Capitolo 12

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KYLE

Mi preparo per la festa indossando jeans neri e una camicia dello stesso colore, che lascio aperta fino allo stomaco, mettendo in mostra molti dei miei tatuaggi. Negli anni ne ho fatti davvero tanti, la maggior parte sulle braccia e sul petto, ma di molti mi sono pentito, soprattutto perché li ho fatti da ubriaco.

Non vedo Sofia per quasi tutto il pomeriggio. Dopo essersi fatta la doccia si è rinchiusa nella sua stanza e quando esce io rimango senza parole.

Sono in salone e la vedo scendere le scale. La prima cosa che noto sono gli stivali neri, che le arrivano fino a sopra il ginocchio, poi vedo una minigonna, anch'essa nera e a stento le copre il fondoschiena. Sopra indossa un top bianco, che le lascia scoperta appena un po' la pancia. È scollato sul davanti, mettendo in mostra quel seno non troppo piccolo, mentre è completamente chiuso sulla schiena. Ha piastrato i capelli e così le arrivano quasi fino al culo.

Dio...quanto è bella.

Sento la gola farsi secca. Non so cosa dire. I miei occhi non riescono a staccarsi da lei. È una visione. Un angelo sceso dal cielo. Sto per dirle quanto sia bella, ma lei mi ferma prima che possa dire qualunque cosa.

"Non dirlo" mi ordina semplicemente, intuendo le mie intenzioni.

Rimango in silenzio, rispettando la sua richiesta, anche se trovo assurdo che non voglia sentire un complimento così semplice e così vero. I suoi occhi truccati attirano la mia attenzione. Con eyeliner e mascara nero, l'azzurro e il verde delle sue iridi sono persino più intensi. Le sue labbra rosse sono da pornostar, esattamente come la prima volta che l'ho vista.

"A-andiamo?" le chiedo, riacquistando finalmente la capacità di parlare.

"Aspetta, prima ho bisogno di una cosa" mi dice e la vedo avvicinarsi al tavolo del salone.

Tira fuori una bustina con la coca e si prepara una striscia.

"Tu la vuoi?" mi chiede, mentre afferra una delle sue collane, alla quale c'è un tubicino come ciondolo.

Avvicina un'estremità al tavolo e l'altra al naso e aspira tutta la striscia, chiudendo poi gli occhi per godersi quell'istante. Torna a guardarmi e, vedendo che non mi sono avvicinato, capisce che io non la voglio. Si passa velocemente un dito sotto al naso, togliendo i residui di polvere bianca, poi torna da me.

"Andiamo?" mi chiede, vedendo che io non ho la forza di muovere un muscolo.

Scuoto leggermente la testa per svegliarmi da quello stato di trance in cui sono entrato per colpa sua, poi annuisco. Prendo la mia giacca di pelle e saliamo a bordo della mia Range Rover.

"Credi che sia il caso di affrontare la missione se sei fatta?" le chiedo, senza togliere gli occhi dalla strada.

Ho notato che, stando seduta sul sedile dell'auto, la gonna che la copre appena. È salita ed è un po' troppo scoperta. Non posso lasciarmi distrarre, così mi concentro a non guardarla.

"Non affronto mai una missione senza un po' di coca" mi risponde seria.

In effetti non sembra sballata, ma so che in questi giorni ne ha assunta troppa. Dopo la notte in cui ha avuto l'incubo, non ha più dormito e so che per rimanere sveglia  ha usato la coca. Afferma di non esserne dipendente, ma sono sicuro che se non l'avesse più, sarebbe in crisi.

"Perché? Non hai paura di non essere abbastanza lucida?" le chiedo ancora.

"No, questo non mi preoccupa. Riesco a rimanere concentrata sull'obiettivo" mi dice, poi sembra pensare a qualcos'altro da dirmi.

HandlingWhere stories live. Discover now