Hold me closer

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Hold me closer


L'ultima volta in cui Simone è stato a Roma per più di un paio di settimane, era poco più di un adolescente.

Aveva diciannove anni, un diploma di liceo scientifico, tanti sogni nella testa e un cuore spezzato.

Era stato soprattutto per quello che aveva deciso di allontanarsi da Roma, di andare a Glasgow da sua madre e di frequentare l'università lontano da quella che era sempre stata casa sua.

Aveva preso quella decisione dopo una settimana di notti insonni, dopo aver fatto almeno una decina di liste di pro e contro. E alla fine si riduceva tutto a due voci, una per ogni colonna.

Pro: a Glasgow non c'è Manuel.

Contro: a Glasgow non c'è Manuel.

Lo stesso concetto che aveva due significati opposti.

Alla fine aveva vinto il pro.

Simone ci aveva riflettuto per talmente tanto tempo che gli si era annebbiata la vista. E poi alla fine aveva deciso.

Non poteva continuare a restare a Roma, a vedere Manuel ogni giorno dopo che qualche mese prima, durante la gita scolastica a Berlino, avevano litigato e si erano lasciati senza più rivolgersi la parola.

Che poi lasciati non è nemmeno la parola giusta. In fondo, non erano mai nemmeno stati insieme davvero.

C'erano stati baci, c'era stato il sesso - tanto sesso - e c'erano state anche tante serate trascorse sul divano a guardare un film. Come una coppia qualsiasi.

Ma fuori dalla loro bolla, Manuel non aveva mai lasciato intendere di avere una relazione o di essere anche solo preso da qualcuno.

E quel giorno, davanti alla porta di Brandeburgo quando Simone aveva istintivamente allungato una mano verso di lui per intrecciare le dita con le sue, era stato fin troppo ovvio che i due anni passati a scambiarsi baci e carezze non valessero poi molto.

Manuel lo aveva guardato con una scintilla di rabbia negli occhi, gli aveva chiesto se fosse impazzito a prenderlo per mano davanti a tutti. E Simone, incapace di trattenersi, era esploso a sua volta dicendogli che non aveva senso continuare quella cosa tra loro se aveva così tanta paura di tenerlo per mano.

Era stata l'ultima volta in cui si erano rivolti la parola.

Poi l'anno scolastico era finito, avevano sostenuto gli esami di maturità e Simone, alla fine dell'estate, era partito per Glasgow.

Era tornato a Roma per le vacanze di Natale ogni anno, a volte anche per quelle estive. Ma lui e Manuel non si erano più visti, nemmeno una volta.

E a Simone in fondo andava bene così.

Se qualcuno ti ha fatto del male è da masochisti sperare di rivederlo, giusto?

Ora però Simone di anni ne ha ventotto, una laurea in matematica, un curriculum che farebbe invidia a qualsiasi ragazzo della sua età. E di sogno ne ha uno solo: tornare a casa. Anche se significa rischiare di rivedere chi gli ha spezzato il cuore.

Roma è grande, immensa. Questo Simone lo sa benissimo. Eppure sa altrettanto bene che le probabilità di incontrare Manuel non sono poi così poche.

Sa che è rimasto in contatto con i loro vecchi compagni di classe - Laura gliel'ha detto qualche tempo prima - ed è quasi certo che prima o poi si ritroveranno in occasione del compleanno di uno di loro o per una di quelle assurde rimpatriate a cui nessuno vuole partecipare ma a cui si finisce per andare ugualmente.

I was blind before I met youWhere stories live. Discover now