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I miei sapevano che ero qui? Si senz'altro li avranno chiamati. Mi scostai da George e lo fissai scuro in volto, lui rimase perplesso dal mio improvviso cambio d'umore. «I miei lo sanno dell'ospedale e tutto il resto?» Gli chiesi, George ci mise un po' prima di rispondermi, iniziai a immaginare una sua probabile risposta affermativa e dovevo prepararmi ad essa, ma poi scosse la testa. «Non sapevamo se volevi che sapessero o no. Le tue condizioni erano stabili, chiaramente se fosse successo qualcosa o se peggioravi li avrei chiamati. Ho anche chiesto a mia madre di non dire nulla alla tua» Mi disse passandosi agitatamente una mano tra i capelli. Tirai un filo di sollievo, almeno non dovevo discutere con i miei genitori. «Oh quindi lo hai detto ai tuoi genitori e non ai miei?!» Gli risposi ironico. «Hey, ero nel panico!» Si come poterlo biasimare. «Comunque se vuoi posso avvertili» Continuò cauto come se stesse camminando su un pavimento di cristalli. Scrollai le spalle «Fa pure, ma non credo cambi qualcosa. Mio padre starà dall'altra parte del pianeta e mia madre forse non vorrà nemmeno vedermi» Gli risposi. Nella stanza tornò il silenzio. «Quando mi parli così mi confondi. Quindi vuoi che li avverta o no?» Mi alzai piano camminando verso la finestra della camera. «A me non importa, ma credo che essendo il loro unico figlio dovrei avvisarli che sono in ospedale. Però dirgli che è stato un'incidente, non scendere troppo nei dettagli» Guardai oltre la finestra, George che mi aveva subito seguito appena mi sono alzato si posizionò accanto a me per assicurarsi che non cadessi visto che mi sentivo ancora un po' debole e stanco e per darmi più sostegno avvolse un braccio intorno alla mia vita e mi tirò di più a se. «Okay, allora li avviserò» Rispose abbracciandomi con entrambe le braccia e poggiò il mento sulla mia spalla, lui è di poco più alto di me quindi si è dovuto abbassare. Restammo così a guardare fuori la finestra per un po', sentivo il respiro caldo e regolare di George sul collo e mi fece rabbrividire. Le sue braccia avvolgermi forte, i suoi capelli soffici mi facevano il solletico. Guardai ancora oltre quel vetro e quel parcheggio quasi deserto circondato dagli altri palazzi grigi dell'ospedale, grazie a George, mi parve come il migliore dei paesaggi che potessi osservare.
Passó qualche minuto, o forse cinque o dieci. «Ora però hai bisogno di tornare a letto» Mi sussurrò George avvicinando le sue labbra al mio orecchio, io scossi la testa. George mi tirò leggermente per un braccio. «Su dai andiamo, è inutile che continui a fare Giulietta affacciata al balcone perché il tuo Romeo è già qui e vuole che vai a riposarti» Replicò. Lo guardai alzando gli occhi al cielo mentre entrambi camminiamo verso il letto. «Guarda che Romeo e Giulietta finiro male, vuoi davvero basare questo su una tragedia romantica?» Sospirai, lui si voltò e mi sorrise ghignando «Ma noi siamo diversi. Romeo era etero per esempio» Disse continuando a sorridere. «E tu che ne sai? Solo perché stava con Giulietta? Poteva anche avere una storia segreta con qualcun altro» Risposi assecondando la "metafora" di George. Lui mi guardò perplesso, si mordicchiò un labbro pensando a come rispondermi. «Okay lasciamo perdere Romeo e Giulietta. Anche perché Romeo non aveva di certo te, quindi io lo batto di almeno un milione di volte. Ora dormi» Concluse, ammetto che diventai leggermente rosso, devo ringraziare la stanza semibuia che nascondeva abbastanza bene il mio volto. «Io dormo solamente se tu torni a casa e dormi per bene su un letto comodo. Altrimenti me ne andrò girando per tutto l'ospedale, forse potrei anche prendermi qualcosa al bar che sta nell'altro edificio. Sai che sarei capace di farlo» Lo guardai con aria di sfida, anche se so che George non tornerà mai a casa per riposarsi, ma non voglio che stia male o si stanchi a causa mia. George ci pensò poi mi guardò, potevo vedere le rotelle del suo cervello fumare per la frustrazione e forse anche un pizzico di rabbia. Sospirò «Sei proprio uno stronzo lo sai!? Facciamo un altro accordo, resto con te fino a quando non ti addormenti e poi ti prometto vado a casa, ma tu mi prometti che non farai casini mentre non ci sono. Come ti suona?» Mi propose e io accettai. George uscì dalla stanza dicendomi che avrebbe avvisato un attimo i miei genitori e si propose per andare a prendere qualcosa al bar. Da quello che mi avevano raccontato Ania e Carlos quel bar era nel padiglione dell'altro edificio, ci volevano almeno dieci minuti per arrivarci così mi misi comodo, accesi la lampada sul comodino e ripresi il mio disegno. Dopo qualche minuto sentii il telefono vibrare per l'arrivo di un messaggio. Afferrai il cellulare e rimasi colpito di vedere che non era né da parte di Ania né di Carlos e neppure di George. Mi bloccai quando lessi il mittente. Papà. Titubante lo aprii e gli risposi. Appena inviai il mio messaggio vidi subito che la spunta si colorò immediatamente e segnava il visualizzato, immediatamente subito dopo sul display comparse la schermata di una chiamata. Inspirai profondamente prima di rispondere a mio padre. «Ciao papà» Non ebbi neanche il tempo di finire la frase che lui mi rispose parlandomi sopra. «Rei! Dio, stai bene? Ho ricevuto un messaggio da George. Non pensavo di trovarti sveglio a quest'ora, io ora sono in Australia lì da tè dovrebbe essere notte. Non ti ho svegliato vero? Come stai?» Parlò accelerato come se avesse messo il riproduttore della voce in x2. «Si, papà tranquillo, sto bene» Cercai di rassicurarlo, non mi aspettavo di trovarlo così, è sempre stato un uomo d'affari composto e distaccato, mostrava affetto a modo suo ma di sicuro non era il tipo da libere emozioni. «Figliolo sei sicuro? Non è come l'ultima volta vero? Ti avevo detto che se stavi di nuovo male dovevi avvisarmi» Mi rimproverò cercando di non sembrare troppo duro. «Si tranquillo non è come anni fa, sto bene. Ci sono anche Ania e Carlos con me. E c'è anche George a farmi compagnia, non preoccuparti troppo» Risposi. «George eh? Mi ha sorpreso che sia stato proprio lui a chiamarmi poco fa. Erano anni che non ti sentivo parlare di lui. Sicuro che vada tutto bene lì?»
«Si, si, con George va tutto bene, davvero» Continuai. «Oh, quindi avete fatto pace? Siete tornati amici?» Mi domandò, dal suo tono sembrava essersi tranquillizzato, almeno un po'. «Si, più o meno» Gli risposi, si abbiamo fatto pace ma sul "tornare amici" ho qualche dubbio, non ne abbiamo parlato ma credo che siamo un qualcosa di un po' di più di amici. Almeno credo, spero. «Bene, mi fa piacere. George è sempre stato un bravo ragazzo, mi fa sentire più tranquillo sapere che è lì con te. Ora figliolo sarà veramente tardi è meglio se ti riposi un po'» Mio padre concluse calmo, lo salutai e posai il telefono sul comodino. Mi voltai verso la porta come se sentissi una presenza. «Guarda che puoi entrare, o hai bisogno di archetti trionfanti e trombe che annunciano la tua presenza?» Dissi sarcastico sapendo che George era dietro la porta e infatti pochi istanti dopo la porta si aprì e lui entrò nella stanza con due bicchieri. Menomale che avevo ragione ed era lui altrimenti sarebbe stata una grossa figura di merda nella storia delle figure di merda. George sorrise impacciato. «Scusa, e che ti sentivo parlare con qualcuno e ho pensato fosse tuo padre e volevo lasciarti un po' di privacy» Spiegò avvicinandosi. «Tu che rispetti la privacy? Sarebbe la fine del mondo» Lo presi in giro. «E comunque potevi entrare, tu meglio di tutti conosci il rapporto tra me e i miei genitori» George mi fece un sorriso di apprensione, poi si sedette accanto a me e mi passò un bicchiere. «Cioccolata calda» Disse, poi notò l'album sul comodino. «Disegni?» Mi domandò. «Scarabocchi più che altro» Risposi. «Posso vederli?» Annuii e sporgendomi verso il comodino gli passai il blocco da disegno. Non c'erano chissà che grandi disegni, a parte alcune bozze per qualche progetto che ci assegnavano il resto erano giusto dei disegni che facevo per esercitarmi e passare il tempo. George nonostante tutto sfogliò le pagine con attenzione ammirando ogni disegno. «Sei diventato davvero bravo. Sai l'ultimo tuo disegno, quello che mi hai regalato alle medie lo tengo ancora conservato a casa dei miei» Mi disse pieno di orgoglio. Lo guardai e mi sentii fortunato che tra tutte le persone al mondo io finii per incontrare lui. Passammo così il resto della notte, io appoggiato a George bevendo cioccolata parlando di tutto e allo stesso tempo di niente, ridendo come due vecchi amici, fino a che non mi addormentai profondamente su di lui.
Io rispettai la mia parte di accordo e andai a dormire senza fare danni ma George non rispettò la sua, non tornò a casa dopo che io mi addormentai.
Aprii gli occhi e il sole si era da poco alzato in cielo. «Non dovevi andare a casa?» Mormorai a George, che ovviamente non mi rispose visto che stava dormendo accanto a me abbracciandomi come se fossi un peluche. «Però va bene anche così» Sussurrai lasciandogli inconsapevolmente un bacio tra i capelli, George mugolò qualcosa. «Sono a casa» e tornò a dormire. Presi il telefono e risposi ai buon giorno di Ania e Carlos, poi aprii qualche app per vedere qualche video divertente e passare il tempo. Mi voltai verso George «Fatti un po' più in là, sembri una stufetta» Gli dissi, lui in risposta si avvicinò stringendomi ancora di più. «Stufetta» Mormorò. «No George ho caldo!» Lui apri gli occhi, ancorandoli ai miei. «Sei comodo da usare come cuscino» Mi disse con la voce ancora impastata dal sonno, si passò una mano sugli occhi per svegliarsi. «Devo essermi addormentato prima di andare a casa» Si risistemò accanto a me e guardò i video che stavo scorrendo sul telefono. «Ma và!? Non mi dire, non me n' ero accorto» Ironizzai. George rise. «Anche io ho visto questo, guarda la fine» Indicò il video sullo schermo.
Dopo alcuni minuti sentimmo bussare, mi aspettavo di vedere un'infermiera o la dottoressa venuta per un controllo e invece erano Ania e Carlos, entrambi avevano delle buste in mano. Fui sorpreso di vederli qui visto che oggi abbiamo lezione. «Oh andiamo ragazzi, così mi fate sentire solo più single però» Esclamò Carlos sarcastico, guardai velocemente Ania e Carlos poi George che stava addosso a me e le mie guance divennero rosso fuoco. Ania diede una gomitata nello stomaco di Carlos. «Sei un caso perso» Disse rivolta a Carlos. Scattai e mi tirai su sedendomi sul letto. «Ragazzi che ci fate qui? Non ci sono le lezioni?» Chiesi. Con la coda dell'occhio vidi che anche George si era alzato e seduto accanto a me. «Sorpresa!» Esclamò Ania. «Amico ci devi un sacco di serate dei giochi perse, dobbiamo recuperare» Continuò Carlos e Ania mi mostrò il contenuto di una delle buste, conteneva una decina di giochi da tavolo poi tirò fuori una scatola. «Abbiamo anche scoperto da un uccellino che in questo gioco sei incredibile!» Disse Ania trattenendo qualche risata, ovviamente era sarcastica visto che la scatola che aveva tirato fuori era quel gioco in cui crei la torre con i pezzi di legno e dopo devi toglierli senza farla cadere, e io in quel gioco sono proprio negato. Ovviamente sapevo chi era "l'uccellino" che aveva suggerito loro l'unico gioco in cui faccio schifo. Mi voltai verso l'uccellino in questione, se aveva suggerito loro il gioco significava che sapeva anche di questa sorpresa, ovviamente mi faceva piacere passare del tempo con i miei amici, ma avrei voluto saperlo, odio non sapere. «Tu lo sapevi?» Gli dissi, lui non rispose ma io lessi il suo sguardo. «Si, certo che lo sapevi»
«Su dai giochiamo! In tutti questi anni non credo di aver mai visto Rei perdere ad un gioco!» Disse Carlos eccitato di giocare. Così ci posizioniamo tutti intorno al letto, il gioco al centro, Carlos si sedette ai piedi, io e George rimanemmo seduti alla testa e Ania prese la sedia e si avvicinò al letto. Ovviamente non persi al primo turno ma al terzo feci crollare la torre, che cadde in modo spettacolare addosso alle gambe di George facendomi sorridere. Carlos scattò una foto per immortalare il momento. Provammo a fare altre partite ma evidentemente giocare a Jenga su una superficie morbida come quella di un materasso, con tanto di giocatori che si muovevano sopra di esso non era il massimo, quindi optammo per cambiare gioco.
«Vi sentite più artisti o investigatori?» Domandò Ania tirando fuori la scatola del cluedo e quella di un gioco in cui bisognava disegnare e indovinare il disegno. «Uh, io sicuramente artista! Faccio squadra con Reuccio. Un pittore e uno scultore contro una sceneggiatrice e un musicista! Sarà uno scontro epico!» Esultò Carlos prendendo la scatola. «Più che altro sarà un disastro, io sono pessimo nel disegno, e il cavallo fratello di Frankenstein fatto in terza elementare può confermartelo» Ribattè George. « Dai George gli dimostreremo che potremmo batterli» Lo animò Ania e così iniziammo a giocare. La squadra mia e di Carlos guadagnò rapidamente punti, mentre quella di George e Ania andava un po' più a rilento. «È una racchetta! Un'arpa!» Urlava Ania mentre George continuava a disegnare cercando di rendere più chiaro il disegno. «Una padella!» Urlò a caso Carlos anche se non era il suo turno. «No, dai ragazzi è facile!» George continuava ad aggiungere dettagli. «Un suonatore di arpa! Un musicista!» Esclamò Ania, George disegnò un pollo, o almeno sembrava un pollo «Ci sei vicina!» Ania e George cercavano di comunicare in ogni modo ma lei non capiva e lui è incapace nel disegno, Carlos ormai stava morendo dalle risate. Era davvero una scena esilarante. Guardai un attimo il disegno di George. C'era disegnato una specie di pollo e una specie di uomo che sembrava stesse suonando qualcosa, si poteva capire che stava suonando solo perché ci aggiunse delle note musicali altrimenti sembrava un uomo colpito da qualche mutazione aliena. «Georgie sei davvero negato nel disegno» Gli dissi. «Okay, Lukas allora voglio vedere te suonare la chitarra, poi vediamo» Mi rispose. I miei amici sembravano un po' confusi del perché lui mi abbia chiamato Lukas, mi guardarono stralunati ma non dissero nulla, più tardi dovrò raccontare loro il resto della storia che non gli raccontai anni fa'. «Bastava che disegnavi un sole e uno stickman su un carretto, sarebbe stato più facile» Gli risposi. Tutti e tre i miei amici mi guardarono. «Hai capito il disegno?» Mi chiese Carlos, io annuii, George mi sorrise, in un misto di fierezza e ammirazione. «Okay io mi arrendo, Rei dacci la soluzione!» Esclamò Ania rassegnata. «È Apollo, dio del sole, della musica e di molto altro» Risposi. «Esattoo!» Esclamò George entusiasta. «Dai però era difficile da disegnare» Aggiunse ridendo. «Oh, ecco perché il pollo. A-pollo» Disse Carlos. «George hai bisogno di lezioni di disegno, forse Rei può dartene qualcuna» Aggiunse Ania dando una pacca sulla spalla a George e guardò me facendomi l'occhiolino. La guardai alzando gli occhi al cielo e probabilmente diventai rosso d'imbarazzo. Incredibile come dopo aver passato anni a eliminare ogni emozione ora non riesco a tenerle neanche sotto controllo una. Passammo il resto della mattina divertendoci con i vari giochi di società. Verso più o meno l'ora di pranzo Carlos ricevette una chiamata sul cellulare e uscì dalla stanza, lasciando noi tre a continuare il gioco indovina chi sono.
Dopo qualche minuto Carlos rientrò con una grossa borsa termica tipo quelle che utilizzano i rider nelle consegne a domicilio. «Reiuccio, stavolta abbiamo parlato con la tua dottoressa e ha accettato di fare questo strappo alla regola. Perciò...» Disse aprendo la borsa. «Direttamente dalle cucine del ristorante dei miei: Tamales, enchiladas e quesadillas per tutti!» Esclamò posando i vari contenitori sulla scrivania, e poi li distribuì a noi. «Ecco qua ragazzi, caldi caldi, anzi attenti a non scottarvi» Carlos poi si sedette sulla scrivania e mentre pranziamo continuavamo il gioco. Toccava a George pescare la carta e posizionarla sulla fascia che aveva in fronte per cercare di indovinare il personaggio o l'oggetto. Mi presi un minuto per osservare tutto questo, in sottofondo le risate e il clima gioioso, guardai i miei amici che avevano organizzato tutto questo oggi solo per passare del tempo piacevole con me e farmi sentire meno solo mentre sono costretto a restare qui. Poi pensai al motivo per il quale io sia finito in ospedale, certo mr Stalker aveva modificato quella sera nel bosco facendomi sbattere la testa su un pietra e finire in coma, ma ciò che sarebbe dovuto accadere invece sarebbe stato anche peggio. Se io quella sera non avessi incontrato quel tipo mistico e strano ora non starei qui a rilassarmi e divertirmi con i miei amici.

What's my name?Onde histórias criam vida. Descubra agora