per una completa sconosciuta?»

«Ma tu non sei una completa sconosciuta. In tutto questo tempo ho imparato a conoscerti.»

«Ah sì?» domandai scostando le coperte sopra di me e mettendo i piedi per terra.

«Sì.»

Camminai fino a ritrovarmi di fronte a lui e solo in quel momento notai la differenza d'altezza tra di noi. Solitamente, indossando i tacchi, non si notava molto, ma in quel momento, essendo scalza, era palese.

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