Capitolo 9

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KYLE

"Che cazzo è successo?" mi chiede allarmata.

Guardo in basso e vedo la mia mano coperta completamente di sangue. Ho dei tagli profondi sulle nocche. Me le sono letteralmente spaccate. La mano sta tremando un po'. Spero di non essermela rotta.

Porto di nuovo lo sguardo su Sofia e noto che si è avvicinata. Trattengo il fiato per un secondo. La vedo aprire il suo zaino e tirare fuori un asciugamano. Subito dopo mi prende la mano e ci avvolge intorno quel pezzo di stoffa.

"Almeno così non sanguinerai per tutta la scuola" dice, poi si volta e ci incamminiamo per lasciare gli spogliatoi.

La seguo ma, invece di andare verso il parcheggio, raggiungiamo un altro corridoio.

"Dove stiamo andando?" le chiedo, affiancandola.

"Hai già dimenticato quello che ci ha detto Oliver?" mi dice con un sorriso compiaciuto.

La guardo confuso, ma non aggiungo altro. Noto che siamo arrivati alla piscina e inizio a intuire qualcosa. Poi raggiungiamo spogliatoi. Sofia apre delicatamente la porta dello spogliatoio delle ragazze e avanza lentamente. La seguo, ma ci rendiamo subito conto che è vuoto. Usciamo e apriamo la porta di quello dei ragazzi e sentiamo subito dei gemiti. Sofia si volta verso di me con un ghigno e a quel punto mi è tutto più chiaro.

Avanziamo lentamente, cercando di non farci sentire. Sentiamo un rumore metallico. Superiamo alcuni armadietti e riusciamo a vedere Carter che si scopa Blake contro gli armadietti. 

Sofia tira fuori il telefono e fa il video. Rimaniamo fermi immobili, cercando di non fare rumore.

"Dimmi che ti faccio godere più di quanto riesce a fare mio fratello" dice Carter, spingendo sempre più forte.

"Sì..." ansima Blake. "Sai che sto con Jack solo perché è il capitano della squadra di basket. Preferisco te, ho sempre preferito te".

Sofia interrompe il video e ci dirigiamo verso l'uscita. Siamo quasi alla porta quando accidentalmente urta una delle panche, facendo riecheggiare il rumore per tutta la stanza.

"Chi c'è?" urla Carter.

"Cazzo" sussurra Sofia.

Sentiamo subito dei passi e io capisco che non faremo in tempo a uscire dallo spogliatoio. La prendo per un gomito e la trascino dentro a uno degli armadietti aperti, poi entro subito dopo di lei, richiudendo l'anta dell'armadietto alle mie spalle.

Siamo stretti qui dentro. Il mio petto aderisce perfettamente alla sua schiena e il mio cazzo è contro il suo culo.

Porca puttana!

Cerco di concentrarmi, di regolarizzare il respiro per non farmi venire un'erezione in questo momento, ma con lei è impossibile. È già troppo tardi. La osservo. Ha le mani contro la parete dell'armadietto. I ricci argentati ricadono delicatamente lungo le sue spalle. È tesa. Non c'è un singolo muscolo del suo corpo che non sia in tensione. Il suo respiro è accelerato. Capisco in quell'istante il perché.

Ricordo subito di quel giorno a casa sua durante il quale le ho ho sfiorato la schiena per errore. Ha avuto un attacco di panico. In questo momento il mio petto preme con decisione contro la sua schiena e lei non ha alcuna via di fuga.

"I-io...io devo girarmi" sussurra.

Sento la sua voce spezzata. Sembra che sia sul punto di piangere.

"Va bene" sussurro, cercando di tranquillizzarla.

Ci manca solo che abbia un attacco di panico in questo momento. 

HandlingWhere stories live. Discover now