Capitolo 18

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KYLE

"Che sta succedendo?" chiedo allarmato.

"Avete combinato un bel casino questa sera. Riesco a coprire le stronzate che fate di solito, ma la morte di sei poliziotti è difficile da coprire" dice e con quella frase capisco che anche gli altri due poliziotti sono morti.

Chissà se Sofia lo ha già saputo.

"Inoltre entrambe le vostre auto sono state riconosciute" continua. "Mettendo le due squadre insieme credevo di aver fatto una buona mossa, di poter ottenere il doppio dei risultati e invece ho ottenuto solo il doppio dei problemi".

"I risultati li hai ottenuti" dico io. "Abbiamo preso la collana come ci avevi chiesto".

"Oh, lo so" dice Aedus ghignando.

Infila la mano nella tasca e tira fuori la collana di diamanti che abbiamo rubato stasera.

"Bob si è occupato personalmente di recuperarla dalla coscia di Sofia, non è così Bob?" chiede ridendo e rivolgendosi a una delle due guardie.

"Oh sì, capo" dice quello stronzo di Robert, mettendosi una mano sul cazzo.

No. Non può averlo fatto veramente. Non può essere successo sul serio. 

Mi scaglio contro quell'uomo e gli do un pugno sul naso, ma subito dopo l'altro mi afferra e mi tiene le braccia dietro alla schiena. Inizio a dimenarmi e a urlare.

"Che cazzo le avete fatto?" chiedo, scalciando e cercando di far mollare la presa a quello stronzo.

"Quello che andava fatto" mi risponde Aedus.

"E questo che cazzo significa?"

"Che avete sbagliato ed ora pagherete" dice ed esce dalla stanza, lasciandomi da solo con le due guardie.

So cosa significa quella frase. Con Aedus pagare significa solo una cosa: castigo.

Mi riempiono di colpi e io li incasso tutti in silenzio, sperando che con Sofia non siano stati così duri, non come l'ultima volta. Inoltre continuo a pensare a quella frase. Al fatto che abbiano recuperato la collana dalla coscia di Sofia e che subito dopo averlo detto quello stronzo di Bob si è toccato il cazzo. Prego affinché quello che ho pensato non sia successo.

Continuano a colpirmi, ma ormai non sento più i loro colpi. La mia testa è altrove. Non riesco a smettere di pensare a lei.

Dopo minuti che mi sembrano interminabili, smettono di colpirmi e, non appena mi lasciano, cado in avanti. Mi lascio sfuggire qualche colpo di tosse causato dai tutti i pugni allo stomaco che ho preso.

Una volta aver trovato di nuovo il regolare respiro, mi alzo in piedi e vedo i due uomini aprire la porta, invitandomi a uscire.

Quando varco la soglia, sento dei passi pesanti avvicinarsi e poco dopo vedo Sofia avanzare a testa bassa. Non appena alza lo sguardo rimane come pietrificata e per me è lo stesso. 

È peggio di quando è stata picchiata la prima volta che l'ho vista, ma non per le ferite che riporta, ma per il suo sguardo. Le ferite sono abbastanza lievi. Ha un labbro spaccato, una guancia arrossata e un occhio che probabilmente nel giro di poche ore diventerà nero, ma nei suoi occhi c'è un tipo di terrore che non ho mai visto. È come se i temporali, tutte le volte che qualcuno ha provato a toccarla e l'esplosione delle due auto della polizia si fossero messi insieme e lei avesse vissuto tutto quello in pochi secondi. 

Quello che vedo nel suo sguardo è molto più della paura. È un terrore che non ho mai visto prima.

Tento di avvicinarmi a lei, ma la vedo subito allontanarsi. Le guardie ci dicono di dirigerci verso l'uscita e noi lo facciamo senza dire una parola.

HandlingWhere stories live. Discover now