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"Così hanno decretato gli dèi.
Che, nel perdersi, ciascuno
possa ritrovare se stesso."
Omero, Odissea

Perché mai qualcuno dovrebbe scegliere di partecipare ad un noioso seminario su come costruivano vecchie capanne di tufo nel tremilaepassa anni avanti Cristo, con il professore più soporifero nella storia di professori soporiferi, invece di passare il pomeriggio in un qualunque altro luogo al difuori di qui!?
Eppure ecco qui un esule gruppetto di una ventina di studenti pronti a passare le prossime quattro ore a guardare il nulla, cercando di mantenere il più possibile uno sguardo attivo e attento mentre la loro anima viene risucchiata da quelle scomode sedie di legno.
Probabilmente il loro ideatore avrà pensato "Hey, come possiamo progettare queste sedie rendendole il più scomode possibili!?" Sicuramente Dante avrà organizzato un girone infernale anche per loro.
Come mai quindi stiamo andando in questo vecchio aulario ad ascoltare un noioso monologo? Semplice. Crediti extra!
Che geniale invenzione! Altrimenti ci saremo persi questo, o altri fantastici seminari. Alcuni, quelli più rari, sono anche interessanti e costruttivi, ma sono anche i primi che vanno a ruba. Giuro di aver visto anche qualche ragazzo litigare per ottenere l'ultima prenotazione rimasta.

Sentii poi una mano scuotermi la spalla.
«Rei! Rei ci stai ascoltando o no?!»
Ania Kazumi, aka la ragazza più solare di tutto l'istituto, quella che dopo neanche un'ora dall'inizio del corso aveva già fatto amicizia con più della metà dei ragazzi del primo anno.
Ergo la mia antitesi.

In silenzio le riservo uno dei miei soliti sguardi con un misto di noia e sonno. Le due mie principali qualità.
«Dai Ania è evidente che il nostro Reiuccio è perso di nuovo nel suo mondo»
Sento urlare da Carlos mentre mi afferra portando un suo braccio intorno alle mie spalle. Il suo strattonarmi verso di lui mi fa quasi perdere l'equilibrio.
«Allora, caro Rei stavamo parlando di cosa organizzare stasera dopo essere sopravvissuti a questo fantastico pomeriggio. Ania proponeva il cinema, o uno di quei pub con la musica. Tu che scegli?»
Si sistemò la sottile montatura nera dei suoi occhiali e mi rivolse uno dei suoi sguardi del tipo "Non azzardarti a dire la solita frase e scegli".
Lo ignorai.
«Io passo. Credo che starò nella mia stanza con i videogiochi»
«E ti pareva»
Dissero in coro i miei due amici.
«Hikikomori» Aggiunse poi Ania.
«Hikkike?... È un tipo di sushi? Si mangia?»
Carlos domandò dando completa attenzione alla ragazza alla nostra sinistra, liberandomi finalmente dal suo braccio.
«Hikikomori, un termine giapponese, persone tranquille che restano a casa. Il mio tipo di persone preferito, l'esatto opposto di voi due»
Dissi con un sussurro, il mio tono di voce abituale.
«Non è esattamente così Rei! Viene da hiku che significa tirare e komoru chiudersi. Sono persone che scelgono di estragnarsi da ogni contesto sociale! Possono chiudersi in casa anche per mesi, o anni!»
Obbiettò Ania, giocando con una ciocca di capelli castani che era era solita schiarire diventando così di un castano chiaro quasi caramello, quando parla in giapponese il suo, sebbene lieve, accento si fa sentire e quando parla del Giappone i suoi occhi scuri e lievemente striati di grigio, ereditati dalla madre, scintillano come un cielo notturno pieno di stelle.

Aveva passato gran parte della sua infanzia viaggiando tra il Giappone e l'America. Suo padre, un ex giocatore di baseball dopo il liceo aveva scelto una carriera da imprenditore più che da atleta e in uno dei suoi viaggi di lavoro aveva conosciuto un'affascinante donna giapponese, ovvero la madre di Ania e decisero di stabilirsi in Giappone per un po'. Con l'inizio del liceo Ania e la sua famiglia si trasferirono in America per esigenze lavorative.

«E come ho detto, il mio genere di persone preferito»
Continuai, tornando poi a fissare con disinteresse il resto dei miei compagni che camminano verso l'auditorium per il seminario.
Carlos prese di nuovo parola spostandosi tra me e Ania e posò un braccio su entrambe le nostre spalle.
«Non preoccuparti amico! Ti salveremo noi, non ti faremo diventare uno zombie conte Dracula che non vede la luce del sole!»
«Ti prego non farlo»
Sussurrai, i miei amici sono abituati al mio tono di voce ormai, quindi sono certo riescano a sentirmi.
«Per prima cosa amico»
Carlos iniziò a passare la sua mano tra i miei capelli «dobbiamo tagliare un po' questa chioma nera. Qui dietro al collo ci starebbe bene una rasatura. Posso fartela uguale alla mia se vuoi»
«Per carità no!»
Esclamò Ania liberando i miei capelli dalla sua mano
«Non sono così lunghi, gli stanno bene. Inoltre quando ti leghi questi qui di sopra mostrando la rasatura laterale sei alquanto figo. Dovresti portarli sempre così»
Continuò iniziando a fare anche lei acconciature con i miei capelli.
Faccio qualche passo avanti liberandomi completamente da loro due.
«Li lego così solo quando gioco ai videogiochi, altrimenti i capelli mi andrebbero negli occhi. Ora possiamo smettere di parlare dei miei capelli e dirigerci nell'aula?»

What's my name?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora